Italia al 20° posto nel Mondo per sostenibilità ambientale
Siamo tra gli ultimi dei Paesi occidentali: peggio di noi solo da Malta, Stati Uniti e Portogallo
Secondo le analisi delle Università di Yale e Columbia, nel 2020 l’Italia si piazza al 20° posto della classifica mondiale dell’indice di sostenibilità ambientale (EPI, Environmental Performace Index). Da questa classifica emerge che i Paesi europei sono tra i più virtuosi nel miglioramento della qualità dell’aria, nella tutela degli ecosistemi e nella gestione delle risorse idriche e naturali.
Al primo posto c’è la Danimarca, che negli ultimi 10 anni ha aumentato il suo punteggio di 7.3 punti, seguita da Lussemburgo e Svizzera. Giù dal gradino del podio Regno Unito, Francia e Austria seguite da Finlandia, Svezia e Norvegia. La Germania si piazza decima. I primi paesi non europei in classifica sono il Giappone (12) e l’Australia (13).
L’Italia si posiziona più indietro, al 20° posto, con un indice di 71, a pari merito con Canada e Repubblica Ceca. Considerando solo i paesi occidentali, l’Italia è in fondo alla classifica, seguita solo da Malta (23), Stati Uniti d’America (24) e Portogallo (27).
La Cina si posiziona al 120° posto, mentre, tra gli ultimi posti della classifica ci sono India (168), Madagascar (174), Afghanistan (178), Birmania (179) e Liberia (180).
Secondo l’analisi, l’Italia nel corso dell’ultimo decennio ha aumentato l’indice di sostenibilità ambientale di soli 1.1 punti. Poco se guardiamo al resto dell’Europa: l’indice è aumentato di 3.4 per la Grecia, di 5.8 per la Francia, di 8.6 per la Spagna, di 9 per il Regno Unito e addirittura di 11.6 per il Lussemburgo.
Cos’è l’Indice di Sostenibilità Ambientale?
L’indice viene elaborato attraverso l’analisi di 32 indicatori e serve per classificare 180 paesi del mondo in base allo stato di salute dell’ambiente e alla vitalità dei loro ecosistemi. L’analisi tiene in considerazioni la qualità dell’aria e dell’acqua potabile, la gestione dei rifiuti, ma anche le emissioni di inquinanti e gas serra e il grado di protezione degli habitat e della biodiversità.
La classifica serve da cartina tornasole per capire a che punto sono i paesi rispetto agli obiettivi ambientali e alla prospettiva di un futuro sostenibile. L’analisi realizzata dalle Università di Yale e della Columbia suggerisce anche quali possono essere i punti critici e i problemi delle agende politiche in tema di ambiente, ma anche come misurare gli obiettivi e leggere i risultati ottenuti, cercando di identificare anche una best practice.
In particolare, secondo i risultati, quest’anno l’Italia ha ottenuto un punteggio negativo soprattutto per il consumo del suolo e la perdita e frammentazione degli habitat rispetto alla conservazione della biodiversità. In base a questo parametro l’Italia si posiziona al 166° posto su 180. Siamo bassi in classifica anche per il sovra-sfruttamento dei mari per la pesca (108), per la quantità di CO2 emessa rispetto alla superficie territoriale (111) e per i gas serra emessi pro capite (118). Su altri aspetti, invece, il nostro Paese mostra segnali più incoraggianti: parliamo, ad esempio, della qualità dei biomi terrestri (1), della raccolta dei rifiuti e la qualità dell’acqua potabile (11) e della vitalità degli ecosistemi (29).
«Una buona governance – spiega Alex de Sherbinin della Columbia Earth Institute, uno degli autori dello studio – individua più di ogni altro fattore quali sono i Paesi che si stanno spostando verso un futuro sostenibile e quelli che non lo stanno facendo». Chi si posiziona nella parte alta della classifica, generalmente ha preso un serio impegno in questa direzione e ha messo in piedi programmi a lungo termine e ben studiati per proteggere la salute pubblica, conservare le risorse naturali e ridurre le emissioni di gas serra.