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Negazionismo climatico, è come un virus: istruzioni per sviluppare gli anticorpi

Guida alla ricerca di indizi per smascherare i falsi competenti di clima che seminano dubbi sul tema della crisi climatica

I negazionisti climatici (climate deniers, in inglese) sono in primo luogo coloro che, in contrasto con le affermazioni della scienza, negano che l’aumento osservato delle temperature terrestri sia da imputare principalmente all’azione dell’uomo. Esistono anche forme di negazionismo climatico soft, per certi versi più subdole e pericolose, perché possono apparire concilianti, ragionevoli e, in fin dei conti, rassicuranti: in buona sostanza si tratta del negazionismo climatico di chi ammette che la temperatura della Terra sta crescendo e che magari un po’ è colpa nostra, ma che esistono ancora molti dubbi su quanto crescerà in futuro e che, in fin dei conti, non esiste l’urgenza di agire per contrastare il fenomeno; secondo queste teorie, possiamo dunque prendercela comoda senza affannarci troppo nella decarbonizzazione continuando a fare più o meno le stesse cose che abbiamo sempre fatto, seguendo il modello business as usual che assicura un’ulteriore e indefinita crescita delle concentrazioni di gas serra, con le conseguenze catastrofiche che ormai conosciamo.

Recentemente mi sono imbattuto per caso in un esempio di questo tipo di negazionismo climatico. Esaminiamo questo esempio (il video in questione è liberamente consultabile YouTube) passo per passo, utilizzandolo come esercizio istruttivo per sviluppare l’abilità a riconoscere la “puzza” di negazionismo climatico e di incompetenza in materia, scrutando alcuni semplici indizi.

Indizio numero 1. Si tratta di una presentazione video e un sospetto nasce già dal titolo della presentazione che termina con “cambiamenti climatici … amenità varie”. Nessun processo alle intenzioni, ma quali saranno mai le amenità che circondano un problema ciclopico e drammatico quale la crisi climatica? Andiamo dunque avanti e vediamo.

Figura 1: negli anni settanta del secolo scorso si parlava del possibile inizio di un’era glaciale

Indizio numero 2. Dopo un’introduzione abbastanza generalista verso il minuto 20 della presentazione si entra nel vivo del clima. Il relatore fa riferimento con insistenza al “catastrofismo” che circonda il tema ed il suo tono è rivelatore: “questo catastrofismo non va bene!”. Ma la perla, nonché un classico nella narrazione negazionista, è la slide dove viene illustrata la copertina di una rivista degli anni settanta del secolo scorso. A quei tempi (anche se le proprietà climalteranti del CO2 erano ben note) correva voce che la terra stesse precipitando verso un’era glaciale, ma si trattava più che altro di gossip da rotocalco, non di scienza. In ogni caso, è chiaro dove si vorrebbe andare a parare, in questi casi il “non detto” conta più di quello che si dice e suona più o meno così: “vedete questi scienziati del clima, questi apprendisti stregoni? Anni fa ci spaventavano con la glaciazione, oggi ci spaventano con il caldo, è ovvio che non hanno le idee chiare!”. Su questo tema, seriamente, ci sarebbe tanto da approfondire e per farlo vi invitiamo a leggere questo approfondimento: Antropocene, l’era geologica dell’uomo nata già 7000 anni fa? Un’ipotesi che fa discutere. Stavamo davvero avviandoci verso un’era glaciale, seppure lentamente, se non avessimo riempito l’atmosfera di gas serra… ma rimaniamo concentrati sulla nostra analisi.

Figura 2: al minuto 23 si parla di temperature del passato

Indizio numero 3: A questo punto l’ascoltatore più avvertito è già un po’ in allerta, ma il meglio (diciamo così) dovrà ancora venire. Successivamente alla slide mostrata in figura 1 ne segue una con la ricostruzione delle temperature degli ultimi 800 mila anni ottenute grazie agli isotopi dell’ossigeno. Nulla di male, ma il messaggio che si vuole trasmettere è chiaro: il clima della Terra è sempre cambiato. Questo del “clima che è sempre cambiato” è un mantra talmente abusato nella narrazione negazionista che non vale nemmeno la pena di essere commentato. Invece la slide che segue è decisamente più disonesta e, bisogna ammetterlo, non è facile per un non addetto ai lavori capire cosa non va, considerando anche che non è citata la fonte (un altro indizio rivelatore). Il trucco sta soprattutto nel modo in cui è stata disegnata la grossa linea nera: sembra che dopo il cosiddetto “Optimum Climatico”, avvenuto circa 8000 anni fa, le temperature siano diminuite leggermente, oscillando di poco fino ad oggi.  A rivelarci come stanno realmente le cose è la freccetta un po’ nascosta con la scritta “2016”: se la linea nera non fosse stata interrotta ma fosse stata disegnata fino a +1°C sarebbe stato evidente che oggi il Pianeta è più caldo rispetto ai tempi dell’Optimum Climatico, e sarebbe stato ancora più chiaro che l’aumento termico dell’ultimo secolo è stato vertiginoso e innaturale.

