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Antartide, la fusione del permafrost genera più emissioni del previsto

A fornire per la prima volta una stima delle emissioni provocate dalla fusione del suolo ghiacciato in Antartide è stato un progetto italiano

La fusione del permafrost dell’Antartide sta già provocando importanti emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera. Finora il fenomeno è stato studiato soprattutto nell’emisfero nord ma una missione italiana ha confermato che si sta verificando anche in Antartide, fornendo per la prima volta una stima delle emissioni provocate dalla fusione del suolo ghiacciato al Polo Sud.

Cos’è il permafrost e dove si trova

Il permafrost è un terreno tipico delle regioni molto fredde: si trova in particolare nell’Artico e in Antartide, ma anche a quote molto alte in montagna. Si tratta di un terreno perennemente gelato – rimane a 0 °C o al di sotto per almeno due anni – ed è formato da ghiaccio, suolo, rocce e sedimenti. Secondo le stime, i suoi strati più profondi si sono sviluppati tra 10 mila e 1,8 milioni di anni fa, e sono ricchi di gas e materiale organico.
Per questo, la fusione del permafrost desta preoccupazioni non solo in relazione alle emissioni di gas serra ma anche per il rischio che da questi terreni emergano anche sostanze pericolose, virus o batteri che ancora non conosciamo. Aumentano inoltre l’erosione delle coste e il rischio di frane e crolli, e in alcune zone si sta già assistendo alla formazione di nuovi laghi.

In Antartide il disgelo del permafrost rilascia più gas serra del previsto

A fornire per la prima volta una stima delle emissioni generate dalla fusione del permafrost in Antartide è stato il progetto SENECA (SourcE and impact of greeNhousE gasses in AntarctiCA), finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide e coordinato da Livio Ruggiero, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con la Nuova Zelanda.

antartide progetto seneca
Fonte: progetto SENECA

Finora gli studi sul permafrost si erano concentrati soprattutto nel Polo Nord, mentre per la prima volta la missione italiana si è posta l’obiettivo quello di fare luce su quello che succede in Antartide. Gli scienziati hanno lavorato su un’area di oltre 20 km quadrati, valutando le concentrazioni dei gas serra e la loro emissione dovuta al disgelo, per comprendere meglio come questo fenomeno possa influenzare la crisi climatica in corso.
Dai risultati della ricerca è emerso che i gas serra rilasciati dal permafrost antartico sono più abbondanti del previsto.

«Finora si riteneva che l’Antartide, dove aree non coperte da neve o ghiaccio sono limitate ma destinate a crescere, non emettesse gas serra, ma abbiamo osservato che non è così», ha spiegato Livio Ruggiero all’ANSA. «Non si tratta di grandi volumi come avviene invece nell’emisfero nord ma le emissioni dell’Antartide non erano mai state prese in considerazione dei modelli climatici».

In particolare, i ricercatori hanno trovato concentrazioni significative di anidride carbonica, metano ed elio. Secondo le loro stime nell’intera area vengono emesse circa 15 tonnellate di CO2 al giorno, più del doppio di quanto era stato ipotizzato dagli studi precedenti.

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Redazione

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