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L’impatto dell’agricoltura sull’inquinamento dell’aria in Lombardia

Lo studio suggerisce che l'inquinamento derivante dalle attività agricole a Milano porta ogni anno a circa 589 decessi medi, con una perdita media di 6.951 anni di vita

La Pianura Padana è una delle zone più inquinate d’Europa: colpa dell’orografia, del traffico, dell’urbanizzazione e delle attività industriali e agricole. Le emissioni di particolato e di sostanze nocive da parte del settore agricolo sono rilevanti e hanno, così come le altre fonti inquinanti, un forte impatto sulla qualità dell’aria e sulla salute umana.

Per questo motivo gli scienziati stanno approfondendo, con studi specifici, le dinamiche e l’impatto regionale di questo settore. Tra questi rientrano una serie di studi guidati dal CMCC (Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) in collaborazione con Legambiente Lombardia, tra cui il progetto INHALE, finanziato da Fondazione Cariplo e coordinato dall’Università Bocconi, il cui scopo è quello di valutare l’esposizione all’inquinamento atmosferico e gli impatti attribuibili al settore agricolo e proporre quindi strategie attuabili ed efficaci.

L’ultimo studio della serie, relativo all’inquinamento derivante dall’agricoltura, è stato realizzato con focus sull’inquinamento da PM10 in Lombardia. I risultati dello studio hanno rivelato che i sali di ammonio costituiscono oltre il 30% del particolato giornaliero uguale o superiore ai 1m (ovvero il ), con livelli annuali che raggiungono la metà del limite proposto dall’Unione Europea di 20g per metro cubo. Secondo l’analisi l’esposizione tende a raggiungere il picco in condizioni di vento debole.

A Milano l’ammoniaca fluisce prevalentemente da est, allineandosi con l’intensa attività del bestiame, mentre per gli ossidi di azoto () gli impatti sembrano più localizzati. I picchi rurali di aerosol secondario inorganico, ovvero quelle particelle non direttamente immesse ma formate da processi di conversione in atmosfera, sono correlati con i venti provenienti da aree ricche di ossidi di azoto.

Ritorno stagionale di 72 ore delle concentrazioni di nitrato di ammonio derivate dall’approccio Concentration Weighted Trajectory (CWT) applicato alle concentrazioni <75° percentile al recettore sorgente di fondo urbano a Milano a 500 m agl tra il 1° gennaio 2013 e il 29 febbraio 2020. I valori delle celle CWT sono le medie ponderate per la concentrazione. La posizione del recettore sorgente è identificata con un punto nero.

I risultati dello studio dimostrano come politiche mirate e monosettoriali potrebbero non riuscire a ridurre significativamente le concentrazioni di PM10. Mentre non ci sono limiti normativi per le concentrazioni di ammoniaca NH3 a livello europeo, i sali di ammonio contribuiscono notevolmente a superare i valori limite di PM10. Lo spargimento di letame aumenta infatti i livelli di aerosol secondario inorganico di 2-3 g/in contesti urbani nei giorni successivi.

Applicando funzioni che legano le concentrazioni di sali di ammonio come frazione di PM10 alla risposta locale, lo studio suggerisce che l’inquinamento derivante dalle attività agricole a Milano porta a circa 589 decessi medi all’anno, con una perdita media di 6.951 anni di vita. Ciò equivale a 43 decessi e 511 anni di vita persi ogni 100.000 residenti dell’area.

Abbiamo dimostrato che lo spargimento di letame in Lombardia contribuisce al deterioramento della qualità dell’aria in inverno, poiché viene rilasciata ammoniaca nell’atmosfera“, afferma Stefania Renna, ricercatrice presso il CMCC, dottoranda presso il Politecnico di Milano e leader dello studio, che si è avvalso anche dei dati di ARPA Lombardia. Per questo motivo, secondo gli autori dello studio per ridurre l’inquinamento dell’aria è necessario un approccio multiplo che affronti simultaneamente le emissioni da traffico, impianti termici e attività agricole (in particolare la gestione degli effluenti del bestiame).

Lo studio si inserisce in una letteratura scientifica in espansione che esplora l’impatto dell’agricoltura sulla qualità dell’aria e la salute umana, concentrandosi specificamente sulla loro associazione piuttosto che sulla causalità. Si tratta di un tassello che si aggiunge ad altri per arrivare un domani a comprendere meglio le conseguenze reali delle attività umane sulla qualità dell’aria, e di conseguenza mettere in campo soluzioni efficaci per ridurre l’inquinamento.

Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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