Inquinamento acustico, incendi e alterazione dei ritmi naturali: le tre “Frontiere” dell’Unep
Tra i problemi più importanti secondo l’Unep ci sono inquinamento acustico, incendi e alterazione dei ritmi naturali. L’ultimo rapporto “Frontiere” a cura del Programma Ambientale delle Nazioni Unite ha posto l’accento su queste tre problematiche di natura locale e globale, affiancandone le possibili soluzioni pratiche.
Inquinamento acustico: un problema ancora sottovalutato
L’inquinamento acustico è particolarmente elevato nelle grandi città e, così come avviene per lo smog, una esposizione prolungata a questo tipo di stress può avere conseguenze sulla sfera mentale e fisica delle persone. Suoni insistenti e dal volume elevato, disturbano il sonno, creano mal di testa e, secondo molti studi, portano allo sviluppo di ipertensione, problemi cardiaci, diabete e problemi irreversibili all’apparato uditivo.
In Europa l’esposizione prolungata all’inquinamento acustico contribuisce ogni anno a 12 mila morti premature e a 48 mila casi di ischemia cardiaca. Sono tantissime le persone esposte a questo tipo di inquinamento: tutti gli abitanti di Barcellona, ma anche di New York o del Cairo. A New York, ad esempio, il 90% dei pendolari è esposto a suoni più alti di 70dB. Ma accade anche a coloro che per spostarsi in città usano spesso la bicicletta. L’inquinamento acustico non crea solo problemi alla nostra salute, ma anche agli animali che vivono vicino all’uomo, come uccelli, rane e insetti, e che faticano a comunicare tra loro.
Le misure per ridurre l’inquinamento acustico riguarda principalmente l’aumento del verde in città: piantare alberi e cespugli può aiutare ad assorbire l’eccesso di suono, e, se ben posizionati, possono togliere circa 12 dB. La creazione di giardini o cortili riparati può essere d’aiuto per chi ha bisogno di uno spazio tranquillo. Servirebbe un piano generale per ridurre il transito di automobili a favore delle molto meno rumorose e molto meno inquinanti biciclette.
Pericolo incendi sempre più elevato
Il problema degli incendi, già molto attuale, diventerà ancora più critico nel prossimo futuro. I cambiamenti climatici stanno modificando l’andamento delle piogge, esponendo molti territori a prolungate siccità, con un crescente rischio di incendi boschivi.
Durante le ultime caldissime e secchissime estati, molte zone della costa ovest degli Stati Uniti sono state raggiunte dalle fiamme. Gli incendi sviluppati qui sono stati tra i più vasti e distruttivi della storia. E lo stesso sta accadendo in Europa e in Italia, mettendo in pericolo la vita di molti.
I roghi mettono a rischio la biodiversità del territorio e le cicatrici lasciate dai vasti incendi, inoltre, modificano il territorio e la sua risposta agli eventi meteorologici. Lo dimostra quanto successo recentemente tra Stati Uniti e Canada. Inoltre dagli incendi viene inoltre sprigionata una “nube” di inquinanti atmosferici, come il nero carbone, il particolato fine e i gas serra, che può raggiungere migliaia di chilometri di distanza.
Il problema dei roghi è quindi di primaria importanza nei prossimi anni. L’intervento dell’uomo sul territorio, inoltre, sta cambiando il comportamento degli incendi: parliamo dell’espansione agricola, dello sviluppo urbano, dell’introduzione di specie aliene, della deforestazione e della cattiva gestione boschiva. Questo ha fatto sì che i roghi si sviluppassero anche in zone prima difficilmente a rischio.
Anche la crisi climatica sta interferendo con lo sviluppo di incendi boschivi, spesso accesi dai fulmini dei temporali. Inoltre, in Australia, Europa e Nord America si è notato un netto aumento di temporali nati dagli incendi. Si tratta di un fenomeno possibile solo durante incendi particolarmente grandi e intensi, chiamati incendi di sesta generazione.
Per tutti questi motivi è necessaria un’azione concreta sul territorio per migliorare la resistenza degli ecosistemi e delle comunità locali. Secondo l’Unep serve migliorare piani e politiche di risposta, promuovere la cooperazione internazionale, garantire una gestione territoriale più attenta e utilizzare le strumentazioni moderne per prevenire i rischi.
Disallineamenti fenologici, cosa sono e perché sono importanti?
La crisi climatica sta cambiando i ritmi naturali, promuovendo un disallineamento della fenologia. La fenologia si riferisce a quegli eventi periodici che si verificano nel ciclo di vita biologico. La puntualità, ma soprattutto, il coordinamento dei cicli è fondamentale per la sopravvivenza delle specie. Senza abbastanza cibo a disposizione, gli uccelli no potranno nutrire gli uccellini nel nido. Insetti e uccelli devono essere attivi nel periodo di fioritura delle piante per permettere l’impollinazione. Gli animali che cambiano il colore della loro pelliccia o delle loro piume devono approfittare dell’ambiente circostante in cui mimetizzarsi.
Questo delicato equilibrio è in pericolo. La crisi climatica, amplificata dalle attività umane, sta anticipando o posticipando queste fasi, mettendo in difficoltà gli ecosistemi. L’effetto del cambiamento climatico è già stato osservato sulla migrazione degli uccelli, sulla riproduzione, e sul ciclo di nascita delle foglie, dei fiori e dei frutti.
Il disallineamento si sta verificando su scala globale, dai poli fino alle acque degli oceani. La temperatura è infatti uno dei fattori più importanti nel ciclo vitale, e il riscaldamento del clima è troppo rapido da permettere a piante e animali di adattarsi.
Il ritmo biologico fa fatica a seguire il cambiamento climatico: le variazioni stagionali non permettono alle coltivazioni di dare il massimo, con un conseguente calo della produttività globale.
Come possiamo affrontare questo problema? Secondo l’Unep è necessario ripristinare gli habitat naturali, conservare la biodiversità, incoraggiare la connessione e la diversità ecologica attraverso dei “ponti verdi”, ridimensionare le zone protette in base alle nuove aree abitate dalle specie animali.
Queste soluzioni sono comunque solo palliative: la vera sfida sta nella nostra capacità, nei prossimi decenni, di frenare efficacemente emissioni e quindi cambiamenti climatici.