Malta e Italia unite per proteggere le piccole baie
Tecnologia avanzata e a basso costo nel progetto BESS, della durata di 30 mesi, volto a tutelare 132 spiagge, monitorandone la condizione
L’Italia e Malta uniscono le forze nel progetto BESS “Pocket Beach Management & Remote Surveillance System” della durata di 30 mesi, volto a tutelare alcune piccole baie, monitorandone la condizione tramite una tecnologia avanzata e a basso costo. Si tratta di 132 “pocket beaches” (dall’inglese “spiagge tascabili” quindi piccole) di Sicilia e Malta, raggruppate in 110 nodi territoriali, i cui dati vengono inseriti in un archivio informatico grazie a un software particolare che permette di catalogare le informazioni riferendole a un punto definito da un’univoca coppia di coordinate. Tra queste spiagge troviamo l’Isola Bella di Taormina, la spiaggia di San Vito lo Capo, Mollarella a Licata, Cava d’Aliga a Scicli, Petrosino e Ramla a Gozo, quelle sulle falesie della Scala dei Turchi a Realmonte e dell’Area Marina Protetta a Capo Milazzo. Sviluppato da enti di ricerca e pubblici con responsabilità nel campo della gestione del territorio, della sua sorveglianza e protezione ambientale, in modo da favorire e consolidare lo scambio di informazioni tra mondo accademico e politico, BESS è coordinato dal Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (Mift) dell’Università degli Studi di Messina (UniMes). I partner maltesi sono il Ministero di Gozo e lEuro-Mediterranean Centre on InsularCoastal Dynamics (ICoD), quelli siciliani il Dipartimento di Scienze della Terra (DiSTeM) dell’Università degli Studi di Palermo (Unipa) e l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Le spiagge prese in considerazione sono per lo più limitate da promontori naturali o artificiali capaci di condizionarne il clima d’onda locale e la dinamica della linea di riva, con lo spostamento dei sedimenti provenienti da terra da apporti solidi di brevi corsi d’acqua, dall’erosione delle falesie retrostanti oppure da mare dovuti a sovralluvionamenti di corsi d’acqua vicini, o da depositi dovuti a tempeste o a tsunami. Gli interventi di difesa risentono spesso della carenza di dati di base e della conseguente necessità di intervenire solo quando la situazione è già grave, con un grande dispendio di soldi ed energie. Tramite droni di ultima generazione, dotati di varie tipologie di sensori, questo nuovo sistema permette di realizzare in tempi brevi rilievi aerofotogrammetrici dettagliati, prendendo in esame due stagioni diverse (autunno-inverno e primavera-estate) per evidenziare le variazioni in termini di dimensioni e di forma. Prevista anche l’analisi dei sedimenti che compongono gli arenili, rilevando e confrontando le variazioni in termini di dimensione, composizione e colore.
“Dall’osservazione di questi dati è possibile estrapolare vari indicatori della tendenza evolutiva delle spiagge, mentre con immagini satellitari ad alta definizione abbiamo realizzato mappe che spesso è difficile e costoso mettere a punto con metodi tradizionali. Sulle spiagge molto turistiche abbiamo anche installato un sistema di rilievo continuo fisso da remoto, con videocamere posizionate su pali, autonomamente alimentate da pannelli fotovoltaici, associate ad un anemometro. Queste installazioni permettono di inviare al server di UniMe immagini e dati con frequenza regolabile nel tempo. Un sistema che consente di monitorare in diretta l’effetto erosionale delle onde sulla spiaggia, che un domani potrebbe essere utilizzato per regolare l’accesso agli arenili e per prevenirne eventuali assembramenti” queste le parole di Giovanni Randazzo, responsabile del Mift.
Il progetto è stato interamente finanziato nell’ambito del programma Interreg Italia-Malta per una cifra complessiva di poco superiore ai 2 milioni di euro.
“Se si monitora la costa in modo efficace, gli interventi non dovranno essere messi in cantiere con urgenza e spendendo un capitale, ma potranno essere preventivi e prevedere anche piccole modifiche che consentano di mantenere la resilienza del sistema, ovvero l’intrinseca capacità delle spiagge di assorbire l’energia dell’onda, limitando il suo effetto erosivo. Naturalmente il sistema può funzionare solo se affiancato da norme d’intervento più semplici messe a punto ad hoc dal corpo amministrativo e burocratico, distinguendo i grandi interventi necessari da quelli di gestione e mantenimento stagionali. Il modello BESS è quindi già stato esteso a tutte le spiagge siciliane, anche se non su tutte è stato possibile giungere allo stesso livello di approfondimento. Ci aspettiamo che il sistema venga utilizzato dalle amministrazioni locali per implementare i propri Piani di Utilizzo del Demanio Marittimo, particolarmente preziosi in periodo di Covid per aiutare gli amministratori a decidere cosa, come e quando chiudere o aprire”.
“L’erosione è un processo che impatta seriamente le coste, soprattutto in Italia e in Sicilia. Le spiagge non sono scomparse perché il mare se le è mangiate, ma anche e soprattutto perché noi abbiamo antropizzato la fascia costiera in modo selvaggio, occupando sia le dune che parte del litorale, con strade, lungomari e lottizzazioni. In questi casi il mare, non avendo più un’interfaccia resiliente, capace di smorzare l’energia dell’onda, ha iniziato a erodere quel po’ di deposito mobile rimasto, intaccando le strutture e provocando quello che noi conosciamo come il rischio erosione. La spiaggia è il miglior sistema naturale per la protezione della costa retrostante e per proteggere le coste è quindi necessario creare nuove spiagge, mediante interventi artificiali che prevedano l’immissione di sedimenti compatibili dal punto di vista della dimensione, del colore e della composizione; in questo modo si fornisce una difesa morbida, naturale e resiliente, cioè capace di assorbire l’energia delle onde” spiega sempre Giovanni Randazzo.