Dallo sciopero della fame verso l’incontro con la Commissione Ambiente alla Camera: intervista ad Alessandro Berti
"L'emergenza climatica richiede una lungimiranza che la politica non può permettersi: serve che agiscano i cittadini". Dopo una settimana di sciopero della fame, Alessandro Berti di Extinction Rebellion ottiene un incontro per discutere la proposta di un'Assemblea straordinaria di cittadini
Dopo una settimana di sciopero della fame Alessandro Berti, attivista di Extinction Rebellion, ha ottenuto un incontro con Alessia Rotta, la Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici. Ancora non si conosce la data, ma secondo quanto promesso dall’onorevole Rotta allo stesso Berti la riunione dovrebbe svolgersi entro la prossima settimana.
L’obiettivo dello sciopero della fame portato avanti da Alessandro coincide con una delle richieste principali di Extinction Rebellion, ovvero l’avvio dell’iter per organizzare un’Assemblea di Cittadini che abbia come tema centrale il clima e la transizione energetica. Secondo gli attivisti l’Assemblea straordinaria è una soluzione necessaria perché «il governo non è in grado di prendere decisioni adeguate rispetto alla crisi climatica».
«È un problema di sistema» ha spiegato lo stesso Alessandro, contattato oggi da IconaClima.
«L’emergenza climatica richiede una lungimiranza che la politica non può permettersi: l’attuale sistema politico è vincolato a interessi, grandi e piccoli, per la necessità che liste e partiti hanno di farsi votare».
Assemblea dei cittadini tra le principali richieste di Extinction Rebellion: in cosa consiste e cosa serve perché funzioni
Extinction Rebellion porta avanti tre richieste chiave. «La prima è quella di dire la verità», ci spiega Alessandro, ovvero comunicare in modo chiaro e trasparente che ci troviamo in una situazione di emergenza climatica. «La seconda è agire ora: serve azzerare le emissioni nette entro il 2025, non c’è tempo». E infine la terza, appunto: creare un’Assemblea di Cittadini.
L’Assemblea straordinaria viene creata estraendo a sorte un certo numero di cittadini che rappresentino ogni fascia sociale e anagrafica e tutto il territorio nazionale. Dopo un periodo di formazione e confronto, sono chiamati a esprimersi e ad avanzare delle proposte di legge.
Esperimenti simili sono già stati condotti in altri Paesi, anche in relazione alla crisi climatica. È il caso ad esempio della Francia, che alla fine del 2019 ha riunito 150 cittadini nella Convention Citoyenne pour le climat con l’obiettivo di avanzare proposte che sarebbero poi state discusse in Parlamento fino alla redazione della Loi Climat et Résilience, la legge Clima e Resilienza, presentata ai tempi come una delle più importanti dello scorso mandato di Macron.
I risultati dell’esperimento condotto Oltralpe sono stati in realtà poco incoraggianti: il rapporto realizzato dai cittadini avrebbe dovuto essere trasmesso “senza filtro” al Parlamento, ma molti degli stessi autori hanno denunciato che nella legge arrivata ai deputati restava ben poco delle 149 proposte che avevano avanzato. Dopo la diffusione del testo decine di migliaia di persone sono scese in piazza per protestare: secondo gli attivisti l’esecutivo è venuto meno alla promessa e ha ceduto alle pressioni delle lobby del fossile.
Anche in Italia serve passare dal governo: le assemblee non possono legiferare in modo autonomo, osserva Alessandro. «È incostituzionale». Ma dobbiamo evitare di replicare il flop francese, «anche per rispetto nei confronti delle persone che dedicano dei mesi all’assemblea e dei fondi pubblici che vengono investiti nel progetto». Perché l’esperimento funzioni, ci spiega, è fondamentale che si stabilisca in anticipo che, «se dovessero raggiungere un certo consenso nella cittadinanza, le decisioni dell’assemblea dovrebbero essere vincolanti per il governo, che a quel punto dovrebbe agire come un esecutore del volere dei cittadini».
Alessandro parteciperà all’incontro con Alessia Rotta, Presidente della Commissione Ambiente alla Camera, che ha personalmente messo fine allo sciopero della fame dell’attivista contattandolo durante il settimo giorno di digiuno. «Ho un appuntamento telefonico con l’onorevole fissato per oggi: ha detto che sarà possibile incontrarsi entro settimana prossima per iniziare a discutere la proposta».
Lo sciopero della fame, la testimonianza di Alessandro
Come hai affrontato un digiuno così lungo?
Ho iniziato a prepararmi già a partire dalle tre settimane che hanno preceduto lo sciopero, e da quando ho interrotto il digiuno non ho ancora ripreso a nutrirmi normalmente. Sto bene, ma ci vorrà un po’ per riabituare gradualmente il corpo. Sono stato bene anche nella settimana di digiuno, ero sereno e convinto di quello che facevo: la mente ha guidato il corpo in quella che per me è una battaglia molto importante. Sono comunque stato molto attento a dosare le energie, e nonostante tutto mi sono reso conto di essere un po’ rallentato nei movimenti dopo alcuni giorni di sciopero.
La tua azione si è svolta in luoghi pubblici: come reagivano i passanti?
Con le persone non ci sono mai stati problemi, né alcun tipo di tensione. Ho avuto anche l’opportunità di parlare in modo più approfondito con diversi cittadini. Durante il terzo giorno di sciopero ho preso parte perfino a un matrimonio, abbiamo scattato qualche foto con gli sposi!
Tra le persone che mi hanno colpito in modo più profondo c’è stato Andrea, un senzatetto con cui ho trascorso del tempo in Piazza Trilussa: abbiamo parlato a lungo, mi ha mostrato il suo supporto e al momento di salutarci mi ha detto “ti ringrazio”.
Meno semplice il rapporto con le forze dell’ordine: durante il sesto giorno di sciopero, mentre ero di fronte al Senato, sono stato portato in Questura con l’accusa di manifestazione non autorizzata nonostante stessi semplicemente portando avanti il mio sciopero in silenzio, in piedi, in un’area dove mi era stato detto che avrei potuto stare. Con me c’era solo un’altra persona che non prendeva parte attivamente allo sciopero e non esibiva cartelli, ma mi dava assistenza perché ormai la debolezza si faceva sentire, aggravata dal grande caldo.
Anche tra i poliziotti però ho potuto parlare con persone che si sono mostrate più sensibili alla questione dell’emergenza climatica, soprattutto nel caso di un agente molto giovane.
40 anni, una carriera nella comunicazione: come sei arrivato a scioperare con Extinction Rebellion?
È stata proprio la richiesta di istituire un’assemblea di cittadini a farmi avvicinare a Extinction Rebellion: l’esigenza di colmare il divario tra cittadini e governo è stata sempre importante per me. Al punto che prima ancora dell’arrivo dei social network – nei primi anni Duemila – insieme ad altre persone avevo realizzato una piattaforma online per mettere in contatto l’amministrazione locale della mia zona con i cittadini, e negli anni successivi abbiamo ideato un’app mobile che è poi stata utilizzata da numerosi enti.
È stato nel 2020, durante il primo lockdown, che sono entrato in contatto con Extinction Rebellion: ne avevo sentito parlare in un podcast e ho cercato subito il gruppo locale attivo nel Veronese.