Il nuovo rapporto IPCC è un “codice rosso” per l’umanità: l’emergenza climatica riguarda ogni regione del Pianeta
Secondo i 234 scienziati provenienti da 66 Paesi è incontrovertibile che le attività umane abbiano causato la crisi in atto
L’emergenza climatica sta per mettere a rischio l’equilibrio del nostro Pianeta, lo conferma nero su bianco l’ultimo, attesissimo Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC reso pubblico oggi. Incendi, inondazioni ondate di caldo eccezionali e gli eventi meteorologici estremi che si susseguono a un ritmo sempre più elevato sono solo dei campanelli d’allarme e ci indicano quale potrebbe essere lo scenario drammatico che ci aspetta se il riscaldamento globale dovesse proseguire senza sosta.
Durante la conferenza stampa di presentazione dei risultati del primo gruppo di lavoro del sesto rapporto di valutazione (Ar6), colpiscono due lapidarie affermazioni da parte della copresidente del Gruppo di Lavoro I dell’Ipcc, Valérie Masson-Delmotte: il cambiamento climatico sta già colpendo ogni singola regione del nostro Pianeta ed è incontrovertibile che le attività umane abbiano causato l’emergenza climatica in atto, rendendo sempre più estremi gli eventi meteo, incluse ondate di caldo, piogge e siccità più frequenti e intense.
“Questo rapporto è un riscontro oggettivo” -ha affermato la scienziata – e ora abbiamo un quadro molto più chiaro del clima passato, presente e futuro: si tratta di un aspetto fondamentale per capire dove siamo diretti, cosa si può fare e come ci possiamo preparare“.
Nel 2019 le concentrazioni atmosferiche di CO2 sono state le più elevate degli ultimi 2 milioni di anni e quelle dei principali gas serra le più alte degli ultimi 800.000 anni. Negli ultimi 50 anni la temperatura della Terra è cresciuta a una velocità che non ha eguali negli ultimi 2.000 anni. L’aumento medio del livello del mare è cresciuto a una velocità mai vista negli ultimi 3000 anni.
Il riscaldamento globale avanza senza sosta: siamo già a 1,1°C rispetto al periodo preindustriale. Un ulteriore aumento è “inevitabile”
Secondo quanto emerso dal rapporto, il riscaldamento del Pianeta sta procedendo molto velocemente. Senza riduzioni immediate del livello dei gas serra e su larga scala, limitare il riscaldamento a circa 1,5 o addirittura 2°C sarà un obiettivo fuori da ogni portata. Secondo gli scienziati infatti, le emissioni di gas serra provenienti dalle attività umane sono responsabili di circa 1,1°C di riscaldamento rispetto al periodo 1850-1900.
Secondo i 234 scienziati provenienti da 66 paesi che hanno firmato il rapporto, per evitare effetti catastrofici e irreversibili, è necessario non superare l’aumento della temperatura media globale – causata dalle emissioni di gas serra, come la CO2 e il metano – di 1,5 gradi centigradi.
Il fatto preoccupante che emerge dal rapporto è dunque che la Terra ha già subito un riscaldamento di 1,1°C rispetto al periodo 1850-1900, con un’accelerazione rapidissima negli ultimi anni. Entro soli vent’anni si potrebbe dunque raggiungere e addirittura superare la soglia critica degli 1,5°C.
A questi ritmi, con 1,5°C di riscaldamento globale, le ondate di calore diverrebbero più frequenti e intese, le stagioni calde sarebbero molto più lunghe e quelle fredde più brevi. Nello scenario peggiore, con un riscaldamento globale di 2°C, il caldo raggiungerebbe livelli difficilmente sopportabili per il corpo umano con effetti devastanti sulla salute e sull’agricoltura.
A causa della pandemia e dei vari lockdown abbiamo sperimentato nel 2020 una riduzione delle emissioni degli inquinanti e dei gas serra notevole e mai sperimentata prima ma non ci sono stati effetti sulla concentrazione di CO2 in atmosfere e di conseguenza sul riscaldamento globale.
Dal report emerge in modo netto la correlazione tra le attività umane e il riscaldamento globale. È incontrovertibile che le emissioni di gas serra abbiamo surriscaldato l’atmosfera, gli oceani e le terre emerse.
