I cambiamenti della circolazione atmosferica estiva all’origine delle più estreme ondate di calore
Cosa hanno in comune l’ondata di caldo in Europa del 2003, quella in Russia del 2010 e le alluvioni in Pakistan nello stesso periodo?
Il riscaldamento globale indotto dall’incremento dei gas a effetto serra e l’associato cambiamento climatico stanno determinando un aumento della temperatura media del pianeta che, come sappiamo, ha recentemente superato il grado centigrado rispetto all’epoca pre-industriale. Sappiamo anche che questo riscaldamento medio, apparentemente modesto, nasconde significative differenze tra le diverse aree del globo: gli oceani si riscaldano più lentamente rispetto alle terre emerse, mentre la temperatura dell’Artico cresce ad un ritmo da due a quattro volte più veloce rispetto alla media globale. Il fenomeno del forte riscaldamento nella regione artica, noto come Arctic Amplification, è oggi compreso piuttosto bene e ne abbiamo sintetizzato le principali cause in questo articolo di approfondimento.
In un pianeta mediamente più caldo è del tutto ragionevole aspettarsi una crescita delle temperature estreme, infatti una causa di questo aspetto del cambiamento climatico è semplice ed è stata individuata da molto tempo.
Se ipotizziamo (figura 1) una distribuzione “gaussiana” (una curva a campana) della temperatura è sufficiente spostare tale curva verso temperature medie più elevate per accorgersi di quanto si ingrandisca la coda della distribuzione (in arancio e rosso nella figura) che rappresenta i valori più alti a discapito delle temperature più basse che divengono meno frequenti e meno probabili.
Alla prova dei fatti, e ciò vale soprattutto per le nostre latitudini (per la cosiddetta fascia extra-tropicale), questa descrizione non è tuttavia sufficiente per spiegare le inusuali e intense ondate di calore (e in generale, come vedremo a breve, di eventi estremi) che sono state osservate negli ultimi venti anni. Detto altrimenti, il solo aumento della temperatura media globale non basta per giustificare gli eventi estremi (ondate di caldo e alluvioni) che hanno caratterizzato i primi decenni di questo secolo, a cominciare dalla terribile ondata di calore del 2003 in Europa.
Un ruolo significativo nell’amplificazione di un’ondata di calore può essere cercato nella risposta dei suoli: un’episodio del genere, infatti, di solito è accompagnato da una lunga serie di giornate soleggiate senza precipitazioni che conducono a forte evaporazione e a siccità. La temperatura di un suolo asciutto aumenta di più rispetto a quella di un suolo umido perché gran parte dell’energia solare assorbita si trasforma in calore sensibile anziché essere spesa per l’evaporazione, generando un feedback positivo su scale piuttosto ampie. Anche tenendo conto di questo effetto, comunque, per dare conto del tempo estremo che le medie latitudini hanno sperimentato negli ultimi decenni occorre cercare altre cause, più complesse, da individuare necessariamente nella circolazione globale dell’atmosfera.
Le onde di Rossby o onde planetarie
Le più ampie ondulazioni del flusso atmosferico su grande scala, dette per questo onde planetarie, sono chiamate anche onde di Rossby, dal nome del meteorologo svedese che le descrisse. Esse sono sono sempre presenti e possono essere innescate dalla crescita dell’instabilità baroclina (all’origine dei sistemi perturbati delle medie latitudini), dall’interazione del flusso con le catene montuose o dalla divergenza del flusso nell’alta troposfera scaldatasi diabaticamente (per il rilascio di grandi quantità di calore latente di condensazione). La dinamica di queste onde è legata alla rotazione terrestre e dunque all’accelerazione di Coriolis. Se il flusso zonale, diretto da ovest verso est, viene costretto per qualche causa a deviare in senso meridiano la conservazione della vorticità planetaria, funzione della latitudine, innesca un’oscillazione di Rossby. Sotto opportune ipotesi e semplificazioni non è difficile dimostrare che la velocità di fase c con cui si propagano queste ondulazioni è data da:
