L’anno nero dei Ghiacciai delle Alpi: nell’estate 2022 perdite fino ad ora impensabili
Studi nazionali e internazionali confermano la drammaticità della condizione dei ghiacciai alpini: la perdita di massa subita durante l'estate non ha precedenti ed talmente fuori scala da essere quasi impossibile
Il 2022 è l’anno nero per i ghiacciai delle Alpi: le condizioni meteo-climatiche dell’anno in corso hanno colpito duramente i ghiacciai alpini. Il racconto della disfatta dei ghiacciai alpini arriva da contributi e studi italiani e svizzeri. A favorire al velocissimo arretramento dei ghiacciai quest’anno sono stati gli scarsissimi apporti di neve dello scorso inverno, l’arrivo di grandi quantità di polvere di sabbia dal Sahara e l’estate più calda per l’Europa dal 1979.
Basterebbero 17 estati così per dire addio ai ghiacciai delle Alpi
Giovanni Baccolo di Storie Minerali ha fatto il punto della pesantissima situazione alpina di quest’anno: “l’estate 2022 è stata un massacro per i ghiacciai delle Alpi. I ghiacciai alpini hanno attraversato l’estate più rovinosa delle ultime migliaia di anni. Dimenticando la non-linearità del processo (e non si dovrebbe) si può dire che basterebbero 17 estati come quella che abbiamo appena vissuto per cancellare tutti i ghiacciai delle Alpi. Prima di alimentare evitabili incomprensioni: questo numero, 17, è esagerato perché non tiene conto del fatto che i ghiacciai più in quota sono più resistenti al cambiamento climatico di quelli a bassa quota, oggi epicentro del dissanguamento glaciale. Nonostante sia eccessivo e non troppo accurato da un punto di vista scientifico, è comunque un numero che fa riflettere. Ricorda che la scomparsa dei ghiacciai non è un tema che riguarda un futuro indefinito, è qui e ora“.
Nel trimestre estivo i ghiacciai della Svizzera si sono ritirati a tassi record: qui l’ultima stagione di fusione ha comportato una perdita di superficie glaciale pari al 6% del totale. Tutti i precedenti record di scioglimento dei ghiacci sono stati infranti da questo 2022, segnato da una grande scarsità di neve in inverno e dalle continue ondate di caldo in estate.
L’estate 2003 è niente in confronto a quella del 2022: i ghiacciai in Svizzera hanno perso il 6% del loro volume, valore impensabile fino ad oggi
Ricordiamo tutti la terribile estate del 2003, in cui le estese e intense ondate di caldo hanno fatto decine di migliaia di morti in tutta Europa. Ecco, quell’estate i ghiacciai hanno sofferto di meno. I tassi di fusione raggiunti nell’estate 2022 – spiega in uno studio la Commissione Criosferica (CC) dell’Accademia svizzera delle scienze – hanno battuto quelli del 2003: i ghiacciai hanno perso circa 3 chilometri cubi di ghiaccio quest’anno, più del 6 per cento del volume rimanente. Prima d’ora si considerava come “estrema” una perdita del 2 per cento. La perdita media di profondità del ghiaccio in Svizzera è stata di circa 3 metri, con punte oltre i 4 metri.
Oltre al caldo eccessivo e alla grave mancanza di nevicate invernali, le Alpi – così come i Pirenei – hanno ricevuto una grande quantità di pulviscolo di sabbia del Saraha, sospinto dai venti meridionali verso l’Europa soprattutto tra Marzo e Maggio. Perché è importante? Il pulviscolo sahariano, di colore giallo-arancione, depositandosi sulla candida neve e sul ghiaccio accelera il processo di fusione: viene meno infatti l’effetto albedo, che permette ai ghiacci di non assorbire il calore proveniente dai raggi solari. Questi eventi hanno infatti eroso lo strato protettivo invernale, esponendo i ghiacciai al caldo e al sole già ad inizio estate. Secondo gli esperti, il poco manto nevoso caduto tra novembre e dicembre 2021 è svanito un mese prima del solito: a inizio giugno.
Lo zero termico ha raggiunto altezze impressionanti sulle Alpi, e le ha mantenute per lunghi periodi di tempo. Alla stazione posta sul passo francese di Jungfraujoch (3571 m), la temperatura è rimasta oltre lo zero per oltre il 40% dell’estate, contro una media del 25%. Gli esperti del servizio di Monitoraggio dei Ghiacciai in Svizzera (GLAMOS) ha paragonato quanto successo ai ghiacciai nel 2022 ad un uragano dalla forza devastante, una tempesta perfetta: “la perdita di massa è talmente al di là della variabilità storica (1961-2021) che, statisticamente, è praticamente impossibile“.
Caldo anomalo e siccità ad oltranza: l’autunno 2022 resta ostaggio dell’anticiclone nord-africano
La situazione Svizzera riflette quella italiana, e nell’arco dell’ultimo anno abbiamo raccontato le anomalie che hanno segnato, stagione dopo stagione, il tempo anche in Italia. L’inverno 2021-2022 per l’Italia è stato particolarmente avaro di pioggia e di neve su tutto il nostro territorio, portando molte regioni in condizione di siccità prolungata. A metà febbraio 2022 l’entità del manto nevoso era prossimo ai minimi su tutto l’arco alpino, con punti minimi dell-80% rispetto alle medie. Studi hanno confermato che la tendenza è questa: la neve in montagna è sempre più scarsa e dura 2 settimane in meno rispetto agli anni Ottanta.
Durante l’estate i ghiacciai si sono ritirati ad un ritmo eccezionale: la stagione è stata anche segnata dalla tragedia del collasso del ghiacciaio della Marmolada avvenuto il 3 luglio.
Il periodo gennaio-settembre è stato il più caldo mai registrato in Italia (+1,3°C): il 2022 è sulla strada per diventare l’anno più caldo dall’inizio delle registrazioni. La pioggia, nel frattempo, continua a mancare. Secondo gli ultimi dati elaborati da Meteo Expert manca ancora il 26% della pioggia a livello nazionale (nel periodo gennaio-settembre). L’inizio dell’autunno meteorologico, una stagione normalmente molto piovosa, non poteva essere più avaro di piogge specie nei settori maggiormente colpiti dalla siccità, ovvero le regioni di Nord-Ovest, dove nei primi 9 mesi dell’anno è caduta solo la metà della pioggia.
Il persistere dell’anticiclone africano sull’Italia e l’Europa nel mezzo dell’autunno, una configurazione meteorologica che d’estate avrebbe dato vita ad una intensa ondata di caldo, non solo sta bloccando le perturbazioni atlantiche, ma sta anche facendo schizzare in alto lo zero termico, che sulle Alpi ha raggiunto più volte quote superiori ai 3500 metri, fino a punte di 4000 metri. Una condizione, questa, che quindi aggrava ulteriormente lo stato di salute dei ghiacciai alpini, esposti anche nel cuore dell’autunno a temperature esagerate e ad una prolungata assenza di nevicate preziose.