L’Università di Bicocca censisce le api milanesi. Lo studio su urbanizzazione e api nell’area metropolitana
I biologi hanno lavorato in quaranta siti, analizzando anche nettari e polline. La cementificazione incide sia sugli impollinatori che sull'ecosistema di impollinazione

Uno studio di un gruppo di ricerca del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca, dal titolo “City climate and landscape structure shape pollinators, nectar and transported pollen along a gradient of urbanization” si è focalizzato su come l’urbanizzazione del paesaggio e del clima influiscano sulla presenza di impollinatori (api selvatiche e sirfidi) e sull’entità di nettare e polline da essi trasportato. La ricerca pubblicata il 2 maggio su Journal of Applied Ecology, rivista scientifica mensile che propone ricerche in tutti i settori della gestione ambientale, mostra come le città e i dintorni diventino laboratori di transizioni ambientali in grado di restituire informazioni sul servizio ecosistemico di impollinazione di una data area utili per la pianificazione e gestione di paesaggi urbani più attenti all’ambiente.

La ricerca che ha avuto anche il supporto di Regione Lombardia nell’ambito del progetto “Pignoletto”, ha dimostrato che la variazione della cementificazione del paesaggio in una regione crea un gradiente di trasformazione del paesaggio dovuto all’urbanizzazione. I biologi hanno lavorato in quaranta siti, dal parco Montanelli al parco Solari, registrando presenze con trappole e retini, analizzando nettari e polline. “Lo abbiamo fatto in un insieme di 40 siti collocati principalmente nella città metropolitana di Milano, da aree seminaturali a basso impatto ad aree con diversi livelli di edificato. Con campionamenti svolti da maggio a luglio del 2019. Gli effetti dell’urbanizzazione sono risultati in generale negativi per la presenza di impollinatori. Le aree suburbane erano le più ricche: le abbondanze di impollinatori hanno raggiunto il picco quando il paesaggio era occupato dal 22% di superfici cementate, con la rilevazione di oltre 100 individui in 24 ore mentre in altre zone il conto si è fermato a 20. Il paesaggio urbano e in particolare alcuni parchi non sono particolarmente friendly per questi insetti. La presenza viene anche influenzata dalla distanza tra le aree verdi e dall’ampiezza del parco urbano: più erano distanti le aree o più era grande il parco, meno erano le api selvatiche e i sirfidi rilevati” queste le parole di Paolo Biella, ricercatore di Ecologia dell’ateneo milanese.

Ci sono parchi cittadini più o meno apprezzati da api e insetti impollinatori. C’è il Parco Nord che è in cima alla lista, con il Segantini e con la Collina dei Ciliegi a Bicocca, mentre il Sempione, il Ravizza e il parco Lambro sono in fondo. Dipende dalla quantità di verde e cemento ma anche dal clima e dalla varietà dei fiori. “Il nostro studio mostra qual’è l’impatto dell’uomo, come reagiscono piante e insetti. E come potremmo migliorare. Se imparassimo a trasformare i nostri parchi potremmo renderli un santuario per gli impollinatori”. Intorno a Milano le maggiori presenze di api sono state rilevate nei parchi di Cesano Boscone, Cuggiono, San Bovio e Vimodrone.

“Abbiamo visto che dove ci sono piccole aree verdi e distanti fra loro ci sono pochi esemplari di impollinatori, non trovano risorse sufficienti per creare popolazioni numerose. Nelle aree dove la temperatura è alta sia in primavera sia in estate, ed è superiore anche di sei gradi rispetto alle aree suburbane, la presenza di api selvatiche e sirfidi cala. Sono sotto stress termico. C’è più zucchero nei nettari delle piante in città, meno consumate dagli impollinatori; il potenziale energetico è superiore. Api e sirfidi però hanno bisogno di nettare e di polline che arrivi da tante piante diverse. E qui mancano prati con tanti fiori. Nel Parco Nord è stato avviato un progetto: si piantano strisce di mix di fiori per nutrire gli impollinatori. È un’azione semplice e può essere utile, sarebbe da replicare in tutti i parchi. Altri interventi possibili? Le foglie andrebbero lasciate per terra fino alla fine dell’inverno perché fanno da cappotto, proteggono il suolo. E sono importanti gli orti cittadini. I nostri parchi sono curati ma non sono ideali per la biodiversità“.