In questa relazione U è la velocità media del flusso zonale, β il parametro di Rossby, k e l rappresentano rispettivamente il numero d’onda zonale e meridiano. La relazione mostra che la velocità di propagazione è direttamente proporzionale alla velocità del vento medio zonale e che le onde più lunghe (con k più piccolo) si propagano più velocemente di quelle corte, che possono risultare stazionarie o perfino muoversi verso est se il secondo termine è maggiore di U. Una distinzione importante, anche ai fini della discussione che segue, viene fatta tra le onde di Rossby forzate (possono essere forzate dall’orografia o da grandi blocchi di aria calda) e le onde libere, dette “free travelling waves”, che sarebbero presenti anche se la superfice del pianeta fosse liscia e omogenea. Le onde planetarie ed in particolare i Rossby wave trains, hanno un ruolo di primo piano nelle cosiddette teleconnessioni (ne avevamo parlato in questo articolo), il nome dato al meccanismo che permette all’atmosfera di “trasmettere” un’anomalia della circolazione globale da una regione del pianeta (ad esempio la fascia tropicale dell’Oceano Pacifico) ad un’altra molto distante (come le aree extratropicali). E’ noto tuttavia che la circolazione estiva presenta condizioni meno favorevoli alle teleconnessioni rispetto alla circolazione invernale. |
Circolazione estiva in un pianeta più caldo
Di recente diversi studi scientifici hanno evidenziato che durante l’estate le condizioni meteorologiche alle medie latitudini (particolarmente nell’Eurasia) sono diventate più persistenti: la maggiore persistenza delle strutture circolatorie è un requisito che può essere cruciale per spiegare molti degli eventi estremi (in particolare le ondate di calore) che sono stati osservati. Quando una vasta area anticiclonica staziona sopra la stessa regione per molti giorni o addirittura per alcune settimane il sole, poco ostacolato dalla scarsa nuvolosità, riscalda a lungo le stesse zone le quali diventano anche progressivamente più secche, riscaldandosi ancora di più. Di solito (si veda la figura 2) ad un’ondulazione anticiclonica stazionaria (H) corrisponde un’ondulazione di tipo ciclonico (L) altrettanto persistente, per cui tipicamente mentre in una regione si hanno giornate soleggiate e temperature altissime, in quella accanto le condizioni climatiche sono opposte, con tempo molto perturbato e fresco. Uno degli esempi più noti di questo tipo di configurazione si è verificato nell’estate del 2010, ricordata per una interminabile ondata di caldo in Russia e per le alluvioni devastanti nel Pakistan.
La domanda che nasce inevitabilmente è: quanto abbiamo appena descritto, la maggiore persistenza delle strutture circolatorie estive, è frutto del caso (o meglio: della grande variabilità interna dell’atmosfera, che può manifestarsi anche su lunghe scale temporali) o si tratta invece dell’ennesimo frutto velenoso del riscaldamento globale?
Gli scienziati che studiano l’atmosfera naturalmente hanno provato a rispondere alla questione, assai complicata, e hanno prodotto moltissima ricerca. Inizialmente l’attenzione è stata rivolta soprattutto alla stagione invernale, ma la circolazione nella stagione fredda (ci riferiamo ovviamente al nostro emisfero) è intrinsecamente molto diversa da quella estiva. Durante l’estate, solo per citare la differenza forse più macroscopica, è assente il vortice polare stratosferico che può esercitare un’importante influenza sull’andamento dell’inverno alle medie latitudini tramite l’interazione con il flusso troposferico. In estate, inoltre, la corrente a getto subtropicale è più debole e può formarsi un secondo getto (double jet) alle alte latitudini, associato al forte gradiente termico tra l’Oceano Artico e la vicina terraferma.
Un articolo pubblicato nel 2018 su Nature Communications ha riassunto i tre principali cambiamenti dinamici nella circolazione estiva che potrebbero essere in atto e accentuarsi in futuro, con particolare attenzione all’Amplificazione Artica e alla conseguente diminuzione della differenza di temperatura tra il nord ed il sud del nostro emisfero. Essi sono (figura 3): l’indebolimento del flusso perturbato (“weakening of storm tracks” in figura 3), lo spostamento verso nord del getto subtropicale (“poleward shift of subtropical jet” in figura 3) e l’amplificazione dei treni di onde corte quasi stazionarie (“Amplification of quasi-stationary short-wave trains” in figura 3), un meccanismo che nella letteratura scientifica è noto anche come QRA (Quasi Resonant Amplification).
