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Report artico 2020: stagione di incendi particolarmente intensa e ghiaccio marino in forte sofferenza
L'anno 2020 è stato estremamente caldo su molte regioni, caratterizzato da una stagione di incendi particolarmente intensa e ghiaccio marino artico in forte sofferenza
A confermare l’andamento del 2020 è stato l’istituto di ricerca per l’Artico Danese attraverso il suo report annuale. Ci sono state forti differenze regionali, con l’area della costa Siberiana fino all’artico centrale che ha sperimentato una temperatura annuale record di 5 gradi superiore rispetto alla media 1980-2010 mentre temperature leggermente sotto media si sono avute in Alaska, Canada e Groenlandia.
L’analisi del report artico 2020
Durante l’anno appena trascorso, l’Artico, ed in particolare la zona orientale che si estende dalla penisola scandinava fino alla penisola russa della Kamchatka, ha sperimentato per la gran parte dell’anno temperature di gran lunga superiori alla media climatica. Gran parte della Siberia artica ha mostrato anomalie positive di temperatura annuale di almeno 3 °C rispetto alla media 1981- 2010, con le zone costiere centrali e parte dell’oceano Artico che hanno toccato temperature superiori a 10°C rispetto ai valori medi nel mese di Novembre (Fig. 1), chiudendo l’anno con un’anomalia positiva di ben 5° C.
Sempre in questa regione, ed in particolare nella città siberiana di Verkhoyansk, il 20 giugno 2020, è stato stabilito un nuovo record di temperatura per le zone a nord del circolo polare artico, che ha raggiunto i 38°C durante una prolungata ondata di caldo. Gli fanno eco altri record di caldo estivi che sono stati registrati in tutto il settore a nord della penisola scandinava nella porzione di oceano occupata dalle isole Svalbard.
Temperature costantemente elevate, accompagnate da un clima asciutto, sono state la causa principale del record di incendi nella Siberia orientale, che hanno contributo a rendere il 2020 l’anno con più incendi boschivi a nord del circolo polare artico dal 2002 ad oggi.
Tale primato è ancora più eccezionale se si considera il fatto che gran parte dell’Alaska, Canada e Groenlandia ha sperimentato una stagione di incendi decisamente sotto media, dovuta a un clima che in queste zone si è mantenuto decisamente fresco e umido per tutto l’anno, con anomalie annuali di temperatura di circa un grado inferiore alla media.
Complessivamente, l’estensione minima raggiunta dal ghiaccio marino artico (4.3 milioni di km quadrati) nel Settembre 2020 è seconda solo al 2012, nella serie storica 1979-2020, facendo registrare record negativi nei mesi di Aprile, Luglio e Ottobre. L’estensione della banchisa si è mantenuta particolarmente sotto media lungo tutta la costa siberiana ed il passaggio a nord-est è stato privo di ghiaccio da luglio a ottobre. La stagione di ricongelamento in queste zone, come accaduto nel 2019, è iniziata più tardi del previsto, specialmente a causa di temperature oceaniche di 3-4°C al di sopra della media influenzate dalla componente atmosferica, foriera di temperature elevate e condizioni asciutte, che hanno favorito un forte e costante irraggiamento solare.
Nonostante un’annata non particolarmente calda a nord dell’Oceano Atlantico, con precipitazioni nella media, tuttavia la Calotta Glaciale Groenlandese ha fatto registrare una perdita annuale di 152 Giga tonnellate di ghiaccio. Tale valore è perfettamente in linea con il trend generale registrato dagli anni 90 (Figura sottostante, linea rossa), che vede i bilanci annuali della calotta quasi costantemente negativi e una perdita di ghiaccio stimata per il periodo 2002-2019 che ammonta a 4261 Giga tonnellate e corrisponde a circa 1cm di innalzamento del livello medio dei mari.
Tuttavia il bilancio negativo del 2020 è di gran lunga minore rispetto all’anno precedente, che ha chiuso con un valore di -320 Giga tonnellate. Tale differenza è da ricondurre a fattori meteo-climatici differenti che hanno influenzato le due stagioni estive. Infatti l’estate 2020, e in particolare il mese di Agosto, è stato caratterizzato da condizioni fredde e intense nevicate che hanno smorzato lo scioglimento estivo. Al contrario, l’estate 2019 si è contraddistinta per lunghi periodi di alta pressione che hanno favorito temperature costantemente sopra media e forte soleggiamento, che a loro volta hanno determinato un marcato aumento del grado di fusione della calotta.