Informazione scientifica e sanitaria: la disinformazione ha un costo umano
Dall'inizio della pandemia, l'infodemia è stata - in alcuni casi - più veloce dello stesso COVID-19
Il termine infodemia deriva dall’inglese infodemic, composto da info(rmation) (‘informazione’) ed (epi)demic (‘epidemia’). Infodemic è una parola d’autore, coniata da David J. Rothkopf, comparsa nel 2003 nell’articolo When the Buzz Bites Back del Washington Post, sul tema dell’informazione ai tempi dell’epidemia di SARS. Il termine ricorre nei documenti ufficiali dell’Organizzazione mondiale della Sanità ed è stato inserito nei neologismi di Treccani contestualizzato nel periodo di copertura delle notizie riguardanti la diffusione del Covid-19.
Il Grande Nemico scaturito dal ventre di un pipistrello o di un serpente, o dai laboratori segreti di una delle tante Spectre che si aggirano per il mondo, dalle lobby del farmaco alla CIA di Trump. E che gli idioti da tastiera rilanciano in diretta: anche da qua, dall’Italia. Perché è questa «infodemia» il vero virus globale, quello per cui nessun vaccino arriverà mai.
Come abbiamo già avuto modo di specificare nella trattazione della tematica Informazione e Ambiente, l’informazione riveste una importante funzione pubblica, opera per i cittadini che devono avere consapevolezza della realtà per potersi formare compiutamente una propria opinione su ciò che accade nel mondo e che, di conseguenza, li riguarda.
E cosa se non il vaccino può riguardare indistintamente le persone di tutto il mondo in questo preciso momento storico? Purtroppo, l’infodemia legata al Covid-19, include anche le notizie riguardanti il vaccino e il pericoloso sviluppo di una narrativa anti-vaccino (principalmente sui social media).
Per contrastare la disinformazione e svolgere correttamente l’indispensabile funzione sociale di portare le persone a conoscenza della realtà dei fatti, sta ai professionisti dell’informazione il diritto e il dovere di trattare responsabilmente l‘informazione scientifica e sanitaria secondo le indicazioni deontologiche della professione giornalistica.
Proprio in quest’ottica, è di recentissima introduzione la modifica al Testo unico dei doveri del giornalista, approvata all’unanimità e in vigore dal 1° gennaio 2021, che introduce indicazioni riguardanti il giornalismo scientifico.
La modifica in questione riguarda una integrazione dell’Art. 6 del suddetto T.U. che integra ai “Doveri nei confronti dei soggetti deboli”, indicazioni sull’informazione scientifica e sanitaria.
La norma specifica che, il giornalista deve evitare nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate avendo cura di segnalare i tempi necessari per ulteriori ricerche e sperimentazioni; deve dare conto delle diverse posizioni in campo e delle diverse analisi nel rispetto del principio di completezza della notizia. (Art 6, comma b). Il giornalista può diffonde notizie sanitarie e scientifiche solo se verificate con fonti qualificate sia di carattere nazionale che internazionale nonché con enti di ricerca italiani e internazionali provvedendo a evidenziare eventuali notizie rivelatesi non veritiere. (Art. 6, comma c). Il giornalista inoltre “non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute” (Art. 6, comma d).
Indicazioni e regole molto opportune, di rilevanza vitale in questo particolare momento, nel quale tutto il mondo sta attingendo quotidianamente all’informazione scientifica e sanitaria per vincere la guerra contro il virus, nella quale il vaccino riveste sicuramente una arma fondamentale.
Trattare impropriamente informazioni scientifiche e sanitarie può aprire, seppur inconsapevolmente e involontariamente, spiragli al fumo tossico del complottismo e del negazionismo che, come abbiamo avuto modo di osservare, si diffonde con una rapidità difficilmente controllabile.
L’8 dicembre, nel Regno Unito, una donna anziana è diventata la prima persona al mondo a ricevere il vaccino COVID-19. Due giorni dopo la BBC ha annunciato che i giganti della tecnologia e dell’informazione stavano unendo le forze per combattere la disinformazione sui vaccini. La coalizione include media tradizionali come BBC, Washington Post, Financial Times, Reuters, AP e AFP, e social-media, come Facebook, Google, YouTube e Twitter.
“Che si tratti di una minaccia per la nostra salute o di una minaccia per la nostra democrazia, la disinformazione ha un costo umano”.
Tim Davie, direttore generale BBC
Oltre ad un intervento congiunto di editori e provider, l’arma più forte contro la cattiva informazione e la disinformazione può essere proprio la corretta informazione scientifica praticata responsabilmente dai professionisti che operano nel rispetto della dottrina del diritto dell’informazione e dei codici deontologici, mantenendo un atteggiamento critico nei confronti dei contenuti e impiegando un processo di verifica esaustivo prima di accettare e diffondere informazioni, ripristinando (laddove sia andata perduta) la fiducia tra lettori e giornali prima di tutto, al servizio della conoscenza e dei cittadini.
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