Per prendere visione della parte che è stata volutamente omessa, invitiamo il lettore a confrontare la figura 2 con un grafico pubblicato recentemente su Nature (figura 3) e gli lasciamo volentieri trarre le sue conclusioni.

Figura 3. Ricostruzione con 12 metodi diversi della temperatura superficiale media globale degli ultimi 12000 anni. La linea nera rappresenta i dati osservati nel periodo 1900-2010 (ERA20C reanalysis product 26). L’inserto mostra un ingrandimento relativo agli ultimi 2000 anni. Fonte: https://www.nature.com/articles/s41597-020-0530-7

Indizio numero 4. E’ la volta (viene mostrata una slide con il riferimento a un numero di “Le scienze” del 2003) di Ötzi, il famoso uomo del Similaun. Per motivi che ignoriamo e che fatichiamo a immaginare il ritrovamento dei resti di questo cacciatore preistorico costituisce un popolare argomento usato dal negazionismo climatico per rassicurarci che non dobbiamo avare paura del riscaldamento globale. Ci limitiamo a osservare che la mummia è rimasta conservata per migliaia di anni sepolta nel ghiaccio e che è stata proprio la recente fusione del ghiacciaio ad esporla permettendone il ritrovamento.

Figura 4. Una slide con il trucco, usata per mostrare che i modelli sono inaffidabili poiché non simulerebbero correttamente il clima attuale

Indizio numero 5. Qui probabilmente siamo di fronte al pezzo forte della presentazione. Il relatore prosegue mostrando un grafico delle temperature globali misurate di recente (in palese aumento) dove ovviamente si sofferma poco: in effetti non è molto confortante. Occorre quindi spostare rapidamente l’attenzione dalle temperature che stanno crescendo per focalizzarla sul futuro, che – chi l’avrebbe mai detto? – è incerto. I modelli del clima sono sbagliati! La prova che i modelli sono sbagliati e che dipingono uno scenario troppo catastrofico è fornita dalla slide del minuto 26. La slide, bizzarramente, è corredata alla sua destra da un riferimento a una pubblicazione che però non contiene il grafico mostrato. Osservando meglio, in basso, si scopre che l’immagine è copiata da una vecchia relazione di John Christy, un noto protagonista del negazionismo climatico, svolta presso il Senato statunitense; non è tratta da uno studio scientifico pubblicato.

Il trucco qui è che vengono messi a confronto variabili diverse, le temperature superficiali (quelle a 2 m, dove noi viviamo), con quelle della troposfera tra 8 e 15 km. Si pretende di confrontare, insomma, pere con patate, ma il relatore si guarda bene dal farci notare questo dettaglio! Per un approfondimento su questo grafico si legga questo articolo a cura del climatologo della NASA Gavin Schimidt apparso sul sito Realclimate.

Figura 5. Grafico mostrato al minuto 30 della presentazione

Indizio numero 6.  Siamo al minuto 28 e l’attenzione del relatore si sposta sull’origine del biossido di carbonio, con l’obiettivo di seminare dubbi perfino sull’origine antropica della crescita delle concentrazioni di questo gas in atmosfera (ciò che farà maldestramente anche più avanti al minuto 31 circa). Dopo avere sottolineato che le nostre emissioni costituiscono solo una piccola percentuale del grande ciclo naturale globale del carbonio (vero, ma è proprio la quantità che si accumula anno dopo anno in atmosfera!) il relatore (minuto 30, figura 5) mostra un grafico dove sono mostrate insieme l’andamento delle temperature globali e quello delle emissioni. Osservatelo bene: siamo nel 2021 ma la curva delle temperature si ferma all’anno 2000 e già questo dovrebbe sollevare un po’ di perplessità.

