Api: quasi il 50% delle colonie negli Stati Uniti lo scorso anno è morto ma la popolazione complessiva rimane stabile
Gli alveari negli Stati Uniti hanno superato il secondo tasso di mortalità più alto mai registrato ma misure drastiche e costose permettono di contrastare la spropositata moria
Un sondaggio dell’Università del Maryland e di quella di Auburn, in Alabama, finanziato e amministrato dal gruppo di ricerca Bee Informed Partnership, ha rivelato che anche se il 48% delle colonie di api è andato perduto nell’anno che si è concluso il 1° aprile, il numero di colonie negli Stati Uniti è comunque rimasto relativamente stabile. Quindi accanto alla tragica notizia che gli alveari di api negli Stati Uniti hanno superato il secondo tasso di mortalità più alto mai registrato, con gli apicoltori che hanno perso quasi la metà delle colonie gestite, c’è la buona per cui utilizzando misure drastiche e costose per crearne di nuove, si riesce in qualche modo a contrastare la spropositata moria.
Bee Informed Partnership è un’organizzazione nazionale senza scopo di lucro che si impegna a migliorare la salute delle api da miele attraverso la ricerca basata sui dati in collaborazione con gli apicoltori. Raccoglie dati di indagine da migliaia di apicoltori ogni anno e più di 10000 campioni ogni stagione per capire come le diverse pratiche di gestione, foraggio, parassiti, malattie, nutrizione e altri fattori ambientali influenzano la salute di questi insetti.
La perdita annuale del 48% dell’anno scorso è aumentata rispetto alla perdita dell’anno precedente del 39% e alla media di 12 anni del 39,6% ma non è così alta come il tasso di mortalità del 50,8% del 2020-2021. Secondo il parere degli apicoltori una perdita del 21% durante l’inverno è accettabile ma più di tre quinti degli intervistati hanno affermato che le loro perdite sono state maggiori di quella percentuale. Le api mellifere rivestono un ruolo di primaria importanza nella conservazione della biodiversità vegetale, per l’equilibrio dell’ecosistema e per la crescita di molte colture, essenziali anche per l’uso alimentare umano: impollinano più di 100 delle colture che mangiamo, tra cui noci, verdure, bacche, agrumi e meloni.
Gli scienziati affermano che la combinazione di parassiti, pesticidi, fame ed effetti della crisi climatica, continua a causarne la decimazione. La popolazione complessiva delle colonie è relativamente stabile perché gli apicoltori commerciali dividono e riforniscono i loro alveari, trovando o acquistando nuove regine, o addirittura usando pacchetti iniziali per le colonie ma si tratta di processi costosi e che richiedono tempo.
“Questo è un numero di perdite molto preoccupante quando riusciamo a malapena a gestire colonie sufficienti per soddisfare le richieste di impollinazione negli Stati Uniti. Evidenzia anche il duro lavoro che gli apicoltori devono fare per ricostruire il loro numero di colonie ogni anno” ha affermato l’ex scienziato governativo delle api Jeff Pettis, presidente dell’associazione globale di apicoltori Apimondia, un’organizzazione non governativa che riunisce apicoltori, produttori di attrezzature per l’apicoltura e un’ampia varietà di scienziati coinvolti in apicoltura, apiterapia, impollinazione, sviluppo ed economia.
“Non è un’apocalisse di api, la prognosi non è così negativa come 15 anni fa perché gli apicoltori hanno imparato a riprendersi dalle grandi perdite. La situazione non sta davvero peggiorando ma non sta nemmeno migliorando. Ci sono certamente grandi minacce ma le api da miele sono persistite; non credo che si estingueranno ma penso che si troveranno sempre a fare i conti con sfide di questo tipo. L’acaro parassita varroa destructor è il principale colpevole ma anche il meteo ha creato grosse difficoltà nell’ultimo anno. Ad esempio, il clima insolitamente caldo nell’area di Washington a gennaio con temperature fino a 26 gradi, ha portato alcune api ad abbandonare la normale routine invernale e poi quando è diventato di nuovo freddo, hanno sofferto. Per quanto riguarda gli acari, prima ci voleva una grande infestazione di varroa, tipo nel 60% di una colonia per causare problemi di virus, ora anche piccole popolazioni, dall’1% o al 2%, possono essere pericolose. Stiamo combattendo questo nemico in evoluzione”.
“I pesticidi poi peggiorano le cose perché rendono le api più vulnerabili alle malattie e meno propense a cercare cibo. La domanda di impollinazione da colonie di api commerciali sta crescendo anche se gli apicoltori devono lavorare di più per compensare le perdite. Il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti afferma che il 35% della dieta umana proviene da piante impollinate da insetti e l’ape è responsabile dell’80% di tale impollinazione. C’è tutto questo lato della nostra industria agricola che si basa su queste colonie e il fatto che ogni anno gli apicoltori commerciali debbano impegnarsi molto di più per mantenere i numeri per adempiere ai contratti di impollinazione, mette loro e sulle api molto stress” ha dichiarato Nathalie Steinhauer, ricercatrice di api dell’Università del Maryland, autrice principale del sondaggio.