Amazzonia, la deforestazione accelera con Bolsonaro al governo
L'allarme da due studi recenti. Della Foresta Atlantica originaria rimane solo il 12.4%
La deforestazione in Amazzonia, nell’ultimo anno, sotto la guida di Jair Bolsonaro, è stata più veloce rispetto ai due anni precedenti. L’allarme arriva da due studi pubblicati in questi giorni.
Secondo il primo studio, realizzato da MapBiomas, il Brasile l’anno scorso ha perso ben 12.000 chilometri quadrati di foresta. In pratica è andata persa un’area grande 8 volte la città di San Paolo. Oltre il 60% dell’area disboscata si trova in Amazzonia, con 770 mila ettari rasi al suolo.
Più di tre quarti degli interventi di deforestazione analizzati dallo studio si sono verificati in terreni rivendicati tramite autocertificazione dagli agricoltori brasiliani. Di questi interventi, il 99% si sarebbe svolto in modo del tutto illegale.
Il secondo studio, realizzato dall’ong SOS Mata Atlântica, invece, ha scoperto che nell’ultimo anno la deforestazione è aumentata del 27% nell’est del Brasile, dopo due anni di trend in calo. Secondo questo studio sono stati ben 145 i chilometri quadrati di foreste abbattuti nella regione. Lo stato brasiliano di Minas Gerais è quello che ha perso più area forestale, quasi 5.000 ettari, segue Bahia con 3.532 ettari e Paraná con 2.767 ettari. In tutto, della Foresta Atlantica originaria rimane solo il 12.4%.
Sfruttano la pandemia per indebolire le norme per la tutela ambientale
Gli studi, ripresi dal Guardian, arrivano a pochi giorni dalle parole pronunciate da Ricardo Salles, ministro dell’ambiente brasiliano, in un video durante una riunione con i funzionari. Salles ha infatti dichiarato di voler sfruttare la pandemia in corso, a cui sta andando tutta l’attenzione mediatica, per indebolire ulteriormente le leggi a tutela dell’ambiente.
Lo conferma anche Mariana Mota di Greenpeace Brasile: «Il governo vuole indebolire le norme e questo favorisce la deforestazione. I numeri non mentono». L’amministrazione di Bolsonaro, infatti, sta cercando di far approvare una legge per permettere agli agricoltori che occupano terreno in aree protette illegalmente, di ottenere un titolo legale entro una certa data. Una mossa che gli ambientalisti condannano perché facilita la vita a chi vuole appropriarsi di terreni in maniera indebita.