Il problema di questa slide comunque non è il grafico, per quanto vetusto, ma le conclusioni che se ne vorrebbero trarre e cioè che tra emissioni di biossido di carbonio e temperature non ci sarebbe correlazione, dato che dopo gli anni 40 del secolo si è osservato un leggero raffreddamento (ricordate? Stava arrivando l’era glaciale). Questa circostanza naturalmente non è sfuggita ai climatologi e ha trovato da tempo una spiegazione: la causa è probabilmente da attribuire agli aerosols di origine antropica, che raffreddano il Pianeta, soprattutto solfati, emessi in abbondanza quando le industrie dell’Occidente non si preoccupavano dell’inquinamento; in ogni caso negli anni 40 le concentrazioni di gas serra ed il relativo “forcing” radiativo erano molto più bassi rispetto ad oggi per cui è anche verosimile un ruolo della variabilità naturale interna del clima.

Figura 6. Al minuto 36 viene mostrata una slide relativa ai ghiacci dell’Artico

Indizio numero 7. In una presentazione negazionista degna di questo nome non possono mancare i ghiacci artici. Per rassicurarci che la fusione dell’Artico non è un grande problema (di nuovo: “il clima è sempre cambiato) niente sembra funzionare meglio che dimostrare che in passato l’estensione della banchisa era inferiore a quella odierna. Per farlo di solito i negazionisti raccontano la storia di Erik il Rosso, il vichingo che colonizzò la Groenlandia nel 900 d. C. circa. Il relatore in questione, ha pensato invece di mostrare il disegno di figura 6, facendo riferimento a una ipotetica linea dei ghiacci del 2016 e spiegando, piuttosto confusamente, che “…in anni più vecchi l’Artico si è ritirato di più …”. Nell’immagine, in effetti, non si trova alcun riferimento all’estensione dei ghiacci del 2016! Qui non ci sono nemmeno trucchi, più o meno nascosti, ma siamo di fronte a un negazionismo climatico dozzinale che non si cura neppure di  salvare le apparenze. In circostanze come queste, se non avete colto il dettaglio cruciale, domandatevi: come mai è stata proposta un’immagine del genere? La rete mette a disposizione gratuitamente una quantità quasi illimitata di informazioni, di dati, di grafici, a farlo sono per prime le grandi istituzioni scientifiche internazionali, le Università, i centri di ricerca. Nelle relazioni di questo tipo, invece, non troverete quasi mai materiale ufficiale proveniente da questi centri, ma quasi sempre e solo materiale riciclato da altre presentazioni, di provenienza oscura o nascosta.

Conclusioni

Se avete letto fin qui forse sarete rimasti un po’ sorpresi: forse vi state chiedendo come sia possibile, in soli 30 minuti di relazione, riuscire a infilare una simile quantità di strafalcioni,  di osservazioni superficiali, di grafici truccati o di veri e propri inganni. In realtà situazioni di questo tipo sono ordinaria amministrazione quando ci si accosta al mondo del negazionismo climatico, ma la buona notizia è che, come per un virus, è possibile sviluppare degli anticorpi. Come abbiamo appena dimostrato gli esercizi di questo tipo offrono una moltitudine di indizi che permettono di smascherarne il negazionismo e l’incompetenza, anche se non possedete un dottorato di ricerca nel campo del clima. Ci sono temi ricorrenti che devono metterci in allarme, in primis, come abbiamo sottolineato, l’insistenza sulla narrazione che “il clima è sempre cambiato”. Dopo un po’ vi accorgerete che i pochi protagonisti del negazionismo, a fronte di decine di migliaia di studiosi che affollano il mondo della ricerca, sono sempre gli stessi, che i trucchi utilizzati sono simili quando non identici, che il ricorso al cherry picking è sistematico. In fine dei conti, il mondo negazionista è prevedibile, noioso e ripetitivo.

 

Leggi anche:

CO2 ed impatto sul clima: teorie negazioniste smascherate con l’analisi degli esperti

 

Lorenzo Danieli

Sono nato a Como nel 1971 e ancora oggi risiedo nei pressi del capoluogo lariano. Dopo la maturità scientifica ho studiato fisica all’Università degli Studi di Milano, dove mi sono laureato con una tesi di fisica dell’atmosfera. La passione per la meteorologia è nata quando ero un ragazzino e si è trasformata successivamente nella mia professione. Con il tempo sono andati crescendo in me l’interesse per la natura e per tutte le tematiche legate all’ambiente, fra le quali le cause e le conseguenze del cambiamento climatico.

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