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Aumento del livello del mare: perché succede e quali sono le conseguenze

I fatti recenti richiedono un'analisi approfondita delle cause e delle conseguenze dell'aumento del livello del mare, sia in Italia che nel resto del mondo

Venezia affoga. Come ribadito da Serena Giacomin, l’alta marea ha sempre condizionato la vita di questa città, ma la frequenza degli eventi di marea eccezionale (superiore ai 140 cm sul livello del mare medio) è aumentata: è colpa dei cambiamenti climatici. Gli eventi degli scorsi giorni rendono chiare ed evidenti le conseguenze degli allarmi che la comunità scientifica lancia alla società: il cambiamento climatico è estremamente pericoloso e lo è adesso. Cerchiamo quindi di capire i retroscena del fenomeno di aumento del livello medio del mare, intimamente legato alla variazione nella frequenza degli eventi estremi come quello che ha colpito Venezia: anche se l’attuale aumento medio globale di 23 cm dal 1870 ad oggi può sembrare a prima vista innocuo, i fatti recenti ci mostrano le reali – e terribili – conseguenze di questo fenomeno.

Perché il livello medio del mare sale

Con aumento medio del livello del mare rispetto alla terraferma si indica un andamento di lungo termine (almeno trent’anni) che non tiene conto di fenomeni più brevi, come onde e maree. Esso è dovuto sia alla crescita del volume d’acqua presente negli oceani, sia agli spostamenti verticali della superficie delle terre emerse rispetto all’acqua.

Il volume degli oceani varia per due motivi: la progressiva fusione dei ghiacci e il cambiamento della temperatura dell’acqua.

Il congelatore rotto

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Ghiacciaio sulle isole Svalbard. Credits: Unsplash/Vincegx

Nel mondo sono presenti due grandi calotte glaciali, in Groenlandia e in Antartide: si tratta di masse di ghiaccio che poggiano sulla terra emersa e ricoprono buona parte dei due territori. Esse si estendono verso il mare formando piattaforme di ghiaccio galleggianti.

Questi ghiacci fondono sia a contatto con l’aria più calda in superficie, sia a contatto con l’acqua dei mari. Quando le piattaforme, a seguito della duplice fusione superficiale e sottomarina, si spezzano, il ghiaccio delle calotte fluisce inoltre più velocemente verso il mare, formando spesso giganteschi iceberg. La fusione dei ghiacci dà oggi il maggiore contributo alla crescita del volume degli oceani.

La mongolfiera

L’aumento della temperatura media degli oceani ha portato a una crescita del suo volume (espansione termica), proprio come aumenta il volume e diminuisce la densità dell’aria riscaldata all’interno di una mongolfiera o di una lanterna cinese, così da permettere loro, più leggere dell’aria circostante, di salire verso l’alto.

Lo sprofondamento

Per quanto riguarda i movimenti verticali delle terre emerse, oltre ai fenomeni di origine naturale, spicca il contributo dei fenomeni di subsidenza causati dall’uomo, che interessano in genere le aree costiere più densamente popolate, esponendo al pericolo un gran numero di persone: l’altezza delle terre emerse rispetto alla superficie del mare diminuisce a causa delle attività umane. Un esempio è quello dei delta dei grandi fiumi, territori dove i suoli fertili, la disponibilità di acqua dolce e l’accesso al mare hanno incoraggiato lo sviluppo di grandi centri urbani (ad esempio Tokyo, Jakarta, Hong Kong, New York, Londra e la stessa Venezia), tanto che più di una persona su 14 risiede in un delta. I delta sono formati dall’accumulo di sedimenti e materiali porosi trasportati dai fiumi. Questi risultano facilmente compattabili: il peso degli edifici o l’estrazione di gas e fluidi che ne riempiono gli interstizi fanno sì che l’altezza della superficie si abbassi. Deviazioni e dighe sui fiumi riducono poi l’apporto di nuovi sedimenti ai delta stessi (IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate).

Quanto aumenterà?

Rispetto alla media del periodo 1986-2005, per il 2100 si prevede un aumento del livello del mare fra 29 e 59 cm, nel caso di uno scenario di emissioni contenute (crescita della temperatura media globale inferiore a 2°C rispetto al periodo preindustriale, RCP2.6), o fra 61 e 110 cm, nel caso in cui le emissioni attuali non vengano ridotte (RCP8.5). Nei casi più estremi, con probabilità del 5% (Bamber et al., 2019), con alte emissioni e considerando il possibile contributo di instabilità nella calotta antartica, il livello del mare potrebbe raggiungere una crescita di 2 m dall’inizio alla fine di questo secolo.

La variazione del livello del mare non sarà uniforme: fenomeni quali cambiamenti nelle correnti marine, nella pressione atmosferica, redistribuzione della temperatura e salinità degli oceani, subsidenza o variazione di periodo e altezza delle onde determineranno scostamenti fino al 30% dalla media globale.

