Cambiamenti climatici: i pesci nel Mare Mediterraneo sono sentinelle importanti. Lo studio ClimateFish
13 anni di ricerche che hanno visto collaborazioni tra pescatori e studiosi, hanno portato alla creazione del primo database da consultare per capire la correlazione tra aumento delle temperature e presenza di determinate specie
Su Frontiers, editore di riviste scientifiche attive nel campo della scienza, della tecnologia e della medicina, è stata pubblicata una ricerca, ClimateFish, realizzata dal biologo marino Ernesto Azzurro del CNR considerata il primo database di libero accesso che fornisce informazioni sulla presenza nel Mar Mediterraneo di 15 specie di pesci considerate come sentinelle dei cambiamenti climatici. La ricerca, durata 13 anni, si è avvalsa del contributo di esperti del Centro Ricerche Enea di Santa Teresa (La Spezia), di istituti internazionali e della collaborazione con i pescatori locali, impegnati nel monitoraggio delle specie di pesci. Il team internazionale ha intervistato in 95 località di 9 diversi Paesi europei, oltre 500 pescatori di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale per oltre 15000 anni complessivi di osservazione del mare.
Nel database ClimateFish figurano 7 specie autoctone, selezionate per l’ampia distribuzione, la sensibilità alle condizioni di temperatura, per la facile identificazione e 8 esotiche, provenienti dal Mar Rosso. “Grazie a un campionamento durato 13 anni sono stati censiti oltre 100000 esemplari delle 15 specie target, in oltre 3000 aree di 7 Paesi del bacino del Mediterraneo. Le più rappresentate sono le specie autoctone donzella pavonina e salpa, anche se quest’ultima è andata registrando una diminuzione in quantità e in distribuzione geografica dovuta con tutta probabilità all’aumento delle temperature e alla competizione con erbivori tropicali. Al momento, le specie esotiche sono ancora sottorappresentate nel database e la loro presenza è concentrata per lo più nel settore orientale del Mediterraneo dove il fenomeno del riscaldamento è particolarmente accelerato, come ad esempio l’area a sud di Creta (+1,65 °C). Ma il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura provocato dai cambiamenti climatici” queste le parole di Federica Pannacciulli, responsabile del Laboratorio ENEA di Biodiversità e Servizi Ecosistemici.
Il Mediterraneo è un un mare simbolo di biodiversità, con circa 700 specie ittiche, ma anche uno specchio dei cambiamenti climatici, con un tasso di riscaldamento circa 3 volte più veloce di quello dell’Oceano. Negli ultimi decenni parecchie specie si sono spinte verso i poli aumentando il rischio di estinzione mentre l’arrivo di nuove specie esotiche erbivore come il pesce coniglio, sta causando il fenomeno della desertificazione marina. Diverse specie poi hanno ampliato la loro distribuzione geografica nel Mediterraneo: si tratta di un fenomeno, chiamato “meridionalizzazione” che coinvolge diverse specie ittiche native, come il pesce pappagallo mediterraneo e la donzella pavonina, individuate verso nord rispetto alla loro originale distribuzione geografica.
Un altro importante fenomeno rilevato è quello della tropicalizzazione, la presenza di pesci non autoctoni di origine tropicale che si prevede diventino sempre più presenti nel Mediterraneo per effetto del riscaldamento globale: nel 2002 erano 90, di cui 59 dal Mar Rosso, mentre nel 2020 le specie esotiche sono arrivate a 188 di cui 106 provenienti dal Canale di Suez, per un totale di 76 specie stabili. “Le prime prove dell’espansione verso nord di alcune specie ittiche risalgono agli anni ’90. Il fenomeno è avvenuto un decennio dopo la rilevazione di un netto aumento della temperatura e di importanti cambiamenti nella circolazione dell’acqua nel Mar Mediterraneo” sottolinea Pannacciulli.
Ai pescatori intervistati è stato chiesto di menzionare la specie che è aumentata in abbondanza o percepita come nuova, cioè mai osservata prima, nelle loro zone di pesca. Sono state menzionate principalmente 75 specie, sia autoctone che esotiche, che si sono adattate al caldo. I due terzi delle specie non autoctone rilevate sono state il pesce palla maculato e il pesce flauto. Tra le specie autoctone maggiormente in espansione verso nord, il pesce serra e il barracuda mediterraneo. “Queste metodiche innovative ci consentono di monitorare in modo semplice e coordinato alcuni effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi costieri del Mediterraneo. Una delle parole chiave di questo approccio è collaborazione non solo tra istituti di ricerca ma anche tra ricercatori e comunità locali, in particolare pescatori e centri di immersione. Inoltre, l’approccio funziona bene sia a livello locale che per un’intera regione geografica come il bacino del Mediterraneo, considerato oggi un hot-spot del cambiamento climatico” ha dichiarato Ernesto Azzurro.