Il mondo ha perso più del 30% delle sue foreste a causa dell’uomo. Come invertire il trend
Dopo la fine dell’ultimo periodo glaciale, circa 10000 anni fa, il 57% del mondo abitabile era ricoperto di foreste di cui oggi ne rimangono solo i 2/3 a causa della deforestazione umana, che ne ha causato metà della perdita negli ultimi 100 anni
Dopo il ritiro dei ghiacci dal continente europeo e il miglioramento delle condizioni climatiche, vi è stata una graduale e rapida ripopolazione da parte dell’uomo di tutte quelle aree fino ad ora inaccessibili. Il continuo aumento della popolazione europea è stato accompagnato da una domanda sempre crescente di legname e allo stesso tempo di terreni agricoli per soddisfare il fabbisogno alimentare. Questo processo, un tempo molto lento e circoscritto all’Eurasia e Africa, ha subito una forte accelerazione mondiale nel secolo scorso fino portare alla perdita di circa 1/3 delle foreste globali, passando da 6 a 4 miliardi di ettari, perdendo un’area grande il doppio degli Stati Uniti.
Dopo l’ultima glaciazione, la porzione di terra abitabile, senza grandi cambiamenti nel corso dei secoli, riguarda circa il 71% delle terre emerse. Essa, era composta per il 57% da foreste mentre il restante 42% e 1% da prati/arbusti selvatici ed acqua dolce. Per molti millenni, fino circa al 1700 la perdita di habitat forestale a favore di pascoli e colture è stato molto contenuto. Ciò è dovuto principalmente al fatto che il numero della popolazione globale era ridotto e questo si traduceva in una domanda di cibo e legname ancora abbastanza contenuta. Poi, a partire dal diciannovesimo secolo, un vertiginoso aumento della popolazione ha portato ad una impennata nei tassi di utilizzo di terra per scopi agricoli, che fornisce raccolti per l’uomo e pascoli per il bestiame a scapito di foreste e praterie che hanno perso circa 13% e il 18% del loro areale.
La fine del XX secolo rappresenta invece un importante e cruciale spartiacque. Infatti, mentre metà della perdita totale di foreste si è verificata dall’10.000 a.C. al 1900; l’altra metà è avvenuta solo nel secolo scorso. L’esponenziale aumento della popolazione, la forte industrializzazione e crescita economica di stati prima ritenuti poveri, come al Cina, uniti ad un grosso aumento nel consumo di carne hanno richiesto un costante incremento e la creazione di spazi per terreni agricoli a scapito di habitat naturali. Nel 1950 la superficie agricola era quasi pari a quella forestale: il 43% della superficie abitabile. Nel 2018, questa è aumentato al 46%, mentre le foreste si sono ridotte al 38%.
In questo contesto è utile sottolineare come spesso siamo portati a pensare che le crescenti pressioni sulla terra da parte delle popolazioni moderne, sia dovuto alla cementificazione. Ma il suolo urbano rappresenta solo l’1% del terreno abitabile globale. Quindi l’impronta più grande dell’umanità è dovuta a ciò che mangiamo, e non alla costruzione dei luoghi dove viviamo e lavoriamo.
Come possiamo porre fine alla nostra lunga storia di deforestazione?
La domanda quindi è come e se sia possibile invertire questo trend. La risposta è si. È possibile porre fine alla nostra lunga storia di deforestazione attraverso l’aumento dei raccolti, il miglioramento della produttività e le innovazioni tecnologiche che ci consentono di abbandonare i prodotti alimentari ad alta intensità di terra, insieme ad una dieta povera di carne. Tutto questo ci sta dando e ci darà l’opportunità di porre fine alla distruzione forestale e ripristinare parte della foresta abbiamo perso. Il mondo ha superato il “picco di deforestazione” negli anni ’80 e da allora è in declino. Il miglioramento dei raccolti significa che la domanda pro capite di terreni agricoli continua a diminuire e si spera lo farà anche in futuro. Dal 1961, la quantità di terra che utilizziamo per l’agricoltura è aumentata solo del 7%. Nel frattempo, la popolazione mondiale è aumentata del 147%, passando da 3,1 a 7,6 miliardi. Ciò significa che i terreni agricoli pro capite si sono più che dimezzati, da 1,45 a 0,63 ettari (Fig 2).
Nonostante le Nazioni Unite prevedono che la popolazione mondiale continuerà a crescere, raggiungendo i 10,8 miliardi entro il 2100, ci sono buone ragioni per credere che questo secolo non replicherà il precedente nella distruzione forestale. Le innovazioni, un ritorno e particolare attenzione alla terra da parte dei giovani e una buona educazione alimentare ed ambientale potranno rendere i ragazzi d’oggi, eccellenti consumatori di domani e fautori di proposte innovative in grado di andare nel verso opposto rispetto ciò che accaduto nei millenni e soprattutto nel secolo scorso.
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