Il ruolo dei fattori meteorologici nella trasmissione del SARS-CoV-2, nuovi dati
Un recente studio condotto negli Stati Uniti sul presunto legame tra meteo e COVID ha permesso di trovare alcune risposte
Fin dall’inizio della pandemia COVID tutti noi abbiamo intuito quanto fosse necessario approfondire la conoscenza degli effetti delle condizioni meteo sulla trasmissione del SARS-CoV-2. In particolare ci si è chiesti come la temperatura dell’aria, l’umidità e le radiazioni ultraviolette (UV) possano influenzare la sopravvivenza e la trasmissione del virus. Un nuovo studio condotto in 2669 contee degli Stati Uniti – nutrito con abbondanza di casi segnalati dal 15 marzo al 31 dicembre 2020 – ha permesso di trovare alcune risposte, suggerendo altresì cautela nel comunicare le conclusioni come fossero conferme scientifiche definitive.
Obiettivo dello studio
Lo studio si è proposto l’obiettivo ambizioso di quantificare il possibile legame tra temperatura, umidità e UV e indice di trasmissibilità (Rt, parametro che misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva), per poi provare a calcolare la frazione di Rt imputabile a queste condizioni meteorologiche.
Ipotesi
La ridotta stabilità di SARS-CoV-2 a temperature più calde, umidità più elevata e luce solare simulata negli esperimenti di laboratorio e la stagionalità documentata dell’influenza e delle infezioni causate da altri coronavirus hanno portano all’ipotesi che una temperatura dell’aria più bassa, una minore umidità e una minore radiazione ultravioletta (UV) fossero associate a una maggiore trasmissione di SARS-CoV-2.
Ipotesi tutte da dimostrare, che tuttora rendono necessaria una sempre più precisa quantificazione dell’effetto meteorologico a livello di popolazione. Questi studi, sempre più approfonditi, hanno e avranno lo scopo di migliorare l’informazione e rendere più efficaci gli sforzi di tutela della salute pubblica, comprese la prevenzione della trasmissione e la corretta comunicazione con il pubblico (si suggerisce la lettura dell’articolo “Misconceptions about weather and seasonality must not misguide COVID-19 response“).
Il tempo può influenzare marginalmente le dinamiche di diffusione del COVID-19, ma le idee sbagliate sul modo in cui clima e condizioni meteorologiche modificano l’esposizione e la trasmissione virale hanno già suggestionato negativamente la percezione del rischio, sia dei responsabili politici che dei cittadini. In futuro, il lavoro scientifico su questo argomento (che ha ricadute sulle scelte politiche) necessita di un approccio più attento.
Perché è così difficile dimostrare le correlazioni tra meteo e COVID
Numerosi studi preliminari hanno trovato associazioni positive o negative tra temperatura dell’aria, umidità e radiazioni UV e i casi COVID-19 segnalati. Tuttavia, dato il gran numero di infezioni SARS-CoV-2 non documentate, le variazioni nel ritardo tra l’infezione e l’insorgenza dei sintomi e il ritardo incoerente tra test e segnalazioni, l’utilizzo dei casi confermati potrebbe non essere ottimale per esaminare gli effetti meteorologici. A causa di tutte queste difficoltà, gli studi focalizzati sui primi mesi della pandemia non hanno trovato alcuna chiara associazione tra temperatura, umidità o radiazioni UV, e la trasmissibilità del virus.
Da sottolineare tutte le analisi preliminari sarebbero dovute essere interpretate con cautela, e comunicate con ancor più cautela, poiché l’intervallo di misurazioni di temperatura, umidità e radiazione UV durante il breve periodo di osservazione all’inizio della pandemia era relativamente ristretto nella maggior parte degli studi, limitando così la capacità di rilevare associazioni tra queste variabili meteorologiche e la trasmissione SARS-CoV-2. Inoltre, molti studi precedenti non controllavano nessuno o solo pochi potenziali elementi confondenti, che includono altri fattori ambientali, fattori socioeconomici, cambiamenti temporali nell’immunità della popolazione e attuazione di interventi di salute pubblica.
Conclusioni
Da questo nuovo studio la frazione di Rt attribuibile a temperatura, umidità e radiazione ultravioletta è risultata pari al 3,73%, 9,35% e 4,44%, rispettivamente. In totale, il 17,5% di Rt sarebbe attribuibile a fattori meteorologici. Quindi, questi risultati suggeriscono che un clima freddo e secco, con bassi livelli di radiazioni ultraviolette sono moderatamente associati ad una maggiore trasmissibilità di SARS-CoV-2, con l’umidità che gioca il ruolo più importante.
Nota importante
Come accennato in precedenza, le analisi di sensibilità indicano che la correlazione tra fattori meteorologici e trasmissibilità del virus rimane robusta quando è possibile “filtrare” al meglio gli effetti di altri fattori, socioeconomici e sanitari, come il tasso di fumatori e l’obesità, l’inquinamento atmosferico a lungo termine, etc.
Uno studio di modellizzazione ha previsto che finché la maggior parte della popolazione è suscettibile alle infezioni, qualsiasi ruolo delle condizioni meteo nella trasmissione del virus del Covid-19 viene sopraffatto dalla mancanza di immunità della popolazione. Questa previsione è supportata dalla rapida trasmissione di SARS-CoV-2 indipendentemente dalla zona climatica, comprese le località più calde come il Brasile tropicale, l’India e gli stati meridionali degli Stati Uniti, durante l’estate dell’emisfero settentrionale.
Il livello di suscettibilità tra la popolazione rimane il fattore trainante della pandemia e, senza misure di controllo efficaci, la pandemia continuerà nei prossimi mesi, causando gravi focolai, indipendentemente dal clima.
Insomma, l’importanza relativa dei diversi fattori meteo nella trasmissione del Covid 19 necessita di ulteriori indagini e soprattutto di una cauta interpretazione e comunicazione.
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