L’Amazzonia, il polmone verde del nostro Pianeta è in forte difficoltà: sta perdendo la sua naturale resilienza
Le emissioni di carbonio superano la sua capacità di assorbirlo, immagazzinarlo e il 2022 è stato tragico, caratterizzato da una deforestazione record
In base ai dati rilevati dagli studiosi di Imazon, un istituto di ricerca brasiliano la cui missione è promuovere la conservazione e lo sviluppo sostenibile dell’Amazzonia, il 2022 è stato tragico. Si tratterebbe del quinto anno consecutivo di deforestazione record con il più alto livello degli ultimi 15 anni. Le immagini satellitari hanno evidenziato una perdita della copertura vegetale di 10573 km² equivalenti a quasi 3000 campi da calcio al giorno. Questo livello di deforestazione è il più alto dal 2008, quando Imazon ha iniziato a monitorare l’area; negli ultimi 4 anni la perdita di foreste in Amazzonia è stata di 35193 km², con un incremento di quasi il 150% rispetto al quadriennio precedente (2015-2018) quando furono devastati 14424 km².
La foresta pluviale amazzonica è la più grande del mondo, considerata da sempre uno degli ecosistemi più vulnerabili e critici per garantire l’equilibrio dei cicli del carbonio e dell’acqua, nonché degli habitat di circa un terzo delle specie viventi finora note. Il suo ecosistema viene studiato da decenni; una scienziata brasiliana, Luciana Vanni Gatti, nel 2021 su Nature aveva evidenziato che la concentrazione di carbonio nell’atmosfera amazzonica aumenta negli strati d’aria più vicini alle chiome, contrariamente a quanto sempre creduto. Il dato è preoccupante perché indica che le emissioni di carbonio della foresta superano la sua capacità di assorbirlo e immagazzinarlo. Espandendo le misurazioni sull’80% della foresta, la scienziata ha calcolato un’emissione netta di circa 300 milioni di tonnellate di carbonio l’anno, ovvero quanto produce la Francia nello stesso arco di tempo. L’Amazzonia da sempre denominata “il polmone verde del Pianeta” sta quindi morendo più di quanto cresce.
Alcuni scienziati ritengono che l’anno critico sia stato il 2015 in cui l’elevata siccità ha determinato la peggiore stagione degli incendi mai registrata, con un rilascio di 500 milioni di tonnellate di carbonio in atmosfera. Le popolazioni locali, come da tradizione indigena, da sempre accendono piccoli roghi per ripulire e fertilizzare i campi e la forte umidità della foresta ne ha sempre impedito la diffusione; la grande siccità del 2015 ha però fatto sì che fiamme alte fino 2-3 metri sfuggissero al controllo degli agricoltori e si propagassero per chilometri, trasformando la rigogliosa flora in fumo e cenere. Anche dopo il 2015 la superficie percorsa degli incendi è stata superiore alle medie e la foresta ha continuato a rilasciare più carbonio di quello assorbito: gli incendi di quell’anno potrebbero quindi aver definitivamente alterato l’Amazzonia, facendole perdere la sua naturale resilienza.
Oltre a gravi conseguenze per decine di migliaia di specie e per i milioni di persone che ci vivono, che diventerebbero così dei veri e propri rifugiati climatici, il degrado di questo ecosistema determinerebbe effetti a catena su scala globale. Si stima che ad esempio se tutto il carbonio immagazzinato nella foresta amazzonica fosse rilasciato, circa 120 miliardi di tonnellate equivalenti a tre anni di emissioni antropiche globali, la temperatura media del Pianeta aumenterebbe di 0.3 °C, il che renderebbe impossibile raggiungere accordi globali come quello di Parigi.
“Speriamo che questo sia stato l’ultimo record di deforestazione segnalato dal nostro sistema di monitoraggio satellitare, poiché il nuovo governo ha promesso di dare priorità alla protezione dell’Amazzonia. Ma, perché ciò avvenga, la gestione deve ricercare la massima efficacia nelle misure per combattere la devastazione, come alcune già annunciate, dalla delimitazione delle terre indigene, la ristrutturazione degli organismi di controllo e l’incentivo a generare reddito con la foresta permanente” queste le parole di Bianca Santos, ricercatrice di Imazon. Con la presidenza Bolsonaro tutto sembrava perduto ma il recente insediamento di Lula da Silva dà speranza: nella sua scorsa presidenza (2003-2011) la deforestazione era calata di 2/3; ci si augura che il “Pacchetto Amazzonia” con cui ha recentemente presentato una serie di misure per proteggere e ripristinare l’ecosistema possa essere sufficiente.