L’albero più vecchio degli Stati Uniti orientali potrebbe non sopravvivere alla crisi climatica
L’albero più vecchio dell’est degli Stati Uniti potrebbe non sopravvivere all’innalzamento dei mari. Il cipresso calvo più antico si trova nella regione del Black River nella Carolina del Nord, insieme ad altri cipressi millenari. Questo singolo albero, il quinto di una specie non-clonale più vecchio del mondo, ha visto ben 2.624 anni di storia, e la cosa più sconcertante è che potrebbe non vederne molti altri.
Tra il cipresso e il mare ci sono solo 1,8 metri di dislivello. L’innalzamento dei mari, conseguenza diretta della crisi climatica, potrebbe portare il mare fino a qui nel peggiore dei casi già entro il 2080. Gli oceani infatti potrebbero alzarsi anche di 5-6 metri nei prossimi 100-200 anni, mandando sott’acqua gran parte delle zone costiere del mondo.
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La costa sud-orientale degli Stati Uniti, inoltre, deve fare i conti anche con uragani e tempeste sempre più violente. Gli uragani che spesso qui raggiungono la terraferma sono accompagnati da un fenomeno chiamato “onda di tempesta” o “storm surge“: si tratta di un innalzamento del livello del mare (che raggiunge anche 1-3 metri) provocato dai venti e dalla pressione interna della tempesta, che dà luogo ad allagamenti diffusi anche nei settori più lontani dalla costa.
Tra il 1900 e il 2015 il Mondo ha perso più di un terzo delle foreste più antiche. La dinamica forestale si sta spostando verso un ricambio più frequente, con quindi un maggior numero di alberi più giovani, rispetto a quelli più vecchi. A mettere in pericolo le dinamiche delle foreste c’è l’aumento delle temperature e dei livelli di anidride carbonica in atmosfera, gli incendi, la siccità, l’attacco di malattie, la proliferazione di insetti alieni e lo sfruttamento del suolo1. Solo l’anno scorso gli incendi in California hanno bruciato il 10% delle grandi sequoie presenti al mondo.
I grandi alberi immagazzinano per centinaia o migliaia di anni una grande quantità di anidride carbonica, aiutando così a frenare. Ma una volta morti liberano in atmosfera tutta la CO2 immagazzinata, contribuendo, come in un circolo vizioso, ad aumentare le emissioni e quindi ad inasprire la crisi climatica.