Sostenibilità digitale: servono piattaforme più efficienti dal punto di vista del consumo energetico. L’intervista con Cubbit
La gestione dei dati aumenta in modo esponenziale. Come si può garantire sicurezza e nello stesso tempo rispetto per l'ambiente?
Negli ultimi anni la digitalizzazione è uno dei fenomeni che si stanno sviluppando di più a livello globale sconvolgendo completamente il modo in cui comunichiamo, lavoriamo e modificando le nostre abitudini quotidiane. Gli apparecchi digitali anche nelle nostre case, hanno reso tutto diverso; sia per le aziende che per i cittadini lo sviluppo di queste nuove tecnologie ha permesso l’abbandono di vecchi sistemi produttivi e comunicativi, alcuni anche molto costosi in termini economici e ambientali. Come spesso accade c’è però un rovescio della medaglia: la crescita vertiginosa dei sistemi digitali ha determinato un aumento di dati da analizzare e conservare, incrementando esponenzialmente il consumo energetico di server e data center necessari a catalizzare tutte queste informazioni. Si può quindi parlare di un vero e proprio inquinamento digitale che richiede contromisure importanti: è fondamentale aumentare la sensibilità ambientale in questo settore in modo che sviluppatori e digital designer possano essere più incentivati a fornire piattaforme più efficienti dal punto di vista del consumo energetico. Una sostenibilità digitale deve essere l’elemento chiave per la gestione di prodotti e servizi di questo tipo.
Su questa linea Cubbit è il primo enabler europeo di cloud storage geo-distribuito: grazie alla sua tecnologia, garantisce la sicurezza e la sovranità dei dati dei clienti, tagliando al contempo i costi, i cyber risks e le emissioni di CO2. Ha sede a Bologna, nato da un’idea di Marco Moschettini, Stefano Onofri, Alessandro Cillario e Lorenzo Posani, oltre ad aver venduto la propria soluzione in oltre 70 Paesi nel mondo, serve più di 120 aziende italiane che sono entrate nella rete dedicata Next Generation Cloud Pioneers. Il 13 aprile 2023 l’azienda Granarolo si è unita a Cubbit per una gestione dati sicura e sostenibile. Questa collaborazione è un esempio di utilizzo del cloud geo-distribuito nel mondo cooperativo; un nuovo paradigma, già adottato da Bonfiglioli, Bologna Airport e da tante altre aziende pioniere italiane che garantisce maggiore sicurezza e sostenibilità, in un contesto in cui la gestione dati aumenta in modo esponenziale.
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Ho avuto la possibilità di intervistare Alessandro Cillario e Stefano Onofri, entrambi co-CEO e co-founder di Cubbit. Di seguito domande e risposte
Come può il digitale essere sostenibile?
Il digitale può essere sostenibile affrancandosi dai modelli attuali di archiviazione e gestione dati. Ogni email che mandiamo, ogni video che guardiamo, ogni messaggio che postiamo sui social prevede uno spostamento dati e, con esso, un consumo di energia elettrica, spesso prodotta da fonti non rinnovabili. Qualsiasi dispositivo genera dati continuamente. È una crescita esponenziale: secondo Gartner, i dati non strutturati triplicheranno entro il 2026. Dove sono salvati questi dati? Nei data center, responsabili di una enorme quantità di emissioni di CO2, stimate al 3,7% di quelle prodotte nel mondo. La rete internet di oggi infatti si appoggia a data center altamente energivori, veri e propri edifici pieni di server connessi h 24. Per non parlare del costo di trasferimento: i dati delle mie ricerche Google, per esempio, non stanno necessariamente in un data center vicino a me, non seguono, per così dire, logiche ecologiste. Si stima anche che l’ecosistema ICT sia responsabile, ad oggi, del 10% della domanda totale di energia a livello mondiale, pari alla produzione di energia combinata di Germania e Giappone. Ecco che entra in gioco Cubbit. Rispetto agli altri servizi di cloud storage, Cubbit produce 25 kg di CO2 in meno per ogni TB archiviato. Questo è reso possibile dalla natura geo-distribuita di Cubbit. A differenza del cloud tradizionale, infatti, con Cubbit i dati non sono più salvati in data center fisici, ma vengono invece distribuiti in una rete peer-to-peer a basso consumo e a chilometro (quasi) zero. È un vero e proprio data center geo-distribuito, che ricicla i dispositivi e le risorse internet già presenti nelle case e nelle aziende.
Il vostro scopo è mettere insieme sicurezza e tutela dell’ambiente. Che tipo di accoglienza hanno riscontrato le vostre idee?
