Il Santuario del Cetacei a 5 anni dal disastro ambientale. L’inchiesta di Greenpeace
La denuncia dell'associazione ambientalista: «il Santuario dei Cetacei non può essere ridotto a una discarica sottomarina»
Domani sarà il quinto anniversario di un disastro ambientale avvenuto al largo delle coste italiane, in pieno Santuario dei Cetacei. Il 23 luglio 2015 la motonave Ivy, una nave cargo salpata da Piombino e diretta in Bulgaria con a bordo 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire, ha sversato in mare parte del suo carico ad appena un’ora dalla partenza, su ordine del comandante che si trovò a far fronte a un’avaria.
65 tonnellate di plastica sono così finite nelle acque protette del Santuario dei Cetacei e oggi la maggior parte di quel carico giace ancora sui fondali, denuncia Greenpeace, «rappresentando una grande minaccia per un’area ad elevato valore naturalistico».
Impegnata in questi giorni nella spedizione di ricerca “Difendiamo il Mare”, condotta nell’Arcipelago toscano con la barca Bamboo della Fondazione Exodus di don Mazzi, Greenpeace ha recentemente pubblicato l’inchiesta “Un santuario di balle” per fare luce sulle responsabilità del disastro avvenuto 5 anni fa.
In questi giorni l’organizzazione ambientalista, insieme ai ricercatori del CNR-IAS di Genova e dell’Università Politecnica delle Marche, sta eseguendo dei monitoraggi nell’area per capire se la plastica dispersa sui fondali ha generato un impatto nelle acque del Santuario e del Golfo di Follonica in termini di rilascio di microplastiche. Le indagini si stanno concentrando non solo sulla presenza di microparticelle in plastica nelle acque, ma anche nei sedimenti, nel pescato e nelle specie ittiche allevate nel Golfo di Follonica. «È paradossale che sia una piccola organizzazione con limitate disponibilità economiche come Greenpeace a eseguire tali ricerche. D’altra parte, cosa possiamo aspettarci da tutte quelle istituzioni che da cinque anni non sono riuscite a recuperare le tonnellate di plastica che giacciono in fondo al mare?» dichiara Giuseppe Ungherese, Responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace. «Abbiamo appreso della richiesta di stato di emergenza nazionale che il ministro dell’Ambiente Costa presenterà al Cdm e crediamo che non ci sia altro tempo da perdere. Il Santuario dei Cetacei merita di essere realmente tutelato, non può essere ridotto a una discarica sottomarina di plastica dove si può impunemente inquinare».
Greenpeace Italia ha presentato anche un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della Regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano una fidejussione di quasi tre milioni di euro a garanzia dei possibili danni ambientali intercorsi durante le operazioni di trasporto. Quei soldi – afferma l’associazione – potevano essere utilizzati per recuperare il carico disperso ma sono stati restituiti.
Aggiornamento del 22 luglio Oggi il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alla dichiarazione dello Stato d’emergenza. Durerà sei mesi e, spiega su Facebook il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, «potrà rendere più veloce il lavoro di rimozione di queste ecoballe che sarà curato dalla Protezione civile insieme alle strutture tecniche del Ministero dell’Ambiente per la loro specifica competenza».
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