Il ghiacciaio dell’Adamello è il più potente archivio della storia climatica ed ambientale delle Alpi italiane
Dallo studio dei ghiacci e dall’analisi dei dati forniti dalle fibre ottiche impiantate nel ghiacciaio, la ricostruzione dell’evoluzione climatica e degli ecosistemi alpini negli ultimi secoli. I progetti ADA 270 e CLIMADA.
Il ghiacciaio dell’Adamello è di fondamentale importanza per la storia del clima. Il ghiacciaio è un indicatore ambientale estremamente sensibile e fornisce segnali attendibili e rapidi sui mutamenti climatici a livello locale e globale. Il suo ciclo di vita è condizionato infatti dalle nevicate invernali, che alimentano la massa nei settori superiori, e dalle temperature estive, che determinano la perdita di massa per fusione nei settori inferiori, a più bassa quota. Il ghiacciaio, come le calotte polari, conserva inoltre al suo interno la memoria della storia del clima, dell’ambiente e della composizione atmosferica, custodita nel ghiaccio che, inglobando bolle d’aria, si accumula nel corso dei secoli.
Il più grande ghiacciaio italiano: l’Adamello
Secondo il Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani, l’Italia vanta 903 corpi glaciali distribuiti su tutti i settori alpini per una superficie totale di 369 km2. Le regioni più glacializzate sono la Val d’Aosta (134 km2 ) e la Lombardia (88 km2 ). Quest’ultima ospita, in condivisione con il Trentino, il più vasto complesso glaciale delle Alpi italiane, il ghiacciaio dell’Adamello, caratterizzato da un plateau pianeggiante alla sommità, con lingue radiali di ghiaccio che si dipartono dal corpo centrale.
Come tutti i ghiacciai italiani, e non solo, anche il complesso dell’Adamello è esposto alle insidie del cambiamento climatico, che ne determina il ritiro, la frammentazione, l’annerimento (darkening) e il collasso delle zone frontali, con apertura di crepacci e caverne.
Del complesso glaciale dell’Adamello fa parte il grande ghiacciaio del Mandrone, la cui lingua scende verso la Val Genova, nota come “valle delle cascate”, in Trentino. E’ considerato la sentinella del cambiamento climatico per eccellenza: negli ultimi anni la sua fronte glaciale, a 2.600 metri di quota, ha subito una forte contrazione per le alte temperature estive e la riduzione del trasferimento di massa dai bacini più elevati, dove la neve fatica sempre di più a conservarsi. Nell’agosto del 2020 il collasso di circa 120mila m3 di ghiaccio ha provocato la formazione di una voragine di 100 metri di diametro e 15 metri di profondità.
Nelle ultime due stagioni estive, oltre ad una perdita di spessore ben superiore alla media, il ghiacciaio ha visto un arretramento della sua fronte pari a 12 metri nel 2020 e 23 metri nel 2021.
Il ghiacciaio del Mandrone è il più meridionale e profondo d’Italia, e sorge nel Parco dell’Adamello Brenta, tutelato dall’Unesco.
Il progetto ADA 270: la più profonda perforazione del ghiaccio dell’arco alpino
Con i suoi 270 metri di spessore, il Ghiacciaio del Mandrone è il più potente archivio naturale della storia climatica ed ambientale delle Alpi Italiane.
Per poter leggere le informazioni custodite in questo prezioso archivio, nell’aprile del 2021 è stato avviato il progetto ADA 270, che ha portato all’estrazione di una carota di ghiaccio di 225 metri complessivi, e all’inserimento di quattro cavi in fibra ottica sulla verticale del foro di perforazione. Il carotaggio è stato effettuato nell’arco di undici giorni presso il campo base situato a 3.200 metri di altitudine, prevalentemente di notte, per avere la temperatura ideale, intorno a -24 °C. Da un foro di dieci centimetri di diametro sono stati prelevati cilindri di ghiaccio lunghi un metro.
