Il boom dei progetti commerciali di piantumazioni di alberi negli ecosistemi tropicali minaccia le specie autoctone
Secondo uno studio molte iniziative di compensazione del carbonio attraverso piantumazioni di alberi monocolturali minacciano la biodiversità
La crescente minaccia determinata dai cambiamenti climatici stimola l’impegno globale a raggiungere emissioni nette pari a zero entro la metà di questo secolo. Per raggiungere un equilibrio tra la riduzione delle fonti di emissione e il miglioramento dei pozzi di assorbimento dei gas serra, il sequestro del carbonio a livello terrestre è visto come un’importante strategia per compensare le emissioni, soprattutto attraverso soluzioni basate sulla natura. Si è così verificato un boom del numero di progetti commerciali di piantagioni di alberi negli ecosistemi tropicali con flussi finanziari significativi dai settori privati e pubblici verso progetti di compensazione del carbonio.
Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Trends in Ecology & Evolution, i programmi che prevedono la piantumazione di alberi monocolturali stanno però minacciando la biodiversità tropicale e offrono solo modesti benefici climatici. Ad esempio la crescente diffusione delle piantagioni commerciali di pino, eucalipto e teak ai tropici per la compensazione del carbonio sta avendo conseguenze indesiderate, come il prosciugamento degli ecosistemi nativi, l’acidificazione dei suoli e lo spiazzamento delle piante autoctone. Secondo questi studiosi bisogna esortare i governi a dare priorità alla conservazione e al ripristino delle foreste autoctone rispetto alle monocolture commerciali: piantare fasce di alberi non autoctoni nelle regioni tropicali minaccia in modo importante sia la flora che la fauna.
“Nonostante l’ampia gamma di funzioni e servizi forniti dagli ecosistemi tropicali, la società ha ridotto il loro valore a un solo parametro: il carbonio. Si ritiene generalmente che la massimizzazione delle riserve di carbonio permanenti avvantaggi anche la biodiversità, la funzione dell’ecosistema e aumenti i benefici collaterali socioeconomici, ma spesso non è così” si legge nel rapporto.
La piantumazione di alberi è stata considerata uno strumento importante per mitigare il riscaldamento globale, con decine di iniziative pubbliche e private per aumentare rapidamente la copertura forestale in tutto il mondo e raggiungere obiettivi di zero emissioni nette. Tuttavia, la ricerca indica che il beneficio ambientale dipende fortemente dalla portata, dal tipo di ripristino e richiede enormi aree di terreno. Uno studio del 2019 ha stimato che consentire la rigenerazione delle foreste naturali potrebbe restituire 40 volte più carbonio delle piantagioni. Jesús Aguirre-Gutiérrez, ecologista all’Università di Oxford che ha diretto lo studio ha dichiarato che il gruppo di scienziati ha deciso di portare alla luce queste problematiche dopo aver assistito all’aumento delle piantagioni commerciali nei tropici.
“La piantumazione di alberi non dovrebbe essere vista come un’alternativa alla rapida riduzione delle emissioni di combustibili fossili. Svolgiamo molte ricerche sul campo ai tropici per studiare cosa sta succedendo con il cambiamento climatico e abbiamo visto di persona il boom di queste piantagioni: teak, conifere ed eucalipto, solo una o due specie. Questi progetti sono un vantaggio per l’azienda che pianta questi alberi, ma non per la biodiversità. Naturalmente le piantagioni sono necessarie per i prodotti di carta e legno di cui la società ha bisogno, ma ribattezzare le piantagioni industriali come compensazioni di carbonio è ancora un altro problema del mercato non regolamentato delle compensazioni di carbonio” ha affermato Simon Lewis dell’University College di Londra.
Il documento stima che per sequestrare un anno di emissioni dovrebbe essere piantata una piantagione delle dimensioni di Stati Uniti, Cina, Russia e Regno Unito messe insieme. Sebbene le piantagioni siano spesso più sostenibili dal punto di vista economico rispetto alle foreste esistenti, viene sottolineato che spesso sostengono un livello inferiore di biodiversità. Ad esempio, nella savana brasiliana del Cerrado, un aumento del 40% della copertura boschiva ha ridotto la diversità delle piante e delle formiche di circa il 30%.