Coronavirus e plastica: la pandemia ha riportato un forte utilizzo dell’usa e getta
Secondo un'analisi della Corte dei Conti europea, il pericolo determinato dal COVID-19 ha causato un deciso rilancio dell'utilizzo della plastica
Secondo un’analisi della Corte dei Conti europea, la pandemia di coronavirus ha causato un deciso rilancio dell’utilizzo della plastica. Samo Jereb, responsabile dell’esame, ha dichiarato che di fronte al pericolo determinato dal COVID-19 sono nuovamente aumentate le abitudini all’utilizzo dell’usa e getta; questo dimostra che la plastica continua ad essere un pilastro delle nostre economie ma anche una minaccia ambientale sempre più grave. Se si prosegue con questa tendenza, l’UE non raggiungerà gli obiettivi del 50% di riciclo degli imballaggi in plastica entro il 2025 e del 55% entro il 2030, adottati 2 anni fa. L’UE vanta il tasso di riciclo complessivo di plastiche più alto tra le economie avanzate ma per quanto riguarda gli imballaggi, quasi un terzo di questa percentuale rappresenta le quantità spedite in paesi non-UE per essere riciclate. Secondo il rapporto, l’effetto delle norme più drastiche approvate nel 2018 sul conteggio delle quantità riciclate combinato alla Convenzione di Basilea che fissa condizioni più rigide per l’invio di rifiuti di plastica all’estero, ridurrà il tasso di riciclaggio comunicato nell’UE dal 42% di oggi a circa il 30% ma potrebbe alimentare il traffico illegale di rifiuti in Europa.
“In alcuni Stati membri i rifiuti spariscono” afferma Samo Jereb. Il 13 % di tutti i rifiuti non pericolosi scompare dal mercato legale; per quelli pericolosi, la percentuale sale al 33%. Il rapporto ricorda anche l’operazione Green Tuscany dell’Europol che nel 2019 portò alla scoperta di un gruppo organizzato composto da circa un centinaio di persone che trasportavano illegalmente rifiuti di plastica dall’Italia alla Cina passando per la Slovenia. L’investigazione era collegata a un’indagine antimafia italiana sul traffico illecito di rifiuti tessili verso l’Africa dai porti italiani di Genova, Livorno e Trieste; le società coinvolte in questa attività illegale operavano anche come intermediari e trasportatori in un piano parallelo di traffico di rifiuti di plastica. Il successo delle forze dell’ordine nello scoprire la struttura portò la rete a modificare la sua strategia e optare per rotte diverse scegliendo la Slovenia come paese di transito verso la Cina. Nelle discariche illegali la plastica spesso non viene smaltita ma reintrodotta sul mercato nonostante sia potenzialmente tossica: rappresenta quindi una minaccia per la salute umana se non è stata sottoposta al corretto processo di riciclaggio.