Scoperto legame fra ondate di freddo estremo e cambiamenti climatici
È l’aumento di temperatura della superficie dell’oceano Pacifico settentrionale a provocare il riscaldamento della stratosfera polare e quindi l’arrivo di aria gelida polare alle nostre latitudini
Nell’approfondimento Stratwarming Major gennaio 2021: come proseguirà l’inverno? il nostro meteorologo Rino Cutuli ha descritto la natura, le possibili cause e le conseguenze del fenomeno dello Stratospheric Warming, il riscaldamento sopra l’Artico dello strato di atmosfera compreso fra i 10 e i 50 km di altezza (stratosfera). Tale complesso fenomeno atmosferico non è di poco conto nel determinare il meteo europeo ed italiano, anzi proprio in questi giorni è causa di un repentino crollo delle temperature sul continente.
Un nuovo studio getta luce sulla relazione del fenomeno con il riscaldamento globale.
In cosa consiste il fenomeno
Come in una gigantesca trottola, in quota (fra i 10 e i 30 km di altezza) intorno al polo soffiano costantemente forti venti diretti da ovest verso est, che intrappolano l’aria gelida di tali latitudini. Si parla di Vortice Polare. Esso è sostenuto e generato proprio dal gradiente di temperatura fra l’aria al polo e quella a più basse latitudini.
In soli 15 giorni, a ridosso di Capodanno 2021, si è verificato un veloce riscaldamento da -70°C a -20°C dell’aria in quota all’interno di questo vortice, un episodio appunto di Stratwarming. Ne è risultato il collasso – nello specifico l’inversione della direzione del vento – del Vortice Polare stesso. Quando ciò avviene l’aria fredda originariamente contenuta nel vortice si sposta verso latitudini più basse, formando due vortici più piccoli o mantenendo un unico vortice ma non più intorno al Polo. Nei giorni scorsi, parte di tale aria fredda si è posizionata sopra la Siberia e si è allungata verso l’Europa. Quando questo sconvolgimento in quota si è propagato negli strati più bassi, ha causato un drastico calo delle temperature accompagnato da precipitazioni nevose.
Le cause
L’estrema complessità di questo fenomeno ha fatto sì che fino ad ora si conoscessero solo in parte le cause del suo manifestarsi e non fosse possibile prevederne l’accadimento. Ad oggi è noto che gli eventi di Stratwarming sono influenzati da riduzioni nell’estensione dei ghiacci artici, da violente precipitazioni tropicali e da altri eventi climatici. Si ritiene che sia la rottura delle onde planetarie (ondulazioni del moto dell’aria nel vortice polare stesso) a permettere il propagarsi di calore dalla troposfera (parte dell’atmosfera a diretto contatto con la superficie terrestre) alla stratosfera.
Il nuovo studio
Lo studio in questione è stato condotto dall’Università di Milano Bicocca in collaborazione con l’Università di Harvard e pubblicato su “Nature Climate Change”. Tramite modelli climatici, gli scienziati hanno riprodotto il comportamento degli episodi di Stratospheric Warming in un clima molto più caldo di quello odierno (uno scenario “business as usual” al 2300), confrontandolo con il comportamento nel recente passato.
Una nuova “condizione anticipatrice”
Nel clima caldo lo Stratwarming risulta essere preceduto in troposfera da una pronunciata alta pressione sulla Siberia e bassa pressione sul Pacifico settentrionale. Più semplicemente, acque particolarmente calde sulla superficie del Pacifico settentrionale riscalderebbero aria fredda proveniente dalla Siberia favorendone la risalita, così da scaldare la stratosfera. Tale connessione è invece assente nel clima del recente passato. Gli schemi di pressione in superficie potrebbero dunque essere usati in un clima più caldo per prevedere lo stato del vortice stratosferico.
Stratwarming e cambiamenti climatici
Il paper chiarisce anche le motivazioni del cambiamento delle interazioni troposfera-stratosfera in un clima più caldo. Nelle simulazioni effettuate, infatti, per osservare le variazioni descritte è stato sufficiente soltanto aumentare la temperatura media delle acque superficiali del Pacifico settentrionale. Tali variazioni sarebbero quindi dovute al maggiore riscaldamento di queste acque rispetto a quelle superficiali dell’Atlantico settentrionale.
Nell’Atlantico del nord, infatti, il cambiamento climatico sta determinando il rallentamento della Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC). Tale circolazione oceanica porta acque calde verso l’Artico e acque più fredde verso le basse latitudini. Il suo rallentamento riduce l’apporto di acque calde alla superficie dell’Atlantico settentrionale, determinando un riscaldamento minore rispetto a quello che interessa e interesserà le analoghe acque del Pacifico.
Il meccanismo descritto potrebbe dunque legare il riscaldamento globale con l’aumento osservato degli episodi di freddo estremo alle medie latitudini nell’inverno boreale.