Siamo abituati a vedere il mondo dei servizi internet come centralizzati nei data center ma questo presenta dei limiti: molti di questi servizi sono poco rispettosi della privacy, suscettibili di attacchi informatici, perdita di dati e particolarmente costosi. Proprio per questo motivo, l’idea di un sistema in grado di creare una via di uscita da tutto ciò è stata presto accolta con grande entusiasmo. Nel 2018 siamo stati finanziati da TechStars e dopo un lancio di successo nel 2019 su Kickstarter e Indiegogo, abbiamo ottenuto un importante finanziamento dalla Commissione Europea. Ad oggi abbiamo più di 5500 clienti tra privati, istituzioni e aziende, da piccole realtà sul territorio a grandi imprese del calibro di Granarolo, per non parlare dei numerosi investitori internazionali come Barclays, Azimut, Gellify e Cassa Depositi e prestiti che ci hanno supportato con oltre 10 milioni di funding. Le nostre idee stanno trovando riscontro, tanto che nel 2021 siamo stati invitati in Gaia-X, iniziativa finanziata dalla Commissione Europea per creare un ecosistema comunitario di servizi cloud. Da allora è stata una crescita continua: sempre più aziende scelgono Cubbit proprio perché, a differenza dei competitor, offriamo una soluzione green che protegge i loro dati senza nessun compromesso in termini di sovranità digitale.
Com’è nata la partnership con Granarolo?
È stata una cosa naturale, potremmo quasi dire “fisiologica”. Granarolo è una grande cooperativa internazionale in forte crescita. E come puoi immaginare il cloud geo-distribuito è per definizione cooperativo: ogni membro della rete contribuisce allo sviluppo del servizio e allo stesso tempo ne beneficia. Lo stesso Presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari, ha condiviso l’obiettivo di estendere l’utilizzo di Cubbit agli oltre 600 soci presenti in 12 regioni italiane, ecosistema ideale per il modello geo-distribuito. Dopo questa prima sperimentazione, lavoreremo in questa direzione. Granarolo entrando nella rete Next Generation Cloud di Cubbit avvia quindi una piccola rivoluzione nel suo processo di innovazione e digitalizzazione: una best practice che porteremo nel mondo cooperativo nei mesi a venire.
Cosa pensate di come stiamo trattando il nostro Pianeta? Riusciremo a essere più virtuosi e raggiungere i traguardi fissati nell’Agenda ONU per il 2030?
Dovremmo fare molto di più, sia come Italia che come Europa. Non è un caso che l’istituto di ricerca Gartner abbia inserito le tecnologie eco-sostenibili tra i technology trend del 2023 e che si riferisca ad esse in termini di efficientamento delle energie e risorse che già abbiamo e di prioritizzare gli investimenti su tecnologie sostenibili. Negli ultimi 20 anni abbiamo visto una progressiva e rapida riduzione del prezzo dei pannelli solari, eppure siamo ancora ben lontani da un’implementazione massiccia di questa tecnologia. Tanto è vero che gran parte del nostro fabbisogno energetico è ancora soddisfatto dal carbone e da combustibili fossili. Oltre alla compensazione delle emissioni e all’utilizzo di energie pulite, le aziende del cloud stanno studiando nuove soluzioni per ridurre il proprio impatto. Alcune mettono in essere sistemi di economia circolare, fornendo l’output termico in eccesso a distretti di energia locali, che la utilizzano come fonte di riscaldamento integrata. Altre, invece, delocalizzano le proprie strutture, sfruttando il clima freddo dell’artico o quello sottomarino, per raffreddare in maniera naturale i server. Ma anche in questo caso si pone un tema del corretto consumo di acqua. In ambito tecnologico, pensiamo per esempio alla intelligenza artificiale il cui tema è esploso in questi mesi. Da un lato dovrebbe aumentare produttività ed efficienza, ma dall’altro, secondo un articolo uscito su La Repubblica, è emerso che per il solo addestramento di ChatGPT è necessaria la stessa acqua che richiederebbe un reattore nucleare per il raffreddamento, ovvero circa 700000 litri d’acqua. Per concludere: riusciremo a raggiungere gli obbiettivi entro il 2030? La risposta è: dobbiamo farlo, non c’è altro da aggiungere ma è necessaria educazione e innovazione in questo senso.
Progetti per il futuro?
Sicuramente estendere questa best practice, in sperimentazione con Granarolo, all’intero mondo cooperativo. 8 cooperative su 10 infatti hanno deciso di intraprendere la strada dell’innovazione green, con un totale di 1,2 miliardi di euro investiti dal 2021. Vogliamo quindi dare, anche in questo contesto, il nostro apporto sull’eco-innovazione e utilizzo di tecnologie rispettose dell’ambiente. Inoltre lanceremo presto la rete a livello internazionale, replicando ciò che abbiamo fatto con il programma Next Generation Cloud Pioneers (con 120 aziende italiane aderenti) in altri stati Europei. Continueremo a fare del nostro meglio sui temi della sostenibilità, rendendo i decision-maker sempre più coscienti dell’importanza di innovare in maniera sostenibile e di mettere a disposizione gli strumenti giusti per farlo.