Il mese di settembre ha mostrato un andamento altalenante fra periodi relativamente lunghi ancora di stampo estivo, con la presenza di alta pressione e masse d’aria calda di origine sub-tropicale, e brevi incursioni dalle caratteristiche autunnali con precipitazioni a tratti intense e temperature temporaneamente sotto la media. Nel complesso hanno dominato i periodi caldi rispetto a quelli più freschi, in particolare a inizio mese, durante la seconda decade e nell’ultima settimana quando le temperature si sono portate spesso oltre i 30 gradi in molte regioni; ne è scaturita un’anomalia termica pari a +1.2°C rispetto alla media del trentennio 1981-2010, valore non eccezionale, ma che rientra comunque nei dieci più elevati degli ultimi 60 anni.
Per quel che riguarda le precipitazioni, nonostante il transito di 9 perturbazioni che hanno causato anche locali eventi di forte intensità, in particolare durante la prima decade e a cavallo fra la seconda e la terza decade del mese, il bilancio è risultato complessivamente negativo (-18%) con le anomalie più evidenti al Nord-Ovest, al Centro e sulle Isole. Un inizio di autunno, dunque, all’insegna del caldo e delle precipitazioni inferiori alla norma, ma con fenomeni spesso intensi e di breve durata. Da inizio anno il quadro della situazione non presenta grosse modifiche rispetto a quanto emerso il mese scorso: l’anomalia termica da gennaio resta pari a +0.7°C che, per il momento, mantiene il 2019 fra i dieci anni più caldi della serie storica, mentre le precipitazioni, pur mostrando una ulteriore lieve flessione, rimangono molto vicine alla norma (-4%) a livello nazionale.
La concentrazione di CO2 in atmosfera, ormai saldamente oltre i 400 ppm, ha raggiunto il suo minimo annuale con la prospettiva di risalire rapidamente nei prossimi mesi come di consueto a causa della conclusione della stagione vegetativa nell’emisfero boreale; i valori di quest’anno, dai 2 ai 3 ppm più elevati rispetto a quelli osservati l’anno scorso, dimostrano chiaramente che la crescita della concentrazione del principale gas serra non accenna a rallentare. Di conseguenza anche la quantità di calore intrappolato in atmosfera dai gas a effetto serra non può far altro che crescere, così come, naturalmente, anche la temperatura media globale il cui trend, al di là delle variazioni interannuali, è anch’esso in costante salita. Come è noto, una delle conseguenze più evidenti di questo incremento del riscaldamento globale è la riduzione dei ghiacci artici i quali mediamente perdono il 12.9% di superficie ogni decennio, pari a 82400 chilometri quadrati, equivalente a poco meno della superficie dell’Austria. Il 18 settembre scorso è stata raggiunta la minima estensione annuale della banchisa artica che, con 4.15 milioni di chilometri quadrati, rappresenta il secondo valore più basso dopo il record del 2012, a pari merito con il dato del 2007 e del 2016; considerando la media mensile, il dato del settembre di quest’anno, pari a 4.32 chilometri quadrati, rappresenta il terzo valore più basso della serie storica dopo il 2012 e il 2007.