La carota di ghiaccio consentirà di ricostruire gli ultimi secoli della storia climatica e ambientale dell’area e le fibre ottiche permetteranno di rivelare il profilo verticale della temperatura del ghiacciaio e gli allungamenti e le deformazioni lungo il foro di perforazione.
Un sistema di monitoraggio di questo tipo non è mai stato applicato a un ghiacciaio alpino prima d’ora e potrà fornire importanti informazioni per prevedere la futura evoluzione del ghiacciaio.
Gli enti pubblici e privati che hanno fornito competenze, scelte politiche, expertise e risorse per rendere possibile il progetto sono Regione Lombardia, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Comunità Montana della Valcamonica (partner istituzionali e finanziatori del progetto), Università Bicocca, Politecnico di Milano, Land & Cogeo (partner tecnici e scientifici, coordinati da Fondazione Lombardia per l’Ambiente), Edison, Valcamonica Servizi e Acqua Surgiva (sponsor privati).
Adamello: l’EuroCold Lab
La carota di ghiaccio prelevata dai ricercatori sul ghiacciaio dell’Adamello/Mandrone si trova all’EuroCold Lab dell’Università di Milano-Bicocca. Si tratta di uno dei più grandi e moderni laboratori “freddi” ad atmosfera controllata, attrezzato per raggiungere nelle sue sale temperature anche inferiori a -50°C. Qui vengono conservate e studiate carote di ghiaccio provenienti da tutto il mondo, come quella estratta in Antartide nell’ambito del progetto europeo EPICA, grazie alla quale è stato possibile ricostruire gli ultimi 820.000 anni della storia del clima e della composizione atmosferica.
Nel laboratorio di Bicocca i campioni prelevati sull’Adamello saranno analizzati da gruppi di ricerca italiani e internazionali, con biologi, chimici, fisici. «Si potrà ricostruire la storia di tutto ciò che si è depositato, di origine naturale o umana – ha spiegato al Corriere della Sera Valter Maggi, docente di Geografia fisica e Geomorfologia, geologo che coordina il team scientifico del progetto-. Potranno avviare studi anche gli storici, sull’Adamello si è combattuta la prima guerra. Questo ghiacciaio che si incunea nella Pianura Padana può raccontare quello che è successo nel Nord Italia a partire dal periodo preindustriale ad oggi».
Al via CLIMADA, la seconda fase del progetto
Terminata la prima fase del progetto con l’estrazione della carota di ghiaccio e la posa delle fibre, la seconda fase vedrà l’analisi e lo studio dei dati.
La seconda fase si chiama CLIMADA, è lanciata dalla Fondazione Lombardia per l’Ambiente ed è sostenuta da Fondazione Cariplo. Prenderà il via il prossimo 27 aprile, a distanza di un anno dalla prima spedizione, in occasione del sopralluogo in quota di un team di ricercatori per verificare lo stato della sonda a fibra ottica installata lungo la verticale del foro di estrazione.
«L’obiettivo del progetto – ha spiegato Fabrizio Piccarolo, Direttore di Fondazione Lombardia per l’Ambiente – è rilevare gli effetti del cambiamento climatico e delle sue conseguenze su territorio, ambiente e disponibilità idrica attuale e futura. La ricerca vuole spostare l’attenzione dello studio sui ghiacciai da una prospettiva esclusivamente climatica (com’è stato prevalentemente fino ad oggi) ad una ambientale, mirando ad estrarre tutte le preziose informazioni, comprese quelle biologiche, geologiche e chimiche, presenti nel più profondo archivio d’Italia. Questa ricerca ci permette anche di riprendere e focalizzare tutta una serie di temi importanti connessi al cambiamento climatico delle aree alpine, come lo scioglimento del permafrost, l’intensificarsi degli eventi di dissesto e altre tematiche ambientali che sicuramente condizioneranno lo sviluppo del territorio nei prossimi cinquant’anni».
Si tratta dunque di un obiettivo ambizioso ed estremamente importante, che le informazioni custodite nel ghiacciaio ora permettono di perseguire, ma che purtroppo in futuro potrebbero andare perse, dissolte nelle acque di fusione.