Biden cerca alleati contro la crisi climatica: settimana prossima un appuntamento che potrebbe essere decisivo
Nell'agenda del presidente USA resta centrale la questione climatica. In vista del summit in programma per il 22 aprile la Casa Bianca cerca alleati
Sotto la guida di Biden gli Stati Uniti sembrano chiaramente intenzionati a porsi alla guida della battaglia per il clima e stanno lavorando per spingere anche gli altri Paesi ad aumentare il proprio impegno.
Dopo i quattro anni di buio che hanno segnato l’impegno USA sul clima durante il mandato di Trump, fin dal momento dell’insediamento il nuovo presidente ha cambiato in modo estremamente deciso la rotta delle politiche ambientali della Casa Bianca, riportando subito gli Stati Uniti tra i firmatari dell’Accordo di Parigi e addirittura marciando a passo spedito verso la leadership globale nella lotta alla crisi climatica.
Come tutti i Paesi impegnati nell’Accordo di Parigi anche gli USA sono chiamati a porsi un obiettivo ufficiale di riduzione delle emissioni, e quando sono rientrati nel trattato hanno fatto sapere che lo avrebbero annunciato in occasione della giornata della Terra, il 22 aprile. Più di recente Biden ha reso nota l’intenzione di organizzare un summit internazionale che si svolgerà digitalmente proprio tra il 22 e il 23 aprile, e secondo la Casa Bianca rappresenterà una «pietra miliare verso la COP26», la conferenza sul clima che si terrà, salvo cambi di programma, nel prossimo autunno.
Se già in occasione dell’annuncio relativo al summit la Casa Bianca aveva fatto luce sull’intenzione dell’amministrazione Biden di esortare gli altri Paesi a porsi obiettivi più ambiziosi e ad aumentare il proprio impegno per il clima, le recenti mosse del presidente confermano questa strategia.
Secondo quanto ha riportato la giornalista Lisa Friedman sul New York Times, infatti, Biden sarebbe già vicino a stringere accordi con alcuni Paesi per rafforzare l’impegno di riduzione delle emissioni in vista del vertice del 22 aprile. In particolare, sarebbero il Canada, il Giappone e la Corea del Sud le nazioni pronte a impegnarsi ufficialmente al fianco del presidente USA.
Purtroppo risulta più complesso lo scenario che riguarda realtà come la Cina, l’India e il Brasile, potenze economiche che insieme producono più di un terzo di tutte le emissioni del pianeta. Secondo quanto riferisce il New York Times, l’inviato globale per il clima dell’amministrazione Biden, John Kerry, si è recato in Cina proprio in questi giorni e oggi dovrebbe essere impegnato in alcuni incontri a Shanghai.
Pechino è destinata inevitabilmente a svolgere un ruolo vitale nel tentativo di rallentare il riscaldamento globale, perché la Cina è il più grande emettitore mondiale. Segnali incoraggianti sono arrivati di recente dall’annuncio del governo cinese di stare prendendo in considerazione l’idea di partecipare al summit organizzato dagli Stati Uniti, mossa tutt’altro che scontata soprattutto dopo alcune tensioni che si erano registrate poco prima dell’invito tra Washington e Pechino, e dal fatto che il nuovo piano quinquennale per l’economia prevede di raggiungere la neutralità climatica entro il 2060. Al momento, però, resta poco chiaro come la Cina intenda perseguire questo obiettivo.
Ancora più complicate le cose con l’India e il Brasile. John Kerry si è recato di recente anche nel Paese asiatico per una tre giorni di negoziati finalizzati a ottenere un impegno di Nuova Delhi per rafforzare l’ambizione climatica, che tuttavia si sono conclusi con un nulla di fatto. I rapporti con l’India risultano particolarmente delicati anche perché l’amministrazione Biden deve soppesare la necessità di cooperazione sul clima con le preoccupazioni relative le violazioni dei diritti umani. Non molto più semplice scendere a patti con il Brasile, dove il presidente Bolsonaro è ben noto per essere tutt’altro che sensibile alle tematiche ambientali e climatiche.
Anche in casa, la strada dell’amministrazione Biden verso una maggiore tutela di clima e ambiente non è in discesa, e deve fare i conti con l’opposizione repubblicana, che di recente è già scesa in campo con decisione contro le misure annunciate dalla Casa Bianca, che per risollevare l’economia americana ha delineato un piano da 2 mila miliardi di dollari in cui la transizione ecologica gioca un ruolo chiave.
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