Salute del pianeta

Volatili a rischio: negli ultimi 40 anni l’Europa ne ha perso più di 600 milioni

Un gruppo internazionale di studiosi ha stilato un rapporto molto approfondito sulla densità degli uccelli nel nostro continente

Un gruppo internazionale di studiosi ha stilato un rapporto molto approfondito sulla densità della popolazione degli uccelli in Europa e le notizie non sono buone: negli ultimi 40 anni il continente ha perso più di 600 milioni di volatili. In pole position i passeri ridotti di oltre 240 milioni di esemplari. La ricerca pubblicata il 15 novembre 2021, si è servita dell’aggregazione di due database giganteschi relativi agli uccelli europei: il PanEuropean Common Bird Monitoring Scheme (PECBMS), un progetto di monitoraggio degli uccelli avviato nel 1980 che coinvolge 26 Paesi dell’Unione su 28 (rimangono fuori Malta e la Croazia) e i dati raccolti dai singoli Paesi, comunicati obbligatoriamente ogni 6 anni all’Unione Europea, secondo quanto previsto dalla Direttiva Uccelli.

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La ricerca ha analizzato la situazione di 378 specie native dell’Unione Europea, su un totale di 445: tra il 1980 e il 2017, l’anno dei dati più recenti a disposizione, la popolazione totale di uccelli in Europa, di qualsiasi specie, è calata tra il 17 e il 19%, con una perdita di individui stimata tra i 560 e i 620 milioni. “Utilizzando un ampio set di dati troviamo una significativa perdita di biodiversità nell’avifauna nativa dell’Unione Europea. Stimiamo un calo del 17-19% nell’abbondanza complessiva di uccelli nidificanti dal 1980: una perdita di 560-620 milioni di singoli uccelli. Sia il calo totale che quello proporzionale del numero di uccelli sono elevati tra le specie associate ai terreni agricoli. La distribuzione dei tassi di crescita della popolazione delle specie è centrata vicino allo zero, con un declino numerico guidato da perdite sostanziali nelle specie abbondanti. La coerenza dei modelli di perdita tra i continenti chiarisce le urgenti esigenze di conservazione degli uccelli associati ai terreni agricoli/pascoli e ai migranti a lunga distanza”.

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“I nostri risultati supportano la bozza del quadro globale sulla biodiversità post-2020 della Convenzione sulla diversità biologica (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, 2021) che richiede che gli sforzi di conservazione maggiori siano mirati a prevenire le estinzioni globali e nazionali e la necessità di stabilizzare e ripristinare le popolazioni impoverite a livello globale e nazionale. Affinché quest’ultimo abbia successo, abbiamo bisogno di azioni di conservazione su larga scala da attuare in modo ampio ed efficace in una vasta gamma di biomi. C’è un grande potenziale per i meccanismi all’interno della strategia dell’UE sulla biodiversità 2030 e in particolare attraverso la proposta di “legge sul ripristino” dell’UE per definire obiettivi giuridicamente vincolanti per ripristinare habitat e specie e guidare questo sforzo. Ciò richiederebbe azioni di trasformazione intersettoriali per affrontare la crisi naturale e climatica in tandem: reti di aree protette, protezione delle specie, agricoltura, silvicoltura e pesca rispettose della natura sono tutte parti fondamentali di soluzioni più ampie della società”.

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Dalla ricerca emerge che la quantità di esemplari scomparsi è ancora più elevata: si tratta di circa 900 milioni ai quali vanno però sottratti i circa 340 milioni in più che appartengono a quelle poche specie che stanno prosperando invece di calare. Il calo numerico si concentra in poche specie molto diffuse che vivono soprattutto in ambienti agricoli e urbani, come il passero, la cutrettola e lo storno. Il passero vede dimezzata la propria popolazione, con una perdita di 247 milioni di esemplari, la cutrettola ha registrato una perdita di quasi 100 milioni di esemplari e lo storno una diminuzione di 75 milioni. Negli ultimi vent’anni gli sforzi di conservazione e protezione hanno portato invece i numeri di certe specie, tra cui il merlo e 7 diversi rapaci a crescere ma il bilancio totale dell’avifauna europea rimane sempre negativo.

Stefania Andriola

Lavoro in redazione da febbraio 2010. Mi piace definirmi “giornalista, scrittrice e viaggiatrice”. Adoro viaggiare, conoscere culture diverse; amo correre, andare in bicicletta, fare lunghe passeggiate ma anche leggere un buon libro. Al mattino mi sveglio sempre con un’idea: cercare di aggiungere ogni giorno un paragrafo nuovo e interessante al libro della mia vita e i viaggi riempiono le pagine che maggiormente amo. La meteorologia per me non è solo una scienza ma è una passione e un modo per ricordarmi quanto siamo impotenti di fronte alle forze della natura. Non possiamo chiudere gli occhi e dobbiamo pensare a dare il nostro contributo per salvaguardare il Pianeta. Bastano piccoli gesti.

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