Lupo in Italia, minacciato più dall’uomo o dai cambiamenti climatici? L’intervista a Mia Canestrini
Il suo libro "La ragazza dei Lupi" è il racconto della sua esperienza sulle tracce dei lupi
Lei è Mia Canestrini, una “lupologa” che dedica la sua vita allo studio dei lupi in Italia e alla gestione, talvolta difficile, della coesistenza tra uomo e lupo. Il suo libro “La ragazza dei lupi“, edito da Piemme, nelle librerie dal 26 marzo, racconta della sua esperienza come donna sulle tracce dei lupi. Mia Canestrini, laureata in Scienze Naturali e specializzata in Conservazione della Biodiversità animale, ha dedicato 10 anni allo studio dei lupi, trascorrendone la maggior parte nel Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Cosa fa una “lupologa”?
La lupologa, termine inventato dall’opinione pubblica, è una zoologa che si occupa di lupi, del loro monitoraggio, della loro conservazione a lungo termine e della loro coesistenza con l’uomo.
Secondo l’ultimo aggiornamento Ispra del dicembre 2018, la popolazione di lupi è aumentata in Italia, occupando oggi quasi un quarto (23%) del territorio nazionale. Quanti lupi ci sono sull’Appennino tosco-emiliano?
In Italia i lupi sono circa 2000, purtroppo non esiste una stima per l’Appennino tosco-emiliano perché non esiste un piano di monitoraggio regionale ma solo una serie di piccole attività di monitoraggio su scala locale.
Tu che hai avuto modo di studiarne il comportamento da vicino, puoi fare un identikit del lupo?
Avete tempo? Il lupo è uno dei maggiori predatori che abbiamo in Italia. Per grande carnivoro non si intende per forza un animale di chissà quale taglia. Il lupo italico non supera i 40 chili di peso ed è grande grosso modo come un cane di media taglia. Vive organizzato in branchi che non sono altro che famiglie composte dalla coppia riproduttiva e dai loro figli, nati in anni e dunque cucciolate diverse. I più grandi si prendono cura degli ultimi nati oppure raggiunta la maturità sessuale lasciano il branco e vanno in cerca di una compagna o un compagno per fondare il proprio branco. Assomigliano molto a noi esseri umani.
Il rapporto tra uomo e lupo è caratterizzato da sentimenti contrastanti. Da una parte il lupo suscita paura e terrore atavico, dall’altro invece fascino, potenza ma anche protezione. Basta pensare al ritratto del lupo nella favola di Cappuccetto rosso e nella leggenda di Romolo e Remo. Come lo spieghi? Quale delle due si addice di più al lupo?
Il lupo secoli fa era un animale simbolo di forza e luce. Aveva una reputazione divina ed infatti era adorato: basti pensare alla Grecia o ai Paesi nordici dove era attributo degli dei. Nel corso della storia, però, il ruolo del lupo nell’immaginario collettivo è gradualmente cambiato. Quando l’uomo ha abbandonato la vita nomade dando vita alle prime forme di agricoltura e allevamento, il lupo è diventato una minaccia. Negli ultimi secoli è stato utilizzato dalla religione e dalla narrativa come personificazione del male, dell’oscuro, della cattiva strada, ma anche della stupidità e della stoltezza. Ovviamente il lupo non è né un santo né un demone, è ciò che la selezione naturale ha plasmato.
Nel tuo libro hai descritto la conoscenza del lupo come un percorso per conoscere se stessi. Quali affinità hai ritrovato?
Ci sono molte affinità tra uomini e lupi, quella che mi ha più colpita è una differenza sostanziale: gli uomini di fronte alle avversità e agli scherzi del destino oppongono spesso resistenze e tentativi goffi di cambiare il corso delle cose, i lupi sanno rassegnarsi e accettare il loro destino. Spesso questo può significare la morte, ma può anche rappresentare una straordinaria via d’uscita come racconto nella storia della lupa Lilith.
Nel tuo libro “La ragazza dei Lupi” hai deciso di affrontare il tema sotto una lente romantica piuttosto che scientifica. Come mai?
Non è tanto una lente romantica ma intimistica. Dietro la scienza ci sono le persone e dietro le persone ci sono storie spesso sconosciute che ne determinano successi e insuccessi lavorativi. Il mio libro parla di lupi ma anche di un ciclo personale e professionale costretto a chiudersi, per aprire però la vera strada verso la libertà.
Dato che è una notizia attuale, cosa ne pensi del nuovo “Piano Lupo”?
Il lupo è una specie protetta da leggi nazionali ed internazionali dagli anni 70. Una di queste direttive prevede la produzione di un Piano nazionale di valenza decennale che funga da indirizzo per le pubbliche amministrazioni (Regioni, province autonome e parchi) nella conservazione e gestione del lupo. Il piano è in discussione da tre anni a causa di una diversa posizione delle Regioni circa le disposizioni in materia di deroga alla protezione sancita dalla direttiva Habitat, che prevede la possibilità di chiedere l’abbattimento di un numero di esemplari non definito in caso di pericolo per le persone o danni eccessivi.
Come è possibile convivere?
Informando correttamente gli stake holders senza romanticismi o isterie collettive. La verità e il pragmatismo pagano sempre. Se un allevatore ha danni, occorre informarlo correttamente sui sistemi di prevenzione e se esistono mostrargli gli incentivi ai quali può accedere. Convincerlo che il lupo sia utile o bello è inutile.
Secondo una indagine dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, emerge che gli ecosistemi migrano verso il Polo Nord alla velocità di 6,1 km e 6,1 m in altitudine per ogni decennio a causa del cambiamento climatico. E in futuro la velocità di questo fenomeno potrebbe addirittura aumentare. Il climate change, alterando la biodiversità e gli ecosistemi, potrebbe influire direttamente sulla sopravvivenza del lupo in Italia?
Il lupo è un animale che si adatta con facilità a qualsiasi tipo di condizione ambientale. Basti pensare che il lupo come specie vive dai deserti del nord Africa alla tundra artica. E’ capace di adattarsi bene alle caratteristiche climatiche e ambientali più estreme. la sua sopravvivenza dipende chiaramente dalla presenza di risorse trofiche. Se i cambiamenti climatici dovessero avere un effetto sugli ecosistemi occupati dai lupi tale da compromettere ad esempio gli stock di popolazioni preda, cioè gli erbivori, allora potremmo avere un impatto significativo anche sul lupo.
Nei tuoi anni di studio hai notato qualche cambiamento?
Nei dieci anni di studio a 1000 metri sull’Appennino tosco-emiliano, ho sicuramente notato che non nevica più come quando sono arrivata. Una volta nevicava spesso, più volte durante l’inverno, e a terra si accumulavano ogni volta 50 centimetri di neve. Era talmente tanta da coprire tutto, tanto che facevo fatica a ricordarmi i profili del panorama senza neve. Nel corso degli anni le nevicate sono diventate sempre meno frequenti e con accumuli sempre più scarsi. Giusto per dare un’idea, quest’anno ha nevicato poco e a terra si sono accumulati solo 10 centimetri di neve.
Questo potrebbe influire nel tempo sulla vita del lupo. I lupi che si ammalano di rogna diventano deboli e di solito perdono il pelo a furia di grattarsi. Per questo durante l’inverno i lupi ammalati di solito non sopravvivono. Si tratta della selezione naturale che permette la sopravvivenza dei lupi più forti. Questo potrebbe cambiare dato che gli inverni sembrano diventare più miti e meno nevosi: i lupi malati hanno più chance di sopravvivere all’inverno e riprodursi. Con quali conseguenze? Difficile prevederlo.