Le piante si stanno «riprogrammando» per rispondere ai cambiamenti climatici, con conseguenze che riguardano anche noi
A causa dei cambiamenti climatici, negli ultimi anni le piante sono diventate più piccole, più basse, più resistenti alla siccità e meno produttive
I cambiamenti climatici influiscono anche sulla forma delle piante e dei loro frutti, che negli ultimi anni ha subito modifiche notevoli. È quanto emerge da una ricerca dell’Università del Minnesota e della Western University in Ontario, Canada, pubblicata di recente sulla rivista Global Change Biology.
Sotto accusa in particolare la minore presenza di acqua nell’atmosfera (nello specifico, i ricercatori hanno analizzato il deficit di pressione del vapore, ovvero la differenza tra la quantità di umidità nell’aria e la quantità di umidità che l’aria può trattenere quando è satura), conseguenza proprio dei cambiamenti climatici, che è stata registrata in tutto il mondo fin dai primi anni Duemila. Negli ultimi anni questo fenomeno ha fatto osservare un ulteriore aumento, e secondo i ricercatori nei prossimi decenni continuerà a crescere, di pari passo con l’intensificarsi dei cambiamenti climatici.
L’effetto sulle piante è già ben evidente, anche quando sono coltivate e ben irrigate: «si stanno “riprogrammando”», spiegano i ricercatori dell’Università del Minnesota, diventando più piccole, più basse e più resistenti alla siccità.
Le conseguenze coinvolgono anche noi: gli agricoltori devono utilizzare quantità maggiori di acqua, la produttività delle piante diminuisce, e cala anche la quantità di CO2 che assorbono per la fotosintesi.
Walid Sadok, che insegna nell’Università statunitense e ha partecipato allo studio, ha avvertito che questo fenomeno, «determinato dai cambiamenti climatici, ridurrà la produttività delle piante e i raccolti, sia in Minnesota sia a livello globale». «In un momento in cui il mondo deve aumentare la produzione per la sopravvivenza di una popolazione sempre più numerosa, questo è un nuovo ostacolo», ha aggiunto.
Danielle Way, fisiologa delle piante e coautrice dello studio presso la Western University, ha sottolineato che la scoperta può essere «sfruttata per prevedere come gli ecosistemi naturali risponderanno ai cambiamenti climatici e gestirli in modo che aumentino la loro resistenza». Secondo i ricercatori, i dati potranno essere utilizzati anche per progettare nuove varietà di colture che si rivelino più resistenti.