Allergie ai pollini sempre più aggressive, colpa di cambiamenti climatici e inquinamento
L'aumento delle temperature allunga la stagione dei pollini e l'accumulo di inquinanti in atmosfera li rende ancora più aggressivi. Intervista al dottor Renato Ariano
Le allergie in Italia costituiscono, secondo i dati Istat, la terza causa di malattia cronica dopo osteoporosi/artrite e ipertensione. Molti studi confermano che il cambiamento climatico potrebbe peggiorare la situazione, favorendo la diffusione geografica di piante allergeniche ma anche allungando la stagione dei pollini. La Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (Siaaic) stima che un aumento di mezzo grado della temperatura faccia aumentare “da 10 a 100 volte la quantità dei pollini presenti nell’aria” e, di conseguenza, “da 10 a 100 volte le persone che soffrono di allergie” durante la primavera. Un quadro preoccupante considerando che dal 1977 la temperatura globale annuale è costantemente più alta della media del XX secolo e che dal 2000 l’anomalia resta costantemente oltre il mezzo grado di differenza.
A questo si aggiunge il persistente problema dell’inquinamento atmosferico: l’aumento mondiale delle malattie allergiche è stato attribuito, da parte di molti studi, proprio a fattori inquinanti come i gas di scarico delle auto, l’ozono, il biossido di azoto, il biossido di zolfo ed altre particelle inorganiche aerotrasportate.
Abbiamo approfondito questa tematica con il dottor Renato Ariano, responsabile nazionale della Sezione di Aerobiologia, Ecologia e Prevenzione Ambientale dell’associazione AAIITO e responsabile del sito www.pollinieallergia.net e dell’app Meteo Allergie.
Quante sono le persone che soffrono di allergie in Italia?
I soggetti allergici in Italia sono il 25-30% della popolazione, ma il numero è in progressivo aumento. Oggi, infatti, le allergie colpiscono 1 italiano su 4, ma probabilmente raddoppieranno: entro il 2025, infatti, interesseranno una persona su due.
Le persone che soffrono di allergie sono aumentate di 7 volte negli ultimi 30 anni, passando dal 4% a quasi il 30% della popolazione. Come si spiega questo aumento?
Ci sono diverse teorie che contribuiscono a questo aumento progressivo. Innanzitutto questo aumento è legato all’inquinamento atmosferico. Ormai è dimostrato che numerosi inquinanti in atmosfera, in particolare quelli prodotti dai motori diesel, facilitano l’insorgenza di allergie respiratorie, aumentando la sensibilità degli individui e scatenando crisi allergiche.
A questo si è aggiunto anche il cambiamento climatico. Negli ultimi 30 anni c’è stato un anticipo e un prolungamento della fioritura delle piante erbacee, come la parietaria, ma anche dell’olivo. Questo inevitabilmente causa una maggiore esposizione per i soggetti allergici e quindi una loro maggiore sensibilizzazione.
Una terza ipotesi è quella della “teoria igienica”. Nella civiltà odierna l’eccessiva igiene, l’uso esagerato di antibiotici e una vita passata maggiormente al chiuso stanno peggiorando la sensibilità degli individui alle allergie. Per questo i nostri bambini oggi hanno una maggiore sensibilità alle malattie allergiche. Se da un lato abbiamo il vantaggio di contrarre meno malattie infettive, dall’altro a causa di questa eccessiva igiene i linfociti degli individui, una volta indirizzati alle malattie infettive, si indirizzano maggiormente contro le malattie allergiche.
Questi sono tutti fattori che concorrono a causare un incremento progressivo dei soggetti allergici.
Per quanto riguarda, invece, le allergie alimentari e le intolleranze alimentali, c’entra il fattore dell’inquinamento ma soprattutto l’intenso uso di sostanze chimiche da parte delle aziende alimentari che aumenta l’esposizione agli antigeni.
Quali variazioni climatiche influiscono sulla diffusione dei pollini?
Con l’aumento delle temperature, i fiori producono più pollini. Per questo il cambiamento climatico incide moltissimo. Con inverni miti, inoltre, le stagioni diventano più precoci. La produzione di polline durante l’anno dunque sta cambiando: l’aumento delle temperature anticipa la fioritura primaverile e prolunga le stagioni polliniche. Nel periodo più caldo, tra luglio e agosto, specie in concomitanza con un periodo di siccità, si rileva un calo della produzione di pollini. Poi, in settembre, quando ritorna la pioggia, aumenta di nuovo.