Non solo il livello medio del mare sta salendo, ma sta anche accelerando: la velocità di risalita aumenta e sarà massima verso la fine del secolo.

Cosa succede se il livello medio del mare sale?

Cosa significano questi numeri per la vita di circa un miliardo di persone (più di una persona su 8) che, secondo le stime più recenti (Kulp e Strauss, 2019), risiede in aree di altitudine inferiore ai 10 m?

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Lago di Resia, Trentino Alto Adige.

La conseguenza più ovvia è che tutti coloro che vivono in aree collegate al mare ad un’altitudine inferiore al livello previsto dell’alta marea (che cresce al crescere del livello medio) si troveranno sott’acqua per buona parte del tempo: si tratta di 150 milioni di persone entro il 2050, che saliranno a 190-340 milioni nel 2100, a seconda dello scenario economico e del comportamento della calotta antartica, la cui previsione è attualmente incerta. La situazione risulta particolarmente drammatica per paesi quali la Cina, il Giappone, l’India, l’Indonesia e le Filippine. Bangladesh, Vietnam e Thailandia vedranno scomparire sotto il livello dell’alta marea territori attualmente abitati da circa il 20% della loro popolazione nell’improbabile caso di rapidi e drastici tagli alle emissioni, mentre si tratterà di un terzo della popolazione nel caso peggiore (Kulp e Strauss, 2019).

Eventi estremi

Questi numeri non tengono però conto del fatto che anche un piccolo innalzamento del livello medio del mare aumenta la frequenza e l’intensità delle inondazioni: viene di fatto elevato il “livello di partenza” per le maree, le onde e gli allagamenti legati al passaggio di cicloni (cioè alla configurazione del vento). La frequenza di accadimento delle inondazioni diminuisce infatti al crescere della loro altezza: un più alto livello di partenza farà sì che gli eventi estremi siano più probabili. Grazie a modelli statistici e idrodinamici, si è calcolato che eventi che oggi accadono in media una volta ogni 100 anni si ripresenteranno ogni anno già a partire dal 2050 nelle grandi città che sorgono sul mare a pochi metri di altitudine (ad esempio le città sui delta del precedente paragrafo) e nei piccoli stati insulari. Lo stesso accadrà per gran parte delle coste entro il 2100.

La prevista crescita dell’intensità e durata dei cicloni tropicali (gli uragani che colpiscono la costa est degli USA) e dei cicloni che portano maltempo alle nostre latitudini non farà che aggiungere un’altra causa di aumento dell’ampiezza delle inondazioni. Queste infatti sono spesso conseguenza del passaggio di tali perturbazioni (IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate).

Tutto ciò significa che gli eventi di livello del mare estremo che accadranno con frequenza annuale nel 2100 (ben più intensi degli attuali con stessa frequenza!) interesseranno i territori attualmente occupati da 340-480 milioni di persone, a seconda delle emissioni e della stabilità o meno della calotta antartica (Kulp e Strauss, 2019). Si tratta circa di un quattordicesimo della popolazione mondiale attuale o di sette volte la popolazione italiana.

Come se non bastasse, la crescita del livello medio del mare determinerà un maggiore rischio di erosione delle coste e di salinizzazione delle acque di falda in prossimità delle coste stesse, così da ridurre ulteriormente la disponibilità di acqua dolce.

Conseguenze economiche e sociali

Questi tragici effetti si ripercuoteranno sulla stabilità politica e sociale di tutti i paesi colpiti, che saranno interessati da massicce migrazioni verso i territori più interni. Queste migrazioni potranno coinvolgere anche l’Italia, sia internamente (man mano che le nostre coste saranno colpite) che dall’esterno.

Sempre secondo la massima autorità in fatto di cambiamenti climatici, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, si calcola che i danni da inondazioni aumenteranno di 100 o 1000 volte entro il 2100, portandosi anche al 10% del PIL globale in assenza di opere di prevenzione. Le stesse richiederanno investimenti di centinaia di miliardi di dollari l’anno nel mondo, rimanendo comunque globalmente convenienti, in termini puramente economici, rispetto alla riparazione dei danni (si tratta di meno dell’1% dell’attuale PIL globale). Le opere di adattamento, però, saranno convenienti per le aree urbane più ricche e densamente popolate, ma difficilmente potranno essere sostenibili nelle aree più povere.

Cosa è stato fatto nel mondo

Così come il Mose dovrà proteggere Venezia, all’estero sono state implementate diverse soluzioni per arginare le acque.

