Negli abissi degli oceani gli effetti del cambiamento climatico saranno 7 volte più veloci
Uno scenario che, secondo uno studio, non si potrebbe evitare neppure con un drastico calo delle emissioni
Negli abissi degli oceani gli effetti del cambiamento climatico potrebbero essere 7 volte più rapidi nella seconda metà di questo secolo. E la cosa più inquietante è che un netto taglio delle emissioni non farebbe la differenza. Lo ha dimostrato un nuovo studio pubblicato di Nature Climate Change.
Gli scienziati hanno analizzato la “velocità di spostamento del clima” (in inglese climate velocity), ossia la rapidità con cui le specie devono spostarsi geograficamente per restare nell’habitat climatico ideale per la loro sopravvivenza, nelle diverse profondità degli oceani.
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I risultati sono stati poi confrontati con tre scenari climatici futuri: uno con emissioni in declino ad iniziare da oggi, uno con emissioni in calo da metà del secolo e uno con emissioni in costante aumento da qui fino al 2100.
Dalla superficie agli abissi, la velocità di spostamento del clima non è mai costante
Ad oggi il riscaldamento globale sta provocando uno spostamento delle specie marine verso gli abissi in tutti i livelli, dalla superficie fino a 4 chilometri di profondità, ma a velocità diverse. Anche nello scenario climatico più ottimistico, però, nonostante emissioni nettamente inferiori rispetto a quelle attuali, la zona mesopelagica (tra i 200 e i 1000 metri di profondità) potrebbe subire un netto cambio di velocità di spostamento del clima: dai 6 chilometri per decennio fino ai 50 chilometri nella seconda metà del secolo.
Nello stesso periodo, invece, la velocità climatica potrebbe essere dimezzata in superficie, mentre, tra i 1000 metri e i 4000 metri al di sotto della superficie marina la velocità di spostamento del clima potrebbe diventare tre volte più grande di quella attuale, anche con un calo netto delle emissioni.
«Quello che ci preoccupa di più è il fatto che la velocità di spostamento del clima cambia mentre si scende in profondità e con un ritmo sempre diverso», commenta il professor Anthony Richardson dell’Università del Queensland e parte del CSIRO, co-autore dello studio. Questo, infatti, potrebbe creare una disconnessione tra le specie marine di diverse zone oceaniche, disarticolando la catena alimentare marina. Questo avverrà perché «il calore che è già stato assorbito dalla superficie degli oceani – aggiunge – verrà distribuito nel corso degli anni a tutte le profondità marine».
Il professor Jorge García Molinos dell’Università di Hokkaido, co-autore dello studio, ha dichiarato che «i risultati suggeriscono che sarà proprio la biodiversità negli abissi ad essere più a rischio, proprio perché qui gli organismi sono abituati ad un ambiente molto stabile dal punto di vista termico».
Quel che sconvolge è il fatto che anche se l’uomo dovesse ridurre le emissioni a partire da domani, la vita negli abissi cambierà e sarà esposta a rischi sempre più grandi a causa del riscaldamento degli oceani. Il professor Richardson ha detto è stato «preoccupante» vedere nel risultato dello studio non solo le grandi differenze di velocità di spostamento del clima nelle diverse profondità marine, ma anche l’incompatibilità della direzione che dovranno prendere le specie marine per sopravvivere.
Questo articolo è stato pubblicato per IconaClima il 26 Maggio 2020