Mare inquinato, il progetto italiano per trasformare i rifiuti in carburante
Un bagliore di speranza per i nostri mari: è possibile raccogliere i rifiuti e trasformarli in prezioso carburante
Il mare è sempre più inquinato, e ogni anno diversi milioni di tonnellate di plastica vanno a sommarsi ai rifiuti già presenti. A rendere il mare sempre più inquinato sono soprattutto i rifiuti plastici, che spesso imprigionano gli abitanti del mare o si frammentano in miliardi di microplastiche, con un impatto estremamente dannoso sulla biodiversità e gli ecosistemi. Anche la drammatica pandemia in corso rischia di complicare ulteriormente le cose, provocando una crescita esponenziale dell’utilizzo di plastica monouso.
Con il Coronavirus esplode il consumo di plastica Le microplastiche soffocano gli oceani: solo sui fondali sono oltre 14 milioni di tonnellate |
La situazione è critica anche nel nostro Mediterraneo, dove si stima che oltre 5 kg al giorno si accumulino in ogni chilometro di litorale.
Una ricerca del Parlamento Europeo ha calcolato che le conseguenze di un mare più inquinato sono estremamente significative anche per l’economia: si stimano danni tra i 259 e i 695 milioni di euro all’anno, che pesano soprattutto sul settore del turismo e, in misura minore, su quello della pesca.
Nuove speranze arrivano dal progetto marGnet, coordinato dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Venezia e finanziato dall’Unione Europea, attraverso il fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca . I ricercatori hanno messo a punto un prototipo portatile in grado di trasformare le plastiche che rendono il mare inquinato in carburante per le imbarcazioni.
Questo avviene attraverso un processo di «pirolisi a basse temperature», spiegano gli scienziati del Cnr: si tratta di un processo chimico che decompone i materiali senza bisogno di agenti ossidanti. «Il grande vantaggio di questo processo è dato dalla possibilità di utilizzare il rifiuto marino recuperato dai fondali senza necessità di particolari pretrattamenti, che di fatto minano la sostenibilità economica delle soluzioni di riciclaggio di tipo meccanico tentate finora a livello internazionale», afferma Fantina Madricardo, ricercatrice del Cnr-Ismar e coordinatrice del progetto.
«I primi test effettuati su campioni rappresentativi di rifiuti marini provenienti dalla laguna di Venezia – spiega Madricardo – sono stati positivi ed incoraggianti. La resa in carburante è stata in genere superiore al 50% in peso e l’analisi del combustibile ha mostrato buoni risultati in termini di qualità del prodotto ottenuto. Anche le analisi preliminari sulle emissioni di gas che avvengono durante il processo sono state particolarmente positive poiché non è stata identificata alcuna sostanza inquinante». La ricercatrice fa sapere che nei prossimi mesi verranno eseguiti ulteriori test, e che, «alla fine di questa fase di controllo, il gasolio marino prodotto sarà consegnato ad alcune cooperative di pescatori (principali destinatari del prodotto) che lo testeranno e forniranno utili feedback per perfezionare, se necessario, il processo di produzione».
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