È l’uomo la causa principale del ritiro dei ghiacciai dagli anni Novanta, della diminuzione del ghiaccio marino artico tra il 1979 e il 1988 e il 2010 e 2019 e dell’acidificazione degli oceani.
Una parte importante del rapporto riguarda lo studio sugli effetti dell’emergenza climatica sul ciclo dell’acqua.
Secondo gli scienziati, dato il surplus di calore ed umidità, si verificheranno fenomeni meteo sempre più intensi, con un aumento delle precipitazioni e dei flussi di acqua superficiale. La precipitazione media annua globale del suolo aumenterà dello 0-5% nello scenario con emissioni di gas serra molto basse e dell’1-13% con emissioni di gas serra molto elevate entro il 2081-2100 rispetto ai dati del 1995.
Rapporto IPCC: l’allarme dell’Onu
L’ultimo rapporto sul clima “deve suonare una campana a morto per il carbone e i combustibili fossili, prima che distruggano il nostro pianeta” ha affermato il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres commentando il rapporto dell’Ipcc. Senza profondi tagli immediati delle emissioni, l’obiettivo di un riscaldamento globale non superiore ai 1,5 gradi Celsius “sarà rapidamente fuori portata”, ha aggiunto Guterres. “L’odierno Rapporto è un codice rosso per l’umanità. I campanelli d’allarme sono assordanti e le prove sono inconfutabili: le emissioni di gas serra dovute alla combustione di combustibili fossili e alla deforestazione stanno soffocando il nostro pianeta e mettendo a rischio immediato miliardi di persone”, ha rilevato Guterres.
The evidence is irrefutable: greenhouse gas emissions are choking our planet & placing billions of people in danger.
Global heating is affecting every region on Earth, with many of the changes becoming irreversible.
We must act decisively now to avert a climate catastrophe. https://t.co/TQlgp1D9AV
— António Guterres (@antonioguterres) August 9, 2021
Dopo anni di attesa è arrivato così il rapporto scientifico più aggiornato e completo sullo stato dei cambiamenti climatici. Questa rassegna scientifica sarà al centro della 26ª Conferenza delle Parti dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre prossimi.
I rapporti IPCC sono la bussola per capire dove e come procede l’emergenza climatica
IPCC sta per Intergovernmental Panel on Climate Change. È l’organizzazione delle Nazioni Unite incentrata sulla scienza del clima. È in vita dal 1988 e conta 195 paesi membri.
Ogni sette anni circa, l’IPCC pubblica un rapporto, una sorta di “stato del clima” che riassume le ricerche più aggiornate e sottoposte a revisione paritaria sulla scienza del cambiamento climatico, i suoi effetti e i modi per adattarsi e mitigarlo. I rapporti IPCC sono fondamentali per fornire a tutti, soprattutto ai decisori politici e agli organi di governo, le informazioni necessarie per prendere decisioni importanti in materia di cambiamento climatico. È importante chiarire che i rapporti IPCC sono apartitici e ogni Paese membro può nominare scienziati per partecipare al processo di stesura del rapporto in un processo di revisione intenso e trasparente.
Le reazioni di Greta Thunberg e Greenpeace
È subito arrivato un primo commento da parte dell’attivista per il clima Greta Thunberg: “il rapporto conferma quello che già sappiamo da migliaia di studi e rapporti precedenti. Non ci dice cosa fare. Sta a noi essere coraggiosi e prendere decisioni basate sulle prove scientifiche fornite in questi rapporti. Possiamo ancora evitare le peggiori conseguenze”
The new IPCC report contains no real surprises. It confirms what we already know from thousands previous studies and reports – that we are in an emergency. It’s a solid (but cautious) summary of the current best available science. 1/2
— Greta Thunberg (@GretaThunberg) August 9, 2021
Kaisa Kosonen, Senior Political Advisor di Greenpeace Nordic, ha affermato che “mentre i governi procedono a rilento nella riduzione delle emissioni, la crisi climatica sta già colpendo molte comunità con incendi, inondazioni estreme e siccità. Siamo in corsa contro il tempo, e l’IPCC ha appena rafforzato ulteriormente la connessione tra le emissioni di gas serra e l’intensificazione degli eventi climatici estremi. Se i governi non riusciranno a migliorare in modo significativo gli attuali e assolutamente insufficienti obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030, l’umanità intera potrebbe perdere questa sfida”.