Queste consistono spesso nella costruzione di complesse reti di dighe, canali e sistemi di drenaggio, così come è accaduto nei Paesi Bassi, che contano ben 22.000 km di dighe (comprendendo anche quelle non destinate alla prevenzione di inondazioni) contro 900 km di costa. La necessità di difendere il territorio, per buona parte di altitudine inferiore al livello delle acque, ha plasmato il paesaggio e la storia dell’intera nazione. Un altro esempio è Singapore: ha unito la prevenzione dalle inondazioni alla creazione di riserve d’acqua da trasformare in acqua potabile, costruendo la Marina Barrage, un’enorme diga proprio di fronte alla città.

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La Marina Barrage a Singapore

Accanto a quelle che vengono chiamate “hard protections”, hanno una grande importanza i sistemi di allerta, la costruzione di edifici a prova di alluvione e le misure di adattamento basate sugli ecosistemi, che cercano di utilizzare rimedi di minore impatto paesaggistico e ambientale. Un esempio è il Billion Oyster Project, il cui intento è di riportare le scogliere di ostriche nella baia dell’Hudson, a protezione della città di New York dalle inondazioni causate dai cicloni. Il Sand Motor nei Paesi Bassi, invece, è una penisola artificiale la cui sabbia viene erosa e trasportata dalle correnti sulle spiagge circostanti, così da creare una base per lo sviluppo di dune vegetate, utili barriere naturali.

È però importante ricordare che la difesa non è sufficiente, ma è di estrema importanza anche la riduzione delle emissioni di gas serra: negli scenari di scarsa riduzione delle stesse, infatti, si prevede il raggiungimento di limiti tecnici alla costruzione delle barriere dopo il 2100 e, ancor prima, in questo secolo, di limiti biofisici per le barriere naturali (ad esempio a seguito della frammentazione degli habitat operata dall’uomo) e di limiti socio-economici (come barriere troppo costose e problemi di governance).

Cosa accadrà in Italia?

Le previsioni di innalzamento del livello del mare sulle coste italiane sono in linea con quelle globali presentate nel rapporto IPCC e riportate sopra. Nel territorio di Venezia si ha invece una velocità di innalzamento – 2.5 mm/anno nel periodo 1872-2016, pari oltre 25 cm in 100 anni – maggiore di quella media globale: questo è soprattutto dovuto alla subsidenza, conseguenza del naturale e progressivo compattamento del “giovane” terreno sottostante e dell’estrazione di fluidi ad opera dell’uomo (fra il 1950 e il 1970 l’estrazione di acqua collegata allo sviluppo industriale di Porto Marghera ha provocato un abbassamento del suolo di ben 12 cm).

Eventi estremi in Italia

L’Italia non è immune agli effetti descritti nel precedente paragrafo. Buona parte delle pianure costiere italiane saranno soggette ad inondazioni nel 2100 (come mostrato nella figura sotto), per un’area totale pari a quella dell’intera Liguria. Nel territorio interessato si concentra attualmente più della metà della popolazione italiana.

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Parti della costa italiana che saranno soggette ad inondazioni nel 2100 (Antonioli et al., 2017)

Il seguente grafico mostra la frequenza prevista degli eventi estremi a Venezia dall’IPCC nei diversi scenari di emissione: eventi che nel periodo 1986-2005 accadevano una volta ogni 100 anni, nel periodo 2081-2100 accadranno una volta ogni quattro anni nel caso di drastico ed immediato taglio alle emissioni, più di una volta ogni sei mesi nel caso di mancata riduzione delle emissioni attuali.

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Figura 4.11 nell’IPCC Special Report on the Ocean and Cryosphere in a Changing Climate. Il grafico rappresenta la frequenza di accadimento degli eventi estremi nel periodo 1986-2005 (grigio), preso come riferimento, e nel periodo 2081-2100 in blu, azzurro e rosso a seconda dello scenario di emissione considerato (rispettivamente basse, medie ed alte emissioni). La freccia arancione nell’esempio indica l’aumento di frequenza previsto fra i due periodi per eventi estremi di ampiezza fissata. La freccia viola indica l’aumento del livello del mare associato ad eventi estremi con frequenza di accadimento fissata.

 

Risulta ora molto più facile comprendere l’importanza degli allarmi diramati dalla comunità scientifica e l’importanza di attuare subito misure di prevenzione dei danni e di contenimento delle emissioni.

Elisa Terenghi

Nata a Monza nel 1994, mi sono laureata in Fisica del Sistema Terra presso l’Università di Bologna nel marzo 2019, conseguendo anche l’Attestato di formazione di base di Meteorologo del WMO. Durante la tesi magistrale e un successivo periodo come ricercatrice, mi sono dedicata all’analisi dei meccanismi di fusione dei ghiacciai groenlandesi che interagiscono con l’oceano alla testa dei fiordi. Sono poi approdata a Meteo Expert, dove ho l’occasione di approfondire il rapporto fra il cambiamento climatico e la società, occupandomi di rischio climatico per le aziende.

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