Inquinamento

L’inquinamento cancella il profumo dei fiori riducendo l’impollinazione

In particolare nei centri urbani, l'impollinazione diminuisce anche del 70%

L’inquinamento atmosferico può cancellare il profumo dei fiori riducendo l’impollinazione del 70%, in particolare nei centri urbani, perché falene, farfalle e api non riescono più a percepire l’odore. La scoperta è stata fatta da un nuovo studio – guidato dall’Università di Washington e pubblicato sulla nota rivista Science -, che mette inoltre in evidenza l’impatto che l’inquinamento atmosferico potrebbe avere a livello globale.

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Inquinamento atmosferico e profumo dei fiori: in che modo viene intaccata l’impollinazione?

L’inquinamento atmosferico comprende tutti quei fattori come i rumori causati dall’uomo, le luci artificiali e gli inquinanti chimici che possono in qualche modo alterare il comportamento degli animali introducendo nuovi stimoli o modificando quelli naturali derivanti dai sistemi sensoriali degli organismi. Che alcuni inquinanti atmosferici come l’ozono, che negli strati più bassi dell’atmosfera non è protettivo ma dannoso, e il radicale nitrato (NO3), che agisce pericolosamente durante le ore notturne, possano alterare i composti chimici che sono alla base dei profumi floreali è cosa nota. Ciò che ancora non è stato stabilito è quanto questo possa influire sull’attività di impollinazione degli insetti.

Il nuovo studio, appunto, ha studiato l’enotera pallida (Oenothera pallida) un fiore selvatico che cresce negli ambienti aridi nell’ovest degli Stati Uniti e lo ha fatto proprio perché i suoi fiori bianchi emettono un profumo che attira un gruppo eterogeneo di impollinatori, comprese le falene notturne, che sono uno dei suoi impollinatori più importanti. Una volta individuate tutte le sostanze chimiche che compongono il profumo dell’enotera pallida, i ricercatori attraverso la spettrometria di massa hanno osservato in che modo ciascuna sostanza chimica all’interno del profumo reagiva all’NO3, scoprendo che la reazione ha quasi eliminato alcune sostanze chimiche profumate.

Le falene hanno una capacità di captare gli odori equivalente quasi a quella dei cani: con l’NO3 in ambiente urbano la capacità scende del 50% fino ad annullarsi

Tra i principali impollinatori dell’enotera pallida ci sono appunto le falene. Queste ultime hanno una capacità di rilevare gli odori attraverso le loro antenne equivalente quasi a quella dei cani e decisamente molto superiore all’olfatto umano. Lo studio ha analizzato due specie diverse di falene: la sfinge foderata di bianco (Hyles lineata) e la sfinge del tabacco (Manduca sexta).

Quando i ricercatori hanno introdotto il profumo normale dell’enotera pallida, entrambe le specie si sono dirette verso la fonte del profumo. Quando invece è stato introdotto il profumo e l’NO3 a livelli tipici di un ambiente urbano, la precisione della sfinge del tabacco è scesa del 50% mentre la sfinge foderata di bianco non è riuscita nemmeno a localizzare la fonte del profumo. Questi risultati sono stati poi confermati dagli esperimenti effettuati in ambienti naturali. Negli esperimenti sul campo, il team ha dimostrato che «le falene visitavano un fiore finto che emetteva un profumo inalterato tanto spesso quanto ne visitavano uno vero. Ma, se trattavano prima l’odore con NO3, i livelli di visita delle falene diminuivano fino al 70%».

L’inquinamento notturno incide maggiormente rispetto a quello diurno: la differenza la fa il sole

I ricercatori hanno anche cercato di stabilire se sulla composizione chimica del profumo dei fiori incide maggiormente l’inquinamento notturno o diurno, arrivando a capire che nelle ore notturne l’inquinamento è più distruttivo. Si ritiene che il merito sia in gran parte della luce solare che durante il giorno degrada l’NO3.

Per individuare le aree che hanno maggiori probabilità di avere problemi significativi di impollinazione dovuta all’inquinamento atmosferico, i ricercatori hanno utilizzato un modello computerizzato che simula sia i modelli meteorologici globali che la chimica atmosferica. Le aree identificate includono il Nord America occidentale, gran parte dell’Europa, il Medio Oriente, l’Asia centrale e meridionale e l’Africa meridionale.

I ricercatori spiegano che «al di fuori dell’attività umana, alcune regioni accumulano più NO3 a causa di fonti naturali, geografia e circolazione atmosferica. Le fonti naturali di NO3 includono incendi e fulmini. Ma l’attività umana sta producendo più NO3 ovunque». L’inquinamento causato dall’uomo, dunque, «sta alterando la composizione chimica dei segnali olfattivi essenziali, a tal punto che gli impollinatori non riescono più a riconoscerlo e a rispondervi».

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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