Le donne pagano il prezzo più alto per la crisi climatica
Marginalizzate da una società costruita dagli uomini per gli uomini, le donne corrono i rischi maggiori per la crisi climatica. Il punto con Roberta Delitala
Quando si parla dei diritti delle donne non si può evitare di parlare anche del clima. Tra le categorie che in tutto il mondo pagano il prezzo più alto per la crisi climatica in atto, e subiranno conseguenze ancora più gravi man mano che il clima diverrà più caldo ed estremo, ci sono infatti le donne.
A confermarlo sono anche le Nazioni Unite, che in occasione della Giornata Internazionale della donna, l’8 marzo, hanno voluto accendere i riflettori sul legame tra il clima e i diritti e la sicurezza delle donne.
«Quando si verificano disastri provocati dalla crisi climatica, la vita e i mezzi di sussistenza di donne e ragazze sono colpiti in modo sproporzionato», sottolinea l’ONU: «se non si raggiunge oggi l’uguaglianza di genere, un futuro equo e sostenibile resta fuori dalla nostra portata».
Ne abbiamo parlato con Roberta Delitala, attivista di Non Una Di Meno e di Extinction Rebellion, che ha sintetizzato efficacemente il rapporto tra i diritti delle donne e le tematiche relative a clima e ambiente con uno slogan:
«Né la terra né le donne sono territori di conquista». |
— Scarface (@robertadelight) March 4, 2022
La crisi climatica ed ecologica è il prezzo della «visione predatoria» con cui l’uomo si è rapportato alla natura e al pianeta, ci spiega Roberta: non si considera la natura, né le conseguenze del suo sfruttamento, ma solo i vantaggi che ne derivano. Una dinamica simile si verifica nel rapporto tra i sessi: «le donne non sono viste nella loro completezza e nelle loro necessità, ma solo nel ruolo che è stato loro attribuito dalla società in un sistema patriarcale, capitalista e colonialista che ha ridotto le donne a ricoprire una posizione subalterna».
Relegate a un ruolo di cura che le vuole “custodi del focolare”, a badare alla casa, ai figli e agli anziani, troppo spesso le donne si vedono private di un reddito e dell’indipendenza che ne deriva. «E questo si aggrava in situazioni di crisi», avverte Roberta.
Lo abbiamo visto fin troppo bene anche con gli effetti della pandemia. I dati resi noti dall’Istat fotografano chiaramente un allargamento del divario di genere provocato dal Covid, soprattutto per quanto riguarda lavoro e occupazione: nel primo anno di pandemia, il 98 per cento di chi ha perso il lavoro era donna.
Se la situazione è grave per noi, che siamo nella parte fortunata del mondo – «la parte rapace», sottolinea Delitala -, nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo le cose vanno molto peggio. Gli scienziati hanno avvertito che con l’avanzare della crisi climatica sempre più zone diventeranno inabitabili, e ancora una volta saranno le donne a pagare gli effetti più catastrofici del clima che cambia.
Molti gli aspetti da prendere in considerazione, dalla salute all’economia: basti pensare che in queste aree «le donne rappresentano circa due terzi della forza lavoro nell’agricoltura», uno dei settori su cui si abbattono le conseguenze peggiori della crisi climatica.
Le donne hanno esigenze diverse, anche a livello di sanità, ma vivono in una società costruita dagli uomini su misura degli uomini che «le rilega ai margini e le rende invisibili», riassume Roberta Delitala.
In occasione della Giornata Internazionale della donna, per martedì 8 marzo 2022 Non Una Di Meno ha annunciato iniziative in tutto il Paese. A Milano prenderà parte a “Lotto Marzo” anche la sezione locale di Extinction Rebellion che, ci anticipa Roberta, con un intervento ad hoc richiamerà l’attenzione proprio sul legame tra il clima e i diritti delle donne.