La produzione di polline, inoltre, dipende dall’esposizione della pianta: le piante esposte a sud producono più pollini che sono, tra l’altro, più carichi di allergeni. Per questo, la produzione di polline, varia molto dalla localizzazione geografica delle piante.
La sensibilità dei soggetti allergici aumenta durante le ondate di caldo?
Assolutamente sì. Oltre al caldo, in gioco c’è anche il fattore umidità. Un soggetto asmatico, quando fa caldo e l’umidità è troppo elevata, soffre e respira meno bene. In più, il caldo affatica. Il cambiamento climatico, infatti, ha un doppio effetto: sui vegetali e sull’individuo. Inoltre, sappiamo bene che le ondate di calore sono responsabili di una maggiore mortalità di malati e anziani. Per questo anche il Ministero ha un programma dedicato alle ondate di calore.
Le variazioni climatiche negli Stati Uniti hanno “sincronizzato” la fioritura delle piante: oltreoceano lo hanno definito uno “tsunami di pollini”. In Italia avviene lo stesso?
Indubbiamente sì. La fioritura oggi è anticipata e sincronizzata. Gli Stati Uniti, però, ricoprono un territorio molto esteso con variazioni significative tra un punto e l’altro e non si può certo generalizzare.
Oltre ai fattori climatici, la fioritura dipende strettamente dalle sostante presenti nel terreno. Se aumentano le sostanze nutritive nel terreno, aumenta anche la produzione di polline.
L’inquinamento aumenta la sensibilità ai pollini?
Le piante che si trovano accanto alle autostrade, o dove c’è traffico veicolare molto intenso, producono più pollini per difendersi. Per questo, oltre ad avere più pollini, possono essere anche più inquinati, con presenza di fattori tossici. L’inquinamento da un lato diminuisce la difesa dell’individuo e dall’altra aumenta la produzione di pollini più aggressivi.
Anche le spore fungine, altro allergene responsabile di allergie respiratorie, sono influenzate dal cambiamento del clima?
Sì, aumentando l’umidità, specie d’estate, le spore fungine possono scatenare più facilmente delle crisi d’asma. Le spore fungine si trovano nelle zone più verdi e alte dell’albero, ma anche vicino a depositi d’acqua, nelle zone più umide dell’appartamento, vicino a macchie di umidità o perdite d’acqua.
Si nasce allergici e si diventa allergici. Esistono cure? Oppure cosa possiamo fare per evitare i rischi delle allergie?
Intanto verificare, nel caso delle spore fungine, che non ci sia inquinamento degli ambienti, favorire una ventilazione sufficiente e mantenere un’umidità adeguata. In tema di prevenzione, un soggetto allergico ai pollini deve stare attento a non esporsi, soprattutto nelle ore centrali della giornata, le ore con maggiore irradiamento.
Ci sono anche delle terapie preventive che sono molto efficaci. In alcuni casi, quelli più gravi, c’è la possibilità di fare una terapia desensibilizzante: il cosiddetto “vaccino”, chiamato così impropriamente perché non è un vero vaccino, è una desensibilizzazione. Queste terapie ormai hanno raggiunto una certa raffinatezza. Oggi ci sono prodotti più avanzati: una volta si facevano le iniezioni, oggi invece ci sono a disposizione anche tavolette solubili che si sciolgono in pochi minuti in bocca e che sono molto efficaci. Le cure sono anche più veloci, bastano pochi mesi. Ci sono stati progressi nella terapia. Ci sono gli corticosteroidi inalatori che, senza particolari effetti collaterali, possono dare grande beneficio al naso o all’asma anche per i bambini.
E’ importante andare dal medico di base e informarsi anche sui siti come il mio www.pollineallergia.net, seguendo il bollettino dei pollini settimanale sulle fioriture delle piante. Molti non sanno che specie arboree, come il Cipresso e la Betulla che fioriscono nel periodo invernale. E’ una cosa paradossale: il Cipresso fiorisce tra Natale ed Aprile. Per questo spesso, chi soffre di allergia associa i sintomi ad un raffreddore da virus quando, invece, è legato ad allergie invernali.
Articolo originale pubblicato su IconaClima.it il 02/02/2020