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Cibo e clima: il solo consumo di carne, latticini e riso ci farà superare la soglia di 1,5°C

Come e quanto la nostra dieta pesa sul riscaldamento globale? Uno studio ha analizzato le emissioni future: senza un cambiamento, entro fine secolo la nostra alimentazione potrebbe far aumentare le temperature globali di 1°C in più rispetto ad oggi

Il riscaldamento globale e il clima del futuro dipenderanno molto da come l’umanità riuscirà a gestire ogni aspetto della sua vita, incluso il consumo di cibo. La produzione e il consumo degli alimenti infatti è una delle principali fonti di emissioni di gas ad effetto serra: secondo uno studio pubblicato su Nature il consumo alimentare potrebbe aggiungere al riscaldamento globale 1°C in più entro il 2100. In particolare, la gran parte (75%) dell’aumento della temperatura globale stimata entro fine secolo potrebbe derivare da alimenti come la carne dei ruminanti, dai latticini e dal riso, tutti alimenti che generano alte emissioni di metano.

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Cambiare dieta: il clima del futuro dipenderà anche da cosa mangiamo

Secondo gli studiosi è tempo di ripensare all’impatto che la produzione e il consumo del cibo che oggi mangiamo hanno e avranno sull’ambiente e sul Pianeta. In questi ultimi anni il mondo finalmente si è accorto del grande cambiamento richiesto per limitare l’aumento delle temperature globale: per non cambiare il clima, dobbiamo cambiare noi e le nostre abitudini, anche a tavola.

Stiamo vivendo l’inizio di una trasformazione che sta già riguardando molti settori della nostra economia, e che dovrà necessariamente riguardare anche quella alimentare. Secondo gli scienziati, infatti, se cambiassimo in meglio la nostra dieta riusciremmo a tagliare del 55% il riscaldamento globale previsto a fine secolo. 

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I gas ad effetto serra principali, derivanti dalla produzione del cibo sono il metano, gli ossidi di azoto e l’anidride carbonica. Quasi la metà delle emissioni di metano derivano dal settore agricolo, e questo gas pesa per il 29% sul riscaldamento globale complessivo. L’agricoltura genera anche due terzi delle emissioni di ossidi di azoto (che pesa per un 5% sul riscaldamento globale), e il 3% delle emissioni di CO2 antropiche. L’anidride carbonica contribuisce per il 46% al riscaldamento globale.

Stando allo studio dunque il settore agricolo sarebbe responsabile di circa il 15% dei livelli di riscaldamento attuali. Ad oggi, però, solo un terzo dei Paesi del Mondo considera di attuare misure in questo settore tra i piani di mitigazione delle proprie strategie climatiche.

Sempre più bocche da sfamare

In futuro la popolazione umana è destinata ad aumentare ancora, e più persone ci saranno, più bocche avremo da sfamare. Secondo gli studiosi, se mantenessimo lo status quo e continuassimo a mangiare come oggi, entro il 2100 solo con l’aumento della popolazione globale ci troveremmo di fronte ad un aumento della temperatura globale stimato tra i 0,7 e 0,9 gradi. In questo scenario, dunque, dato che abbiamo già superato la soglia di 1°C del riscaldamento globale rispetto ai livelli preindustriali, ci troveremmo già a superare la soglia di 1,5°C, anzi, saremmo vicini ai 2°C di riscaldamento del Pianeta.

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Anidride carbonica, metano e ossido di azoto hanno un effetto diverso sul riscaldamento globale. Rispetto alla CO2, il metano ha un “potere riscaldante” circa 100 volte maggiore, ma un arco di vita di una decina di anni. L’ossido di azoto, a parità di massa, invece ha un potere riscaldante addirittura 250 volte superiore a quello della CO2 e perdura in atmosfera per circa un secolo.

Le strategie di mitigazione per ridurre l’impatto della dieta sul riscaldamento globale

Come potremmo dunque ridurre le emissioni derivanti dal consumo di cibo? Secondo gli studiosi ci sono diverse strategie di mitigazione che potremmo mettere in campo per tagliare il più possibile le emissioni della nostra alimentazione futura. Potremmo innanzitutto ridurre gli sprechi e gli scarti, sia nei processi di vendita al dettaglio, sia nelle nostre case. Con una riduzione del 50% degli sprechi alimentari si potrebbero già vedere piccole differenze a fine secolo. Dovremmo poi decarbonizzare la produzione del cibo – insieme al settore dell’energia -, attraverso molteplici strategie, come ad esempio spostare le coltivazioni in zone climaticamente più adatte. Questo intervento potrebbe contribuire per un quarto al taglio delle emissioni a fine secolo.

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A questo si aggiunge l’adozione globale di una dieta più sana e cosciente dell’impatto ambientale. Ci sono studi che dimostrano che una dieta più sana porta benefici non solo alla nostra salute, ma alla salute del Pianeta. Ridurre il consumo di carne rossa, limitare il consumo di carne bianca, pesce e uova potrebbe fare la differenza nelle emissioni complessive. Secondo lo studio un calo del consumo di questi alimenti in Paesi come Stati Uniti e Spagna avrebbe un impatto simile sul lungo periodo, anche se in altri Paesi – dove oggi l’alimentazione non è basata su questi alimenti ad alte emissioni – il consumo dovesse aumentare.

L’implementazione di tutte queste strategie di mitigazione potrebbero ridurre di oltre la metà il riscaldamento globale entro il 2100. Un risparmio di 0,5°C sul trend – comunque in crescita – stimato a fine secolo. L’80% del riscaldamento previsto dipende dal consumo di carne, riso e latticini, alimenti che generano alte emissioni di metano. Dovremmo iniziare a ridurre da subito il loro consumo.

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Redazione

Redazione giornalistica composta da esperti di clima e ambiente con competenze sviluppate negli anni, lavorando a stretto contatto con i meteorologi e i fisici in Meteo Expert (già conosciuto come Centro Epson Meteo dal 1995).

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