Possiamo ancora mantenere il riscaldamento globale entro +1.5°C?
Il recente summit internazionale sul clima si è concluso con dei passi avanti importanti, ma sarà sufficiente?
I cambiamenti climatici sono in atto, e mentre continuiamo a emettere gas a effetto serra il riscaldamento globale avanza, con conseguenze che sono già ben visibili.
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Nei giorni scorsi i leader mondiali si sono incontrati virtualmente in un vertice organizzato dagli Stati Uniti, impegnandosi a contrastare insieme i cambiamenti climatici e a mantenere l’aumento delle temperature globali entro 1,5°C in più rispetto ai livelli pre-industriali, così come previsto dall’obiettivo più ambizioso dell’Accordo di Parigi.
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Le loro promesse sono sufficienti per contrastare i cambiamenti climatici e restare entro i +1.5°C?
Diversi Paesi si sono presentati al summit con obiettivi più ambiziosi dei precedenti per la riduzione delle emissioni.
I Paesi dell’Unione Europea hanno trovato l’accordo per ridurre le emissioni del 50 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Gli Stati Uniti hanno quasi raddoppiato l’ambizione rispetto al momento della firma dell’Accordo di Parigi, passando da un -26/28% entro il 2025 a -50/52 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Un passo avanti significativo, che tuttavia non raggiunge l’ambizione che secondo gli esperti sarebbe stata necessaria da parte degli USA per mantenere il riscaldamento entro 1,5°C, un obiettivo che avrebbe richiesto un taglio delle emissioni del 57-63 per cento rispetto ai livelli del 2005.
Anche i governi di Canada e Giappone si sono presentati al vertice con nuovi obiettivi climatici, promettendo rispettivamente un taglio del 40-45% rispetto ai livelli del 2005 e del 46-50% rispetto ai livelli del 2013. Il Sud Africa ha annunciato l’obiettivo di raggiungere il picco nel 2025 e la Corea del Sud si è impegnata a rivedere il proprio obiettivo entro la fine dell’anno, promettendo anche uno stop ai finanziamenti pubblici per le centrali elettriche a carbone all’estero.
La Cina ha ribadito gli impegni presi durante lo scorso autunno, quando aveva annunciato l’intenzione di raggiungere la neutralità climatica entro il 2060.
Complessivamente, soprattutto da parte dei primi paesi al mondo per emissioni si sono visti passi avanti.
Eppure, nonostante i segnali positivi – che oltre ai dati relativi alle emissioni riguardano anche il ritorno delle tematiche climatiche tra quelle centrali per le politiche globali – gli obiettivi annunciati finora non sembrano sufficienti a mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C.
Secondo quanto riportano gli esperti di Climate Action Tracker, la forbice tra gli obiettivi dichiarati dai leader per il 2030 e quelli dell’Accordo di Parigi resta decisamente ampia: con i nuovi passi avanti si è ridotta solo del 12-14 per cento.
Il seguente grafico, elaborato da RealClimate, ci mostra chiaramente le traiettorie previste dall’IPCC per l’andamento delle emissioni di CO2 secondo i diversi scenari:
Se a prima vista possono sembrare numeri poco significativi, è fondamentale tenere a mente quanto possano essere devastanti gli effetti dell’aumento delle temperature.
Il rapporto Speciale sul Riscaldamento Globale di 1,5°C dell’IPCC ci aiuta a farcene un’idea, sottolineando come anche una minima quantità di riscaldamento abbia impatti estremamente significativi per il nostro Pianeta.
Le conseguenze dei cambiamenti climatici sarebbero gravi anche con un riscaldamento globale di 1.5°C: osserveremmo un innalzamento del livello del mare su scala globale, ma al di sotto dei 10 cm, rischieremmo di vedere il Mare Glaciale Artico privo di ghiaccio in estate una volta al secolo e perderemmo tra il 70 e il 90 per cento delle barriere coralline.
Con un riscaldamento di 2 gradi il Mar Glaciale Artico rimarrebbe senza ghiaccio almeno una volta ogni decennio, perderemmo praticamente tutte le barriere coralline (oltre il 99 per cento) e il livello del mare aumenterebbe di oltre 10 centimetri a livello globale.
«Ogni piccola quantità di riscaldamento in più ha importanza, specialmente per il fatto che un riscaldamento di 1,5°C o oltre aumenta il rischio associato a cambiamenti di lunga durata o irreversibili, come ad esempio la perdita di alcuni ecosistemi», ha affermato Hans-Otto Pörtner, Co-Presidente del Working Group II dell’IPCC.