L’indebolimento del flusso perturbato e della velocità dei venti occidentali sono una conseguenza naturale, diciamo così, della diminuzione del gradiente termico polo-equatore e sono confermati dalle osservazioni. Un ingrediente fondamentale della nascita di quelle che familiarmente chiamiamo “perturbazioni” è infatti l’instabilità baroclina, legata al gradiente termico nord-sud. Il tema dello spostamento di latitudine delle correnti a getto (in particolare di quella subtropicale) è estremamente complesso e coinvolge anche la troposfera tropicale. La premessa è che accanto all’Amplificazione Artica, che riguarda la bassa troposfera, si osserva anche una sorta di amplificazione tropicale nell’alta troposfera tropicale (che si sta riscaldando di più rispetto a quella polare per effetto del calore latente rilasciato nei moti convettivi), che genera effetti opposti rispetto alla prima. I ricercatori scrivono espressamente di un “tiro alla fune” (tug of war) tra i due meccanismi, laddove l’Amplificazione Artica “spinge” il getto verso sud, mentre quella tropicale lavora in senso contrario. Il risultato, in estrema sintesi, sembra essere che per ora gli spostamenti osservati sono ancora modesti, ma che alla lunga, con il progredire del riscaldamento globale, l’effetto dominante potrà essere quello associato ai cambiamenti nella troposfera tropicale. Il terzo meccanismo proposto, l’amplificazione delle onde corte quasi-stazionarie, ha destato molto interesse in tempi recenti perché la teoria su cui si basa è relativamente nuova.
Questa dinamica, che si è attivata in occasione di molti degli eventi estremi osservati nel ventunesimo secolo, riguarda le onde planetarie (si veda il box di approfondimento) e in particolare l’interazione (risonanza) tra le onde libere (free travelling) e le onde forzate, in presenza di una guida d’onda (waveguide) che impedisce all’energia delle onde libere quasi stazionarie di dissiparsi come avviene normalmente. In questa condizione le onde libere quasi stazionarie con un numero d’onda compreso tra 6 e 8 (vale a dire che si contano 6-8 oscillazioni complete lungo un anello di latitudine) entrano in risonanza con le onde forzate della stessa lunghezza e la loro ampiezza aumenta fortemente. Il ruolo del riscaldamento globale e della conseguente Amplificazione Artica sembra essere quello di creare una configurazione atmosferica di base più favorevole a questo fenomeno, anche attraverso la presenza del “double jet” polare a cui si è fatto cenno.
In sintesi, e per concludere
La narrativa legata al riscaldamento globale e al correlato cambiamento climatico fa grande uso di espressioni come “limitare il riscaldamento a +2°, limitarlo a +1.5°, 3° in più entro fine secolo…” e così via. Questi numeri relativamente piccoli potrebbero dare al grande pubblico una falsa impressione tranquillizzante, per i motivi che abbiamo appena cercato di spiegare.
Gran parte della popolazione mondiale vive sui continenti e in aree dove il riscaldamento viaggia a ritmi almeno doppi rispetto a quello medio di un pianeta ricoperto per il 70% di oceani. Negli ultimi decenni, inoltre, il sospetto che alle medie latitudini gli eventi estremi (soprattutto le ondate di caldo e la siccità) stiano crescendo ad un ritmo ancora superiore si è trasformato praticamente in certezza. Il rischio che corriamo interferendo in modo irresponsabile in un meccanismo delicato e complesso come il sistema climatico è di attivare risposte non lineari (come l’amplificazione delle onde planetarie e altri pericolosi feedback positivi) che possono concretamente mettere a repentaglio la nostra sopravvivenza incidendo non solo sulla qualità della vita, ma anche sulla sicurezza alimentare e di conseguenza sugli equilibri politici ed economici globali.
Fonti e approfondimenti consigliati
https://www.iconaclima.it/approfondimenti/artico-ghiaccio-marino-circolazione-atmosferica/
https://www.iconaclima.it/approfondimenti/sistema-climatico-i-meccanismi-di-retroazione/
Coumuo et al. 2014, Quasi-resonant circulation regimes and hemispheric synchronization of extreme weather in boreal summer. PNAS (www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1412797111)
Coumou et al. 2018, The influence of Arctic amplification on mid-latitude summer circulation. Nature Communications. https://www.nature.com/articles/s41467-018-05256-8 https://www.nature.com/articles/s414601805256https://www.nature.com/articles/s41467-
Di Capua, G., Sparrow, S., Kornhuber, K. et al. Drivers behind the summer 2010 wave train leading to Russian heatwave and Pakistan flooding. npj Clim Atmos Sci 4, 55 (2021). https://doi.org/10.1038/s41612-021-00211-9
Du et al. 2020, Extreme Precipitation on Consecutive Days Occurs More Often in a Warming Climate. BAMS (https://doi.org/10.1175/BAMS-D-21-0140.1)
Mann, M. E. et al. Influence of Anthropogenic Climate Change on Planetary Wave
Resonance and Extreme Weather Events. Sci. Rep. 7, 45242; doi: 10.1038/srep45242 (2017).
Zappa et al 2015, The dependence of wintertime Mediterranean precipitation on the atmospheric circulation response to climate change Environ. Res. Lett. 10 104012. https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/10/10/104012