Rifiuti esportati illegalmente in Tunisia: migliaia di tonnellate tornano in Italia
Dopo uno stallo di quasi due anni, tornano in Italia 6mila tonnellate di rifiuti esportati illegalmente in Tunisia. Ma la vicenda sembra ancora lontana dalla conclusione
Tornano in Italia le circa 6mila tonnellate di rifiuti che quasi due anni fa erano state spedite illegalmente in Tunisia. 213 container di rifiuti sono arrivati nel porto di Salerno, da cui erano partiti nel 2020, e secondo quanto ha fatto sapere la regione Campania sono destinati a restare per alcuni mesi nell’area militare di Persano, nel comune di Serre, in attesa di trovare una soluzione definitiva.
Lo scandalo ambientale ha acceso i riflettori su un traffico di rifiuti dal valore di milioni di euro e un’indagine ha portato all’arresto di 12 persone in Tunisia, tra cui l’ex Ministro dell’Ambiente Mustapha Laroui. Ma su diversi punti della vicenda ci sono ancora molti dubbi.
Al momento in Italia sono in corso due inchieste aperte dalle Direzioni distrettuali antimafia di Salerno e di Potenza. Ha dato avvio alle audizioni sulla vicenda anche la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta da Stefano Vignaroli, del Movimento 5 Stelle, che in un post su Facebook ha sottolineato: «Il traffico illecito di rifiuti rimane uno dei settori più delicati e urgenti da affrontare. C’è sempre stato movimento di materiali per riciclarli e non dobbiamo però permettere che lo si faccia senza gli opportuni controlli, tanto meno possiamo usare i Paesi del Mediterraneo come nostre discariche. Dobbiamo capire come centinaia di container di rifiuti sono partiti dall’Italia verso la Tunisia, come migliaia di tonnellate di rifiuti che si sono mossi, abbiano creato un incidente internazionale».
I fatti
Tra la fine di maggio e la fine di luglio del 2020 circa 8 mila tonnellate di rifiuti partono dal porto di Salerno diretti in Tunisia: sono stati raccolti e spediti dalla compagnia campana Sviluppo Risorse Ambientali Srl (Sra), con l’autorizzazione dei tecnici della regione, e sono destinati a quella che si rivelerà un’azienda fantasma, la Soreplast, in Tunisia.
Secondo i documenti che li accompagnano e le autorizzazioni concesse per l’esportazione, i 282 container dovrebbero essere carichi di rifiuti plastici da riciclare. Dai controlli effettuati alla Dogana di Sousse, in Tunisia, emerge però che al loro interno ci sono rifiuti misti non riciclabili, la cui esportazione è vietata dalla legislazione tunisina e dalle convenzioni internazionali: scatta il sequestro.
213 container vengono bloccati sulla banchina del porto di Sousse, dove rimarranno fino al 19 febbraio 2022; gli altri erano già stati scaricati in un deposito nelle vicine campagne e andranno a fuoco in un incendio nel dicembre 2021.
In Tunisia si apre un’indagine: 26 persone vengono indagate per corruzione, tra loro c’è anche l’ex ministro dell’Ambiente, Mustapha Aroui, che viene arrestato, mentre il manager dell’azienda Soreplast, che aveva importato i rifiuti dall’Italia, è tuttora in fuga.
Gli inquirenti tunisini hanno accertato che i container importati dalla Campania erano classificati con il codice dei «rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani», ma che in realtà si trattava di rifiuti indifferenziati e materiale sanitario definito pericoloso dalla Convenzione di Basilea del 1989, e che violavano anche la convenzione di Bamako che disciplina l’esportazione dei rifiuti urbani.
Il rimpallo delle responsabilità tra Italia e Tunisia, e tra Regione Campania e Sra, si protrae per diversi mesi in una disputa legale e diplomatica che si è conclusa solo di recente con l’intesa tra le autorità tunisine e quelle italiane per il rimpatrio dei rifiuti. Secondo quanto ha fatto sapere la Regione Campania in una nota i rifiuti saranno stoccati nell’area militare di Persano «per un periodo strettamente necessario alle operazioni di analisi, in vista del loro trasferimento presso impianti di trattamento finale fuori regione».
Tunisie Verte, una rete di organizzazioni ambientaliste del paese, ha pubblicato un video che mostra il carico dei container in vista del ritorno in Italia:
I punti ancora da chiarire
Non è solo il futuro dei rifiuti arrivati dalla Tunisia a essere ancora avvolto nel mistero: i punti da chiarire nella vicenda sono diversi.
