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Rifiuti radioattivi, Legambiente: «In Italia 31mila metri cubi in 24 impianti»

Legambiente ha redatto un report nel quale affronta l'emergenza rifiuti radioattivi, tra siti non idonei e traffico illecito

I rifiuti radioattivi continuano a rappresentare un’emergenza in Italia e in Europa. Legambiente, in occasione del decimo anniversario del disastro nucleare di Fukushima che ricorrerà tra due giorni, ha lanciato il report “Rifiuti radioattivi ieri, oggi e domani: un problema collettivo“.

L’associazione ambientalista snocciola numeri preoccupanti, evidenziando che l’Italia non solo si trova a dover gestire la pesante eredità lasciata dalle centrali e dai depositi nucleari collocati in siti inidonei, pericolosi e spesso a rischio di esondazione ma anche a dover far i conti con il grande problema del traffico illecito di rifiuti radioattivi, derivante anche dall’elevato costo di smaltimento.

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Rifiuti radioattivi, gestione e traffico illecito: quali possono essere le contromisure?

La gestione e il traffico illecito dei rifiuti radioattivi è un settore sul quale la criminalità organizzata ha messo le mani da tempo. Legambiente snocciola numeri preoccupanti: dal 2015 al 2019, il lavoro svolto dall’Arma, ha portato alla denuncia di 29 persone, con 5 ordinanze di custodia cautelare, 38 sanzioni penali comminate e 15 sequestri. Numeri che vengono confermati anche dal Ministero delle Giustizia nel “Rapporto Ecomafia 2020“: dal 2015 – vale a dire l’anno in cui sono stati istituiti i delitti contro l’ambiente tra cui l’abbandono e il traffico di rifiuti radioattivi -, al 2019 i procedimenti penali avviati sono stati 25, di cui ben 14 contro ignoti, anche a causa delle cosiddette “sorgenti orfane” abbandonate tra i rifiuti e di cui non si riesce a tracciare l’origine, con 10 persone denunciate e un arresto.

Secondo Legambiente, per mettere un freno al traffico illecito di rifiuti radioattivi, oltre alla realizzazione di un deposito nazionale di rifiuti a media e bassa attività e alla piena applicazione della legge 68/2015 contro i reati ambientali, è necessario che entri rapidamente a regime il Sistema informatico di tracciabilità di tutta la filiera legata all’uso di materiali e/o sorgenti radioattive, dal commercio alla detenzione, previsto dal decreto legislativo 101 entrato in vigore nell’agosto dello scorso anno e che ha introdotto l’obbligo di comunicare i dati sulla produzione e gestione di questa tipologia di rifiuti, con sanzioni penali e amministrative nel caso di violazioni.

Legambiente, uno sguardo all’Italia: gli ultimi dati disponibili sulla quantità di rifiuti radioattivi

Nel suo report Legambiente evidenzia che in base agli ultimi dati disponibili, riferiti a dicembre 2019, in Italia ci sono 31mila metri cubi di rifiuti radioattivi collocati in 24 impianti distribuiti su 16 siti in 8 Regioni. A questi nei prossimi anni andranno aggiunti i rifiuti radioattivi ad alta attività che torneranno nella Penisola dopo il ritrattamento all’estero del combustibile esausto proveniente dagli ex impianti nucleari italiani e quelli di media attività che si verranno a generare dalle attività di smantellamento degli impianti dismessi. Serve poi ricordare che l’Italia è in ritardo nella realizzazione del deposito unico nazionale per i rifiuti a media e bassa attività.

Uno sguardo anche all’Europa: gli ultimi dati sui rifiuti radioattivi e le stime future

In Europa, secondo i dati della Commissione Europea, le centrali nucleari attive sono 126 distribuite in 14 Paesi: Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Olanda, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Questi detengono, insieme ai due Stati che hanno intrapreso la strada del decommissioning, cioè Italia e Lituania, circa il 99,7% del volume totale dei rifiuti radioattivi stoccati nel continente.

Radioattività, in Europa un picco misterioso

Le ultime stime, riferite al 2016, vedono 3,46 milioni di metri cubi di rifiuti radioattivi: per il trattamento e lo stoccaggio di questi rifiuti sono in funzione 30 impianti distribuiti in 12 Stati membri. Oltre alle centrali nucleari attive per la produzione di energia, in Europa ci sono 90 impianti spenti, 3 in fase di decommissioning (smantellamento) e 82 impianti utilizzati in ambito di ricerca, distribuiti in 19 Stati Membri, che comunque producono rifiuti radioattivi. Le stime future prevedono entro il 2030 un raddoppio dei rifiuti a bassa attività mentre per le altre categorie l’incremento sarà tra il 20% e il 50%, tanto che molti Stati si stanno già adoperando per incrementare il numero di depositi idonei.

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Redazione

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