Inquinamento

Lockdown e inquinamento, l’andamento della qualità dell’aria città per città

C'è chi smentisce il calo degli inquinanti a causa di un'errata lettura dei dati. Ecco come stanno le cose

Coronavirus e aria, un binomio del quale si cercano ancora correlazioni e risposte, ma anche Coronavirus e Qualità dell’aria, le misure di lockdown stanno realmente riducendo le concentrazioni di inquinanti nell’aria? Avevamo risposto a questa domanda nell’articolo Coronavirus, di quanto è realmente calato l’inquinamento in tempi di lockdown evidenziando come, la riduzione del traffico e di altre attività delle città europee ha, in alcuni casi, dimezzato le concentrazioni di biossido di azoto.

In molti hanno cercato di “smentire” questa notizia, mettendo sul piatto l’andamento delle concentrazioni di Pm10 e Pm2.5, ovvero particolato atmosferico o polveri sottili, che non hanno subito un calo consistente nelle città europee. Un dettaglio fondamentale è stato troppo spesso trascurato: per avere delle risposte significative, bisogna porsi le domande giuste. 

Cerchiamo di capire perché particolato (PM10 o PM2.5) non sempre cala e perché non può essere utilizzato come indicatore causa-effetto delle misure di lockdown. Il particolato è emesso da diverse fonti, tra le più note ci sono il riscaldamento civile e industriale, le attività industriali e il traffico autostradale, ma si forma anche dalle reazioni con altri inquinanti atmosferici, come l’ammoniaca (un inquinante tipicamente emesso dall’applicazione di fertilizzanti agricoli utilizzati proprio in questo periodo dell’anno). Inoltre, il particolato è molto sensibile alle variabili meteorologiche, le condizioni atmosferiche delle settimane osservate sono quindi di particolare rilievo, e possono contribuire in modo significativo alla riduzioni di inquinanti, ma anche portare ad un’aumento delle concentrazioni.

Al contrario il biossido di azoto (NO2) ha come principale fonte di emissione il traffico veicolare. Tra le altre fonti troviamo ovviamente anche gli impianti di riscaldamento civili e industriali, le centrali per la produzione di energia e un ampio spettro di processi industriali. Questo inquinante è quindi l’indicatore ideale per quantificare l’impatto delle nostre azioni, o delle azione che per ora non possiamo più compiere a causa del lockdown.

Prendendo ad esempio due città della regione più colpita dall’emergenza sanitaria, ovvero Milano e Bergamo, vediamo come si osservano riduzioni sostanziali di biossido di azoto e un andamento meno lineare del particolato PM10.

NO2 Settimana del 2 Marzo Settimana del 16 Marzo Settimana del 23 Marzo Settimana del 30 Marzo
Bergamo 30,3 μg/m3 18,2 μg/m3 14,9 μg/m3 16,2 μg/m3
Milano 45,2 μg/m3 33,4 μg/m3 22,9 μg/m3 26,6 μg/m3
PM10 Settimana del 2 Marzo Settimana del 16 Marzo Settimana del 23 Marzo Settimana del 30 Marzo
Bergamo 20 μg/m3 31,7 μg/m3 44,1 μg/m3 26,6 μg/m3
Milano 24,2 μg/m3 36,7 μg/m3 40,7 μg/m3 29,9 μg/m3

I dati a dimostrazione sono stati forniti dall’European Environment Agency, che per meglio valutare quanto e come le misure di blocco stiano influendo sulle concentrazioni di inquinamento ha sviluppato una interfaccia (visualizzabile QUI) che mostra le concentrazioni medie settimanali di biossido di azoto (NO2) e particolato (PM2.5) città per città.

“Va rilevato – conferma ARPA Lombardia nel suo ultimo studio – che per il biossido di azoto e ancora più per il monossido di azoto (che è la sostanza più direttamente correlata alle emissioni primarie da traffico e che poi in atmosfera si ossida comunque a NO2), le concentrazioni rilevate durante il periodo emergenziale in analisi sono effettivamente molto ridotte, attorno ai valori minimi o anche, in alcune stazioni, inferiori ai valori più bassi registrati nel periodo di osservazione. In questo caso è quindi più evidente l’effetto della riduzione delle emissioni connessa alla riduzione dei flussi di traffico che in città è certamente la prima fonte di ossidi di azoto. Una quantificazione specifica di tale contributo sarà però possibile anche in questo caso dopo la raccolta di tutti i dati necessari ed il confronto tra lo scenario effettivo, durante il provvedimento, e quello “di riferimento”, senza le limitazioni di questo periodo”.

 

 

Elisabetta Ruffolo

Elisabetta Ruffolo (Milano, 1989) Laureata in Public Management presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Head of communication di MeteoExpert, Produttrice Tv per Meteo.it, giornalista e caporedattrice di IconaClima. Ha frequentato l’Alta scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per il Master in Comunicazione e gestione della sostenibilità.

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