Il primo riguarda le autorizzazioni che nel 2020 hanno permesso ai container di lasciare il territorio italiano per arrivare in Tunisia: la procedura avrebbe previsto che il loro contenuto fosse controllato dai rappresentanti della Convenzione di Basilea, che regola i movimenti transnazionali di rifiuti, ma i funzionari italiani si sono invece rivolti a un’agenzia tunisina che non ha competenze in materia.
A risultare sospetto c’è il fatto che l’esportazione dei rifiuti non era una pratica nuova per la Campania, che come rivelano i dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è di gran lunga la regione che esporta più rifiuti all’estero. Dal rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2021 emerge che nel 2020 sono state dichiarate 252.872 tonnellate di rifiuti esportati dalla Campania: al secondo posto c’è il Lazio che si ferma a quota 54.006.
Un altro punto ancora tutto da chiarire è relativo a chi debba pagare il conto, salatissimo. Secondo quanto ha riferito in una nota Legambiente, la permanenza dei container sotto sequestro nel porto di Sousse sarebbe costata circa 26 mila euro al giorno, per una cifra che a questo punto ci si aspetta superi i 10 milioni di euro. E pari a 10 milioni di euro è il conto presentato dalla società turca Arkas, che si è occupata del trasporto e del noleggio dei container e ora chiede un risarcimento alla Regione Campania, al ministero dell’Ambiente italiano e alla società campana che ha spedito i rifiuti in Tunisia, la Sra. Come si legge in un’interrogazione presentata in Senato lo scorso ottobre, secondo l’atto di citazione dei legali di Arkas «la Regione Campania è responsabile per avere ritardato le procedure di rientro in Italia dei rifiuti sia prima che dopo le segnalazioni delle competenti autorità tunisine».
Secondo quanto riporta Domani, i costi di trasporto, stoccaggio e caratterizzazione dei rifiuti saranno anticipati da una società pubblica, la Ecoambiente di Salerno, che poi dovrà rivalersi sulla Sra. L’azienda tuttavia ha già escluso la possibilità di coprire i costi e, affermando di aver sempre agito nel rispetto della legge, ha più volte sostenuto che la responsabilità dell’accaduto fosse della regione Campania, che si è rivolta all’ente sbagliato per ricevere il via libera all’esportazione. Dal canto suo, la regione sostiene che la Sra avrebbe fornito una documentazione falsa provocando l’errore dei tecnici.
Un altro aspetto su cui al momento sembra esserci poca chiarezza riguarda i termini dell’intesa raggiunta tra la Tunisia e l’Italia per il rimpatrio dei rifiuti. La questione è stata discussa a Tunisi lo scorso 28 dicembre dal ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio e il presidente tunisino Kais Saied, e in seguito il 5 gennaio, a Napoli, in un incontro tra il governatore della Campania Vincenzo De Luca e l’ambasciata tunisina a Roma. «L’Italia si riprende i rifiuti, ma non sappiamo cosa dovrà fare la Tunisia», ci ha spiegato al telefono il deputato tunisino Majdi Karbai, membro del Parlamento con il partito democratico Attayar: «non sappiamo di che natura sia l’accordo». Secondo alcuni media tunisini sul tavolo della trattativa ci sarebbe stato anche il dossier migratorio e nuovi investimenti nel Paese, ma contattata da Domani, la Farnesina ha smentito «l’esistenza di un collegamento tra il dossier dei rifiuti e quello migratorio».
Quello che è certo, intanto, è che il traffico illegale di rifiuti verso l’altra sponda del Mediterraneo non è un caso isolato. Al contrario, si tratta di un fenomeno in crescita: tonnellate di rifiuti lasciano l’Italia, e più in generale l’Europa, dirette verso discariche abusive in Africa invece di seguire i protocolli previsti per lo smaltimento. Secondo quanto si apprende da Il Post, l’Agenzia delle Dogane ha reso noto che tra il 2019 e il 2020 i rifiuti sequestrati per traffico illecito verso l’estero sono triplicati, passando da 2.251 a 7.313 tonnellate. Chi gestisce il traffico viene pagato dalle aziende che raccolgono i rifiuti per sbarazzarsene, poi li spedisce verso discariche abusive. Karbai sottolinea la responsabilità dei paesi più ricchi: in nazioni come la Tunisia «c’è una carenza giuridica e legislativa per quanto riguarda le tematiche ambientali», ci spiega, mentre l’Italia ha le leggi e gli strumenti per esercitare «un maggiore controllo».
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