Il cambiamento climatico sta “spostando” i cicloni tropicali
Le concentrazioni di gas serra, l'aumento o diminuzione di aerosol, insieme alle eruzioni vulcaniche, sono in grado di modificare la distribuzione geografica di cicloni, uragani e tifoni
Il cambiamento climatico sta cambiando la distribuzione geografica dei cicloni tropicali, uragani e tifoni. Sebbene il numero dei cicloni che si formano ogni anno sia rimasto stabile negli ultimi 40 anni, secondo uno studio le zone in cui essi si formano sono cambiate. Lo studio condotto dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences arricchisce tutta la letteratura scientifica che da tempo sta cercando di analizzare il complesso legame tra cambiamenti climatici e la formazione dei cicloni, tra i più potenti e distruttivi fenomeni meteorologici della Terra.
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Secondo lo studio il cambiamento climatico ha influenzato la formazione dei cicloni tropicali più che altro nella loro distribuzione geografica. In numero complessivo annuale è rimasto stabile, ma tra il 1980 e il 2018 i cicloni tropicali, hanno interessato sempre più frequentemente il Nord Atlantico, il Mar Arabico, il Golfo del Bengala e il settore centrale dell’Oceano Pacifico settentrionale. Allo stesso tempo, però, se ne sono formati meno sul Pacifico occidentale, sul Pacifico più orientale, a largo delle coste del Messico, e sull’Oceano Indiano meridionale.
«Per la prima volta abbiamo dimostrato che questo cambio della distribuzione geografica dei cicloni non può essere attribuito solamente alle variabili naturali», spiega Hiroyuki Murakami, autore dello studio e ricercatore presso la NOAA.
Queste variazioni geografiche, secondo lo studio, dipendono da tre fattori: i gas serra, gli aerosol e le eruzioni vulcaniche. I gas serra riscaldano l’atmosfera e gli oceani. L’inquinamento atmosferico, il particolato e altri aerosol, aiutano il processo di formazione delle nuvole, capaci di riflettere la luce del sole e abbassare le temperature superficiali degli oceani. Un calo dell’inquinamento atmosferico, al contrario, fa aumentare la temperatura degli oceani, ingrediente principale per la formazione dei cicloni tropicali.
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Secondo lo studio la diminuzione di aerosol derivanti da attività umane è uno dei motivi dietro all’aumento del numero di cicloni tropicali sul Nord Atlantico negli ultimi 40 anni. Ma, entro la fine del secolo, questa tendenza potrebbe ribaltarsi e il numero di cicloni sul Nord Atlantico potrebbe diminuire per effetto dei gas serra.
Anche le eruzioni vulcaniche contribuiscono a modificare la distribuzione globale dei cicloni tropicali. Le eruzioni del vulcano El Chichón in Messico nell’82 e di Pinatubo nelle Filippine nel ’91 hanno favorito un raffreddamento dell’emisfero settentrionale e lo slittamento più a sud dell’attività dei cicloni per un paio di anni. Dal 2000, però, l’attività nell’emisfero settentrionale si è ripristinata ed è aumentata.
Ma cosa succederà in futuro?
In futuro il numero complessivo di cicloni tropicali potrebbe quindi diminuire per effetto dei gas serra. Entro la fine del 21esimo secolo il numero di cicloni annuali dovrebbe diminuire ad una media di 69 all’anno, da una media di 86 all’anno negli ultimi 40 anni. Le proiezioni a lungo termine quindi indicano che il numero di cicloni dovrebbe diminuire quasi su tutti gli oceani, esclusa la zona del Pacifico attorno alle Hawaii.
Questo perché il riscaldamento dell’alta atmosfera e degli oceani dovrebbe favorire una maggiore stabilità atmosferica, ma con un rovescio della medaglia: secondo gli esperti, infatti, i cicloni potrebbero infatti diventare mediamente più